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oltre la crisi PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   
Venerdì 27 Dicembre 2013 09:18

Proposte per OO.PP. , Centro storico, Edilizia. Nonostante siano trascorsi più di cinque anni dall’inizio della crisi economica e finanziaria che ha colpito il mondo industriale, con effetti che si avvertono ormai anche nei Paesi a forte crescita (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) ,

i dati macroeconomici sono ancora negativi:

  • in Italia nel secondo trimestre del 2013 il PIL ha registrato uno 0,3% in meno   congiunturale e un 2,1 % tendenziale;
  • scendiamo dal 42° posto al 49° nella classifica delle economie più competitive del pianeta;
  • i consumi alimentari sono tornati ai livelli degli anni ’60;
  • il reddito disponibile della popolazione è pari a 1.032 MD di euro, inferiore a quello di cui potevano disporre nel 1988, cioè 25 anni fa;
  • le persone a rischio di povertà ad esclusione sociale (diminuiscono anche i consumi di pane e di pasta) costituiscono circa il 30% della popolazione, una percentuale inferiore solo alla Grecia.

La ragione della crisi , la più grave dopo la «lunga depressione» di fine ‘800 e la «grande depression»> del 1929, risiede nella ingiusta distribuzione della ricchezza.

Nei «30 anni ingloriosi », che hanno avuto inizio con l’avvento della Thatcher e di Reagan (1979-1980) , gli anni del «pensiero unico», del neoliberismo, dell’individualismo, la ricchezza è stata trasferita, massicciamente, dai salari e dai profitti in direzione della rendita (prima il rapporto tra il salario di un metalmeccanico e dell’amministratore delegato della FIAT era di 1 a 20, oggi Marchionne guadagna 400 volte in più di un suo dipendente).

Ciò ha comportato una drastica riduzione dei consumi, della produzione e la finanziarizzazione dell’economia (oggi l’economia di carta vale quattro volte in più di quella reale) .

La crisi ha colpito più duramente l’Italia perché:

  • è tra i Paesi più disuguali al mondo,
  • perché è meno competitiva, avendo perduto o drasticamente ridimensionato «la propria capacità produttiva in settori industriali, quali l’informatica, la chimica, l’industria farmaceutica, nei quali aveva occupato a lungo un posto al primo piano a livello mondiale»,
  • perché investe nell’istruzione, nella formazione e nella ricerca meno che gli altri Paesi avanzati.

Uno dei dati più significativi per evidenziare l’impatto della crisi economica nel Paese è quello relativo alla dinamica delle imprese (il saldo, cioè, tra aperture e chiusure).

Nel PrimoTrimestre 2013 il Saldo è stato Negativo:

  • -31.351 imprese, tra nuove iscrizioni e cessazioni, peggio del 2009 (-30.000), il dato peggiore dal 2004;
  • di queste, 21.185 sono imprese artigiane, di cui 12.507 sono imprese di costruzioni;
  • in Calabria il saldo totale è stato di -1.195;
  • a Belvedere, tra il 2008 e il 2013, sono cessate 39 attività artigianali, ne sono state aperte 29, il saldo negativo è pari a -10;
  • dall’inizio della crisi sono fallite 11.200 imprese di costruzione.

E’ l’industria delle costruzioni la più colpita, dunque, a causa della contrazione  sia della domanda privata che degli investimenti pubblici, nonché della mancanza di liquidità:

  • 77 MD di euro in meno di finanziamenti rispetto al 2007;
  • 74 MD di euro in meno per l’acquisto di nuove abitazioni;
  • I tassi di interesse in Italia sono di due punti inferiori a quelli degli altri Paesi, nonostante le famiglie italiane abbiano tassi di insolvenza tra i più bassi d’Europa.
  • Le compravendite di case nel 2012 sono state 448.384, il 25,7% in meno rispetto al 2011 (nel 2007 erano state 877.000); è il peggior risultato annuale dal lontano 1985;
  • la costruzione di nuove residenze tra il 2008 e il 2012 si è ridotta del 40.4%
  • gli investimenti pubblici tra il 2008 e il 2012 si sono ridotti del 50%,  cioè di 30 MD di euro, pari all’1.8 % del PIL.

La riduzione dei consumi privati, dovuta all’ “impoverimento” dei ceti medio-bassi, e della spesa pubblica, in ossequio a una politica di austerità assoluta, senza alcun sostegno al mercato interno, si è abbattuta su aziende in difficoltà di liquidità e si è ripercossa su fornitori e lavoratori (a Belvedere i crediti vantati dalle imprese ammontano a 4 milioni di euro ) :

  • alla fine del 2008 erano 2 milioni i lavoratori dell’edilizia e delle costruzioni, nel 2012 1,7 milioni; si sono perduti, dunque, 300.000 posti di lavoro e se aggiungiamo i lavoratori dell’ indotto si arriva a 550.000 posti perduti.

L’ ANCE fornisce dati più drammatici: 690.000 posti di lavoro sarebbero andati perduti, considerando tutta la filiera delle costruzioni;e si stima che tra 50.000 e 80.000 persone, ora in Cassa Integrazione, potrebbero non essere reintegrate in azienda.

In questo quadro così drammatico qualche segno di ripresa si intravede. “L’Italia può uscire dalla recessione”, come ha dichiarato a Cernobbio, nel FORUM AMBROSETTI il ministro dell’economia Saccomanni; anche il Centro Studi della Confindustria condivide il cauto ottimismo del ministro:

  • il PIL fermerebbe la propria discesa nel IV trimestre del 2013 e registrerebbe uno 0.7% in più nel 2014 ( la Confesercenti prevede l’1% in più) ;
  • gli investimenti aumenterebbero dell’ 1.2% , come l’esportazione di beni e servizi;
  • I consumi delle famiglie registrerebbero uno 0.5% in più.

Un dato certo , che conferma questo ottimismo e può fare bene sperare il settore edilizio, è l’ aumento della richiesta di mutui da parte delle famiglie italiane: +4,2% nel mese di agosto rispetto al corrispondente mese del 2012.

Anche alcuni provvedimenti assunti dal governo Letta  vanno nella direzione della crescita:

  • gli incentivi alle imprese perché assumano giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni;
  • gli incentivi per la riqualificazione e assunzione dei lavoratori in mobilità;
  • i finanziamenti per la ristrutturazione, in funzione antisismica, di immobili destinati alla residenza e alle attività commerciali;
  • gli incentivi fiscali per interventi di riqualifica e risparmio energetico,
  • lo sblocco dei pagamenti della Pubblica amministrazione.

Ma tutto ciò non è sufficiente.

Il numero delle imprese che chiudono impongono all’attenzione di tutti l’urgenza di interventi più incisivi.

Intanto lo snellimento delle procedure amministrative (per la costruzione di un semplice magazzino, l’ANCE ha constatato che occorrono 13 procedure e 231 giorni) e l’abolizione definitiva dell’IMU sulle case invendute.

Ma ciò che importa davvero è favorire i consumi privati con i CASA BOND, proposti dall’ANCE (obbligazioni emesse dalle banche e acquistate da investitori istituzionali per finanziare i mutui delle famiglie); d’altra parte, è ciò che è stato deciso in Francia e in Germania per consentire alle giovani coppie di accedere al bene-casa, e , soprattutto, bisogna intervenire sulla distribuzione della ricchezza per aumentare il potere di acquisto dei ceti medio-bassi e aumentare i margini di profitto delle imprese ( il costo del lavoro nell’edilizia è superiore di circa 10 punti rispetto agli altri settori produttivi, per cui un operaio che guadagna 1.500 euro può costare all’impresa anche fino a 4.000 euro ). E allora bisogna abbattere, come promesso dal Governo, il cuneo fiscale.

Ciò che importa veramente è un piano d’investimenti pubblici:

  • per l’acquisto di abitazioni da parte delle fasce di popolazione più deboli attraverso un fondo di garanzia dello Stato;
  • per la realizzazione di alloggi di edilizia sociale, come fu il Piano Fanfani;
  • per incentivare il recupero e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente, soprattutto nel Centro storico (basti pensare che il 62% delle abitazioni è stato costruito prima della normativa antisismica (1974) pari a 11.000.000 edifici e 22.000.000 di cittadini) .

C’è una proposta dell’ANCE, a tale proposito: “la rottamazione dell’usato”

(le imprese acquistano immobili usati, li riqualificano sotto il profilo statico ed energetico, li immettono nel mercato completamente rigenerati) .

Serve attivare i Programmi regionali di opere piccole e medie finanziate dall’U.E. e programmare i prossimi interventi nell’ambito dei fondi europei 2004-2012.

Serve un grande piano di opere infrastrutturali in grado di garantire servizi più efficienti e moderni:

  • a Belvedere, come in tanti Comuni meridionali, ci sono migliaia di abitazioni non servite della rete fognaria;
  • in Italia ci sono 30.000 scuole a rischio , anche dal punto di vista sismico;
  • migliaia di edifici pubblici, a partire dagli ospedali , da mettere in sicurezza e riqualificare energicamente;
  • c’è il più grande patrimonio storico-artistico del mondo, che non siamo in grado di tutelare né, tantomeno, di valorizzare. Senza richiamare le condizioni disastrose di Pompei, basta guardare Belvedere: siti brezi, villa romana, edilizia rurale medioevale, dimore patrizie, torri spagnole, castello angioino-aragonese, conventi francescano e di S. Daniele, chiesa del Crocefisso. Quanti turisti potrebbero attrarre i nostri beni culturali se fossero opportunamente valorizzati ?
  • c’è un territorio che è ancora uno «sfasciume pendulo»  e che occorre mettere in sicurezza.

Dall’ inizio della crisi altri Paesi hanno immesso nel mercato ingenti risorse per stimolare la crescita: in Gran Bretagna 100 MD di sterline, negli USA 50 MD di dollari per opere infrastrutturali che hanno prodotto un aumento del 30% di ordinativi                 nell’industria dell’edilizia.

L’ANCE ha studiato gli effetti che una manovra di rilancio delle infrastrutture, dell’ordine di 70 MD di euro, avrebbe sulla crescita dell’economia, senza sforare il 3% di deficit:

  • 423.000 posti di lavoro
  • 3% in più di PIL
  • riduzione del rapporto debito / PIL

Più volte abbiamo detto che la crisi che stiamo attraversando è la peggiore di quelle che hanno colpito l’economia moderna.

L’Italia è a un passo dal baratro. Se procediamo nella stessa direzione:

  • Comprimendo i salari dei lavoratori,
  • Riducendo i profitti delle imprese,
  • Tagliando la spesa pubblica per investimenti,

finiremo nel precipizio, che per lo Stato vorrebbe dire la BANCAROTTA, l’incapacità di onorare il Debito Pubblico. Infatti in questi anni di crisi, nonostante, anzi, a causa dei tagli alle spese, il debito è cresciuto perché sono diminuite le entrate fiscali in presenza di imprese che licenziano e di lavoratori disoccupati.

Belvedere è in una condizione, se possibile, ancora più grave. Abbiamo già un piede sospeso nel vuoto:

  • imprese indebitate, pur vantando crediti della P.A.
  • lavoratori in mobilità.
  • tassi di disoccupazione giovanile tra i più alti d’Italia.
  • reddito pro-capite precipitato.
  • turismo ristretto a poche settimane.
  • centro storico quasi disabitato.
  • amministrazione assente , con tante opere pubbliche incompiute e il Piano strutturale comunale che, trascorsi 5 anni dal conferimento dell’incarico progettuale, è ancora alla fase preliminare.

Ma ci sono le risorse Per una Rinascita che ci restituisca il ruolo che nel Tirreno cosentino esercitavamo fino a qualche tempo fa.

Risorse materiali:

  • un Centro storico non deturpato;
  • una collina che conserva intatte le sue caratteristiche;
  • una spiaggia solo da rendere un po’ più accogliente;
  • un patrimonio storico-culturale rilevante.

E  Risorse umane:

  • tanti giovani capaci e volenterosi;
  • un’imprenditoria competente e professionalizzata.

Bisogna solo mettere in Rete queste Risorse:

Noi, nel proporci alla guida di Belvedere, contiamo di valorizzare queste energie, di stipulare un patto tra decisori istituzionali, imprese che vogliono investire in progetti rispettosi dell’ambiente, e giovani che intendono contribuire alla rinascita del nostro Paese. Riccardo Ugolino - 21.12.2013

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