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la sceneggiata con la lacrima PDF Stampa E-mail
Scritto da mauro d'aprile   

Tra le tante analisi sulla “condanna” di Berlusconi, credo che quella resa da Francesco Merlo sulla Repubblica di oggi, riportata nel titolo, colga un lato umano del Cavaliere che meglio circoscrive la commiserazione

che lo stesso suscita in antitesi di quella baldanzosa arroganza cui ci aveva abituato, soprattutto con gli epiteti delle barzellette sugli avversari a lui indigesti (Rosy Bindi, Fini, Monti etc..).

Nell’introdurre l’articolo, Merlo, sottolinea che ieri sera abbiamo rivisto quel vecchio attore che per non subire la pena cercava di far pena. Una sceneggiata attraverso un video messaggio che ha mandato in onda il dramma simulato del ricco evasore che si fa povero e vittima e chiede aiuto al popolo che ha frodato. L’amico di Putin di Gheddafi che cercava solidarietà perché ha rubato allo Stato, cioè agli italiani a cui ora si appella. E vuole, come al solito, la rivoluzione contro i giudici.

E il pop è diventato trash quando Berlusconi, seduto alla sua solita scrivania di rappresentanza, ha potuto come prova regina del complotto della magistratura la conferma della stessa sentenza in primo, in secondo grado e in Cassazione: Prima ancora di un arretramento della civiltà c’è un arretramento della civiltà, c’è un arretramento della logica che fa del Berlusconi piangente un caso unico nella storia. Ieri sera con il video del dolore si è infatti impiccato ai suoi stessi sortilegi: il maestro della telecomunicazione è rimasto schiacciato dalla verità delle immagini, è diventato tutto quello che nei tempi felici esorcizzava, gonfio, acceso e fuori misura, ancora mattatore ma nel baraccone della finta pietà. Eppure non hanno condannato lo statista ma l’omuncolo.

La verità è che anche questa condanna non riesce ad essere drammatica, tutta dentro la piccioneria del delinquente comune. Pure il caritatevole rinvio all’italiana della sua cacciata dalla politica non ha la grandiosità dello strazio di Craxi, non c’è la pietas che suscitò Forlani ripreso in Tv con la bava alla bocca, neppure la complicità di un intero Stato come nel processo di Andreotti, meno che mai la profondità di Gava che al carabiniere che pronunziava la formula di rito, “E’ lei Gava Antonio?”, rispose: ”Io ero, guagliò, io ero”. La frode fiscale non rimanda infatti ai foschi destini di tanti politici italiani, all’oltraggio e alla tragedia di Piazzale Loreto, alla drammatica fuga e alla morte di Bettino Craxi ad Hammamed. Berlusconi ha rubato i soldi dello Stato, dunque nel suo Pantheon ci sono solo gli evasori truffatori, quel Felice Riva che fuggì a Beirut, i titolari dei conti segreti nei paradisi fiscali, e poi Callisto Tanzi, Ricucci, Coppola, i furbetti e i furboni, i manigoldi finanziari…. Non giganti sulle cui spalle giganteggia il nano, ma i nani che nanizzano i giganti”.

Non ci sono precedenti nella storia d’Italia di un ex premier “arrestato” in villa. Il Tg1 ha pronunziato la parola “carcerazione”, ma nessuna delle sue mille case somiglia al bunker di Hitler né al Gran Sasso di Mussolini e neppure al modesto rifugio di Hammamet, dimore tragiche dove non giravano i carabinieri sotto forma di avvocati (e viceversa) e neppure i giornalisti a libro paga. Si capisce che Berlusconi, insomma, non è prenotato in una saga nibelungica, ma in un carnevale estivo.

Ed è la prima volta che il Telegiornale della Rai lo definisce “ultrasettantenne”. Cade dunque anche la finzione dell’eterna giovinezza, il lifting è stato strappato. E se chiedesse l’affidamento ai servizi sociali, come Forlani e come Previti, gli italiani vi troverebbero la barzelletta e tutti si eserciterebbero a immaginarlo assistito da una giovane badante marocchina, una fantesca giudiziaria, insomma un altro dei mille travestimenti orchestrati nella cantinetta: dopo la poliziotta con le manette, dopo la suorina, ecco la lap dance dei servizi sociali. “Abbiamo avuto Poggiolini e il suo puff pieno di danaro, un ministro della Sanità che bruciava le carte compromettenti dentro un pentolone, abbiamo avuto i terribili suicidi di Moroni, di Gardini, di Cagliari, abbiamo avuto la Piramide di panseca e il conto gabbietta del PCI, ma Berlusconi non riesce ad essere drammatico neppure nella solennità della Cassazione. Gli toglieranno il titolo di Cavaliere ma resterà cummenda come nelle gag di Bramieri”.

Non è dunque vero che questo è stato il processo del secolo, più spettacolare del processo ad Andreotti, e la sentenza di condanna, sostanzialmente uguale in ben tre gradi di giudizio, non è stata emessa a colpi di maggioranza parlamentare. Eppure per settimane hanno propalato l’idea che l’assoluzione avrebbe segnato il trionfo di Berlusconi ma solo la sua condanna ne avrebbe provocato l’apoteosi. E hanno cercato in tutte le maniere di trascinare nell’aula del palazzaccio, e di nuovo sulle strade di Roma, il conflitto politico tra centrodestra e centrosinistra. Il tentativo, ancora e sempre televisivo, è quello di trasformare in un martire il solito campione del “chiagne e fotte”, il peggio della natura italiana, ora certificata dalla Cassazione. Ecco perché ancora più che giustizia è stata fatta chiarezza.

Nel caso di Berlusconi non solo la politica non è all’origine del crimine, ma è stata usata questa per legittimare il crimine, come fabbrica di impunità. Patire, da sconfitto una violenza, sarebbe il modo più sicuro per purificarsi, per farsi subito rimpiangere, per far credere agli italiani che era meglio tenersela cara quella loro abitudine, quel difetto nazionale, quel Cristo che andava protetto dagli squilibrati comunisti. Ma l’Italia si limita a sghignazzare, a ridere, a disprezzare. La  frode fiscale, come del resto l’appropriazione indebita, la prostituzione minorile, la corruzione dei magistrati per impadronirsi della Mondadori, non hanno nulla  a che fare con la politica, che anzi è stata uccisa dallo stesso, degradando anche il trasformismo ad un reato comune, quello del più politico fra i delitti, con la compravendita dei parlamentari”.

E’ vero anche che la storia del nostro paese è, in gran parte storia di criminalità politica, come scriveva Turati. Ma qui non c’è l’onore perduto della grande tradizione degli espatriati socialisti e cattolici come, Garibaldi, Salvemini, i fratelli Rosselli, Nenni, Sturzo, Togliatti, De Gasperi…. Qui il finale grottesco è “la perfezione dell’inizio”. E si capisce che Berlusconi preferirebbe che dei forsennati lo trascinassero per strada e gli infliggessero qualche atroce supplizio, sceglierebbe lo scempio della folla invece di questo finalissimo da pirla”. Mauro D’Aprile - 02.08.2013

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