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cedro e peperoncino, verità e cose non dette PDF Stampa E-mail
Scritto da antonello troya   
Martedì 25 Luglio 2017 15:14

Lo scontro in atto tra Cedro e Peperoncino e loro rappresentanti (da una parte il sindaco di Santa Maria, Ugo Vetere e dall’altra il presidente dell’accademia del peperoncino, Enzo Monaco), registra ogni giorno,

per non dire ogni ora, una nuova lezione di campanilismo. Allo spietato il giudizio di Franco Galiano, “Diamante parassita delle eccellenze altrui”, risponde il mondo dei social con altrettanti post pronti a difendere la storicità del cedro di Diamante. Lo scontro ora si è spostato su contributi e finanziamenti. Facciamo un po’ di storia. Era il 13 ottobre del 2004. La giunta regionale si apprestava a riconoscere con la legge nr. 23 il “Consorzio del cedro di Calabria”, con sede in Santa Maria del cedro. Sponsor dell’epoca Mario Pirillo, assessore regionale all’agricoltura. Il presidente della giunta regionale era Agazio Loiero. Attraverso la legge regionale si volle tutelare il cedro e istituire il Consorzio che vide i primi tempi l’ex assessore provinciale in quota Margherita e braccio destro di Pirillo, Rachele Grosso Ciponte ricoprire l’incarico di presidente. Da lì poi un susseguirsi di impegni, di attività da parte del consorzio con l’accademia del cedro, guidata da Franco Galiano, come braccio operativo: infatti il piano culturale e pubblicistico è stato in questi anni abbastanza ricco. Sul cedro si è detto di tutto: delle sue qualità organolettiche, del suo ruolo nella storia, soprattutto ebraica, ma principalmente sul piano economico. È qui che sono nati i maggiori problemi. Alla guida del consorzio subentra Angelo Adduci, che mostra di saper tenere in mano le redini dell’ente che vede oltre 300 coltivatori e centinaia di ettari coltivati a cedro. La guerra si combatte sul piano della qualità: il confronto con il bergamotto vede il cedro perdere punti.

La questione rimane aperta: il prodotto principe della Riviera dei Cedri ancora non possiede il marchio Dop che certifica, prima di ogni cosa, la provenienza e la qualità del prodotto. Che perde colpi. La crisi acuisce il problema. Le realtà produttive che comprano il confezionato e il cedro in salamoia lo fanno a prezzi stracciati. Circostanza che sta eliminando ogni possibilità di mantenimento e sviluppo delle coltivazioni del Cedro in Calabria. Dopo anni di contributi e finanziamenti (parliamo di circa 200 mila euro all’anno), sotto l’assessorato all’agricoltura di Michele Trematerra il cedro perde addirittura il sostentamento economico, che riprenderà poco dopo con Oliverio: l’impegno di spesa per l’anno 2016 è pari a 100 mila euro, o almeno questo è l’impegno di spesa. A Bruxelles c’è ancora la pratica per il riconoscimento del marchio Dop, con il “Liscio diamante di Santa Maria del cedro”. Il peperoncino invece nasce nel 1994 da una idea di Enzo Monaco. Bravo e apprezzato giornalista, decano della carta stampata, Monaco pensa che decantare le virtù della spezia portata in Italia da Cristoforo Colombo sia una buona idea. E così sarà. Nasce una Onlus, l’accademia italiana del peperoncino che conterà iscritti e delegazioni in tutto il mondo. Il fine è quello di tutelare, approfondire e diffondere la cultura del peperoncino. Così come per il cedro nasceranno parecchi prodotti legati alla cosmesi, alla cucina, alla farmacologia, alla medicina. Insomma Enzo Monaco ne fa una macchina da guerra. Ma è una macchina ben oliata e il peperoncino diventa un simbolo della Calabria, con Diamante e i suoi murales a fare da contorno. Lo scontro ora si delinea sui contributi: e se da una parte il consorzio fa i salti mortali, dall’altra il Peperoncino può contare su 340 mila euro. Ed è qui che il sindaco Vetere si pone alcune domande. “Se la manifestazione ha assunto livelli mondiali, perché non rinuncia al contributo e viaggia con le sue gambe? Le risorse finanziarie potrebbero essere divise equamente sul territorio”. Ma il sindaco Vetere dimentica che Belen in qualche modo dovrà pur essere pagata. Antonello Troya - 25.07.2017

 

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