l'unita’ d’Italia Stampa
Scritto da mauro d'aprile   

Un secolo e mezzo è trascorso da quando nel cortile di Palazzo Carignano a Torino il Parlamento subalpino proclamò la nascita dello Stato Italiano.

Il Risorgimento, quel tratto di storia patria che ebbe come prologo la repubblica napoletana del 1799, continuò con i moti Carbonari del 1821, della fondazione della Giovane Italia del 1830, dei moti del 31, delle Cinque Giornate di Milano del 48 e poi con la Prima Guerra di Indipendenza, la Repubblica di Roma del 49, l’Insurrezione di Venezia, la sconfitta di Novara, l’alleanza con la Francia del 59, la spedizione Garibaldina del 60 e infine la proclamazione dello Stato Unitario nel Marzo del 61, fu un esempio della collaborazione degli uni con gli altri affinché qualsiasi cosa  andasse a buon fine.

Ciò che accadeva nel resto d’Italia, sostanzialmente era lo scontro tra aspirazioni diverse: I Savoia e Cavour volevano un Regno del Nord Italia, i Lombardi volevano l’autonomia e l’indipendenza, Carlo Cattaneo voleva il Federalismo dei municipi e gli Stati Uniti d’Italia, basati su tre o quattro entità territoriali confederate, Mazzini voleva la Repubblica unitaria in una Europa democratica e pacifica, Garibaldi voleva la rivoluzione popolare, l’indipendenza e l’unità conquistata dal basso, la fratellanza è un’idea del socialismo, ma voleva soprattutto l’Italia unita, fosse pure sotto Vittorio Emanuele.

L’anniversario si presta ad alcune riflessioni: 85 anni di Monarchia e 65 di Repubblica si prestano  anche ad un consuntivo che riguarda al tempo stesso le condizioni economiche e politiche del paese e i suoi valori culturali e morali. L’unificazione della nazione, realizzata all’insegna del centralismo, evidenziò diverse entità economiche che vedeva le regioni del Nord proiettare in un processo di modernizzazione volto a sviluppare il settore industriale attraverso la meccanizzazione dei processi produttivi ed investimenti nel settore delle infrastrutture( ferrovie, strade, canali). L’agricoltura padana era evoluta e le aziende erano gestite da impresari capaci di integrare le coltivazioni con allevamenti di bestiame e caseifici.

Nelle regioni centro appenniniche permaneva una distribuzione equilibrata della proprietà che, coltivata in mezzadria, si affidava a metodi tradizionali, corretti con procedimenti di coltivazione aggiornati ma sobri, e produceva quanto necessario.

Differente era la condizione vissuta nelle regioni del Sud.

A parte alcune limitate zone privilegiate coltivate ad agrumi, in agricoltura si evidenziavano i contrasti tipici del sottosviluppo dove, accanto ad immensi latifondi prevalentemente sterili in cui l’agricoltura era incredibilmente misera, esisteva una piccola proprietà sminuzzata in inadeguati appezzamenti che utilizzavano solo concimi naturali, mezzi rudimentali (aratro a chiodo) e, non applicando la rotazione agraria, ottenevano raccolti insufficienti anche nelle annate normali. Era diffuso l’analfabetismo che, puntello del precedente regime, superava il 90% ed era prettamente agricolo. Rispetto alle altre regioni  più organizzate dal punto di vista agricolo ed industriale, il Meridione preunitario era soggetto ad una moderata pressione fiscale ed i prezzi dei generi alimentari, per evitare l’esplosione della protesta popolare, erano accortamente mantenuti bassi, perché compensati dalle rendite dei vasti beni demaniali in mano pubblica che contribuivano a mantenere a livelli trascurabili il debito del bilancio. Questo sintomo di un male profondo ed antico, con tutto il carattere disperato che lo sosteneva, aveva trovato alimento nell’imposizione delle leggi Piemontesi, estranee al sentire della gente, che non tardò alla ribellione  attraverso la guerra civile del “brigantaggio”. Tutto, senza che i nuovi amministratori tentassero di arrestare la diffusa corruzione e di modificare i privilegi imperanti di cui godevano le poche famiglie vicine ai palazzi del potere, in grado di ripartire in ambito familiare le cariche gestionali con cui si poteva influenzare la somministrazione della giustizia ed usurpare impunemente le terre demaniali, facendo rinascere un nuovo feudalesimo.

Il Mezzogiorno si presentava con il volto di una società arretrata e dominata da una profonda inquietudine, assuefatta per secoli a ritmi indolenti, a sdegnare la trafila burocratica per affidarsi a procedure che consentivano transiti obliqui e maniere affidate a scappatoie. I grandi centri cittadini erano pochi, il commercio scarso ed ancora minore lo sviluppo industriale.

La questione meridionale fu posta all’attenzione del Paese pochi anni dopo, da Giustino Fortunato e poi da Nitti cui si affiancò Franchetti, ma rimase un punto di vista documentato che non si trasformò in una questione nazionale: anche il Nord aveva necessità ed urgenza di modernizzazione e la fece valere con una forza direttamente proporzionale alle industrie e alle banche che rappresentavano il tessuto produttivo e finanziario. I confini territoriali e la grande pianura solcata dal Po e dai suoi affluenti fecero il resto, un polo di attrazione che trasferì dal Sud al Nord risorse, talenti e maggiore attenzione dei governi. Sarebbe fazioso tacere che un movimento di capitali dal Nord al Sud vi fu: la rete dei trasporti, la rete elettrica, capitali e lavori pubblici;  lo Stato non lesinò, ma il grosso di quelle risorse fu intercettato dalle clientele meridionali,  in gran parte latifondiste e agrarie. L’alleanza politica fu tra classe dirigente settentrionale e le clientele del Sud. Le plebi, come allora le chiamavano, presero la via della grande migrazione verso la Francia e verso le Americhe. Il dibattito revisionista sul Risorgimento, che fu aperto a sinistra da Gramsci e da parte cattolica da Sturzo, fu culturalmente fecondo. Non altrettanto fecondo è stato il revisionismo più recente, che si é trasformato in una denigrazione sistemica del moto risorgimentale con una venatura abbastanza evidente anche se dissimulata di nordismo. Fa da apripista al leghismo becero che ormai è un potere in grado di condizionare l’intero assetto politico del Paese. Il leghismo delle mani pulite rappresenta un fenomeno corruttivo molto profondo: tollera, anzi puntella il potere delle cricche con uno scambio politico ormai chiarissimo ( fate i vostri comodi nel Centro, nel Sud, nelle istituzioni ma in contropartita riconoscete che il Nord è cosa nostra, il federalismo siamo noi a gestirlo e farne le leggi e i decreti di attuazione). Nonostante queste torsioni costituzionali che deformano il volto della democrazia, il moto risorgimentale sboccato nell’Unità ha di gran lunga migliorato le condizioni non solo del Nord ma anche del Sud. Il riscontro, però, valido in senso assoluto, non lo é in termini relativi: se la media nazionale della dissoccupazione giovanile segna un pauroso 30 per cento, nel Sud tocca il 40 con punte del 50. Un abbisso, nel quale la gioventù meridionale rischia di scomparire diventando un esercito di disperati abbandonato a se stessi, senza futuro e senza presente.

Proprio mentre si celebra l’unità d’Italia, la separazione tra le istituzioni ed il popolo ha superato i livelli di guardia e non è un caso se la sola istituzione che raccoglie il massimo consenso sia proprio quella che ha sede al Quirinale. L’esigenza di un processo identitario si manifesta quale anelito per il riconoscimento di valori condivisi su scala nazionale, non in un becero etnocentrismo da sbandierare contro qualcuno: ma di una “identità aperta” la cui base non è costituita da un insieme di differenze organiche, o di inamovibili specificità, ma piuttosto esattamente dal modo con cui gli uomini e le donne appartenenti ad un determinato contesto si sono costruiti le loro reciproche relazioni, sviluppando peculiari modi di socialità, di cultura  e di scambio, che rendono facili e feconde  le relazioni tra loro, il cui fine ultimo non è conflittuale ma cooperativo, con un alto grado di coesione e di fiducia interna di cui una comunità é capace: attraverso la forza dei legami in essa posti in essere, così come appunto il Marzo del 1861. Mauro D'Aprile - 16.03.2011

e-max.it: your social media marketing partner
 

Questo sito utilizza i cookie per gestire la navigazione ed altre funzioni.Chiudendo questo banner o cliccando su qualunque elemento di questa pagina acconsenti all'uso dei cookie. Per ulteriori informazioni sui cookie che utilizziamo e come eliminarli, visitare la nostra pagina cookies police.

Accetto i cookie di questo sito.

EU Cookie Directive Module Information