cerca nel sito

Laltrasinistra, Powered by Joomla! and designed by 123WebDesign
Ciro Marino e il calcio: nell’anniversario della sua scomparsa PDF Stampa E-mail
Scritto da salvatore fabiano   

Un fiume di ragazzi commossi col volto percorso dalle lacrime, abbracciati l’un l’altro, tanti suoi colleghi del mondo della scuola, del pianeta calcio, semplici amici o compagni di gioventù : da soli basterebbero per descrivere il giorno dell’addio di Ciro Marino a questa terra.

E poi la folla strabocchevole che era presente allo Stadio in una domenica successiva in cui i tifosi avevano addobbato per lui gli spalti, la recinzione interna  ed esterna, nonché ogni spazio possibile con striscioni di :

“Ciao Ciro: resterai sempre nei nostri cuori “.

Tutte quelle manifestazioni di affetto avevano un significato inequivocabile carico di stima e di apprezzamento. Allo striscione aggiunsi in doloroso e pensieroso silenzio:

“… ed anche nella mia mente!”

Ho scelto però di non rinnovare oltre il lecito la commozione dell’evento luttuoso, tentando di fermare la mia attenzione sugli stralci di vita vissuta in comune nel mondo dello sport. La sua è stata una presenza piena in quel mondo, una presenza poliedrica, appassionata ed esemplare per chi, giovane o maturo, lo ha visto operare. Dapprima calciatore nel settore giovanile, quindi lungamente atleta militante nell’Associazione Sportiva Belvedere, poi allenatore delle  squadre giovanili di varie scuole calcio. Sempre dirigente, anche quando non lo era nell’ufficialità delle carte, scopritore di ragazzi talentuosi da avviare a questo diffuso sport ed, infine, arbitro. E’ stato in definitiva tutto nel calcio e pochi come lui sono annoverabili in questa cerchia ristretta di uomini di sport che hanno permeato positivamente l’ambiente.

Il mio omaggio si appunterà oggi su fatti gioiosi, conditi da qualche aneddoto, che meglio serviranno a descrivere l’amico.

Dieci anni più giovane di me, me lo ritrovai roccioso difensore allorquando fui trasformato da dirigente in allenatore per esigenze di bilancio. Due anni con me, non saltò una partita per infortuni o per motivi disciplinari. La sua taglia atletica non lasciava spazio a strappi muscolari e simili. Sebbene occupasse un ruolo particolarmente esposto alle ammonizioni, non gli scattò mai una squalifica in quel biennio e forse in tutta la carriera. Corretto in campo e fuori, comprensivo ed esemplare per i compagni di squadra. Per strappargli un sorriso talvolta gli dicevo che, se fosse nato dieci anni prima, sarebbe stato la mia riserva in panchina in quanto anch’io avevo ricoperto prima lo stesso suo ruolo.  E rispondeva con una risata carica di ironia. L’unica possibile distrazione gliela procurava il suo essere tifoso nerazzurro e si rivolgeva alla panchina, in cui sono stato presente per lunghi anni come accompagnatore ufficiale della squadra, per avere notizie dei risultati della “sua Inter”.  In una gara contro il Corigliano-Schiavonea ebbe il compito di marcare un bravissimo attaccante, si trattava niente meno che del papà di Gattuso, futuro campione del mondo, ed io, sperando di tranquillizzarlo ed allontanare le sue preoccupazioni e distrazioni, dopo pochi minuti gli feci un gesto poco elegante ma efficace con pollici ed indici delle mani disposte a cerchio per indicargli che i suoi beniamini erano già “fortunosamente “ in vantaggio. Gli trasmisi un messaggio bugiardo. La partita di San Siro fini 0 a 0, ma egli rimase convinto fino alla fine di potersi godere una vittoria. Quando capì che avevo bluffato mi rivolse un educato e significativo sorriso. Nelle domeniche successive, così poi mi disse, puntava due tifosi tra il pubblico, uno a lui accomunato dal tifo per l’Inter e l’altro contrario. Dai  gesti umorali dei due cercava di captare segnali. Aveva perduto fiducia nei miei confronti. Su quell’episodio spesso ridevamo di gusto: “Non mi fregasti più!” mi disse un giorno.

Quando gli comunicai, una domenica nello spogliatoio, che avrebbe indossato il bracciale di capitano mi guardò sbalordito ed incredulo. C’erano altri calciatori più anziani e di maggior visibilità tecnica, ma il Direttivo della società aveva bisogno in campo della sua educazione e capacità dialettica con arbitri ed avversari. Era il meglio attrezzato per rappresentare il sodalizio nell’agone calcistico. Mai scelta fu migliore negli anni della mia presenza dirigenziale.

Un brutto episodio, purtroppo, si verificò in una gara di fine stagione in un paesino interno (credo Rota Greca) e per poco non sfociò in un incidente giudiziario. Una giornata di pioggia primaverile intensa per tutta la gara, pozzanghere in ogni angolo del campo e del piazzale circostante. Eravamo in vantaggio e Ciro, con la sua esperienza, perdeva tempo, lanciava palloni fuori dal recinto, discuteva con arbitro ed avversari ad ogni interruzione del gioco. In uno dei lanci fuori campo  la sfera di cuoio  planò su una enorme pozzanghera e lo spruzzo gigantesco inondò un carabiniere fermo vicino alla mia postazione di accompagnatore ufficiale. Il militare ovviamente si arrabbiò e apostrofandolo in malo modo, chiamandolo volgarmente “omosex”. Per lui non poteva esserci offesa peggiore e gli chiese se al mattino si guardava allo specchio. Il battibecco durò per qualche minuto ogni qualvolta la palla si allontanava verso l’altra parte del campo. Tentai di calmare le acque, ma alla fine gli sfuggì una frase apologetica di reato sulle gambizzazioni di moda in quell’epoca verso le forze dell’ordine. Eravamo verso la fine degli anni 70! La frase la pronunziò verso di me , per la verità, ma fu comunque udita dal carabiniere. Apriti cielo! Ci volle tutto lo sforzo possibile delle due dirigenze e dell’arbitro per ricomporre la questione. Per convincere il carabiniere a recedere dall’ intento utilizzai la comunicazione che Ciro era uno stimato docente di scuola superiore. Finì con un abbraccio e le scuse reciproche. Glielo rammentavo spesso quell’episodio per strappargli un sorriso.

Spesso Ciro svolgeva pure il compito di allenatore e preparatore dei giovanissimi e degli allievi, la scelta societaria di inizio anno cadeva  inequivocabilmente su di lui per molteplici motivi: competenza, rapporto cordiale con i ragazzini, che selezionava durante l’estate seguendo i vari tornei, capacità organizzative e conoscenza delle regole burocratiche che ordinano il settore calcistico. Dalla sua azione di talent-scout nacquero calciatori che, per anni, divennero colonne portanti della prima squadra dell’A.S.Belvedere. Dapprima quelli che gli erano quasi coetanei come Mario Marino, Fabio Liparoto, Franco Grosso, Vincenzo Cauteruccio, Riccardo Ugolino. In seguito Gianfranco e Pierangelo Benuzzi, Stefano Scoglio, Antonello Pettinato, Sergio Bastone, Marcello Bencardino e Fortunato Adornetto. La lista sarebbe lunghissima, ma mi fermo solo a quelli che rammento ora ed  appartenenti alle prime leve calcistiche. Quanti sono stati i suoi allievi neanche lui avrebbe potuto quantificarli: 200, 400, 1000…….. di più, di meno?

La sua serietà la dimostrò alla vigilia di una finale regionale della categoria Allievi, di cui era responsabile tecnico. Era in programma sul neutro di Sambiase e le protagoniste erano il Belvedere ed il Soverato. Avevamo vinto il girone di competenza con14 vittorie su 14 gare, sbaragliato il S.Marco con due vittorie nette, quindi il Rossano a Cosenza, poi il Lamezia in gara unica ad Amantea. Come è usanza diffusa in simili occasioni scatta  la tentazione dell’imbroglio sull’età dei calciatori  che hanno varcato il limite della categoria. Alcuni dirigenti la proposero in una riunione del Consiglio Direttivo a cui Ciro prese parte in quanto si doveva organizzare la trasferta. Ci intendemmo con uno sguardo  e bocciammo sul nascere la proposta che, però, rimase in sospeso fino al termine. Quando uscimmo dalla sala mi disse con fermezza che lui non era per nulla disposto all’imbroglio perché ingiusto verso chi sarebbe rimasto fuori e diseducativo nei confronti dei sostituti. “Se così deve essere, trovate chi prende il posto mio”. Perdemmo per 1 a 0 , tanto per la cronaca, senza mettere in atto l’illecito. Ci accontentammo di vincere la Targa-Disciplina, ma non era una novità con le squadre guidate da Ciro. La sua statura di educatore prese sempre il sopravvento su ogni altro sentimento.

Un protagonista del mondo del calcio a cavallo tra due epoche in cui si sovrapposero  la poesia del pionierismo della mia generazione e la fase dello sport ricco che lambiva, ahimè, anche  il dilettantismo. Ciro visse le due epoche con distacco, forse la seconda la subì. Sacrificò il suo tempo per giocare e far giocare i giovani ed alla fine qualche piccola gratificazione ci fu anche per lui. Non osava “sua sponte” avanzare proposte di compensi. Lo decidevamo noi e lui accettava senza discutere.  Lo sport  era più importante  di quei piccoli compensi. Delle due epoche  sono sicuro, conoscendo la sua indole, che gli piacque più la prima. Non ho fatto in tempo a chiederglielo, non ci ho mai pensato. Negli ultimi tempi ero diventato dirigente del Settore Giovanile e Scolastico delle FIGC e ci frequentavamo poco visti i ruoli diversi che svolgevamo! Un abbraccio a Francesca e Mattia da Salvatore Fabiano (L’ho scritto tempo fa, ma spero emozioni ancora oggi da chi lo legge)

 

 

 

e-max.it: your social media marketing partner
 

Questo sito utilizza i cookie per gestire la navigazione ed altre funzioni.Chiudendo questo banner o cliccando su qualunque elemento di questa pagina acconsenti all'uso dei cookie. Per ulteriori informazioni sui cookie che utilizziamo e come eliminarli, visitare la nostra pagina cookies police.

Accetto i cookie di questo sito.

EU Cookie Directive Module Information