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“verso l’alto Tirreno”, la coesione territoriale PDF Stampa E-mail
Scritto da mauro d'aprile   

Esistono luoghi ed esistono momenti in cui una comunità riscopre la dignità e ritrova l’orgoglio di sé. Momenti in cui un cittadino smette di chiedere ad altri cosa possono fare per lui e comincia ad agire per fare qualcosa per sé e per gli altri.

Luoghi dove non “ci sta chi ci pensa” perché tutti dobbiamo pensare a migliorare la vita collettiva. Quel luogo e quel momento sono “ Verso L’Alto Tirreno”: un viaggio nelle aree ad alta vitalità turistica per connettere tra loro punti nei quali si è annida e resiste un Sud operoso, attivo, concreto, fatto di persone che lavorano nell’interesse della comunità e tentano di contrastare il lento graduale degrado cui la morsa economica del momento lo induce.

La Politica per la “Coesione Territoriale” ha lo scopo di incrementare le opportunità di sviluppo dei cittadini (crescita e inclusione sociale), indipendentemente dal luogo in cui vivono. Il termine “coesione” non si riferisce solo alla densità e alla pienezza delle relazioni umane che si realizza quando crescono le opportunità di sviluppo, ma anche al metodo con il quale questa particolare politica di sviluppo viene realizzata. E’ il metodo del confronto, anche vivace, fra tutti i soggetti, interni al territorio ed esterni ad esso, è il metodo della costruzione di coalizioni orizzontali (fra Comuni, sistemi di imprese, cittadini organizzati) e verticali (fra livelli di governo). La “Conferenza Permanente” che i  Sindaci dell’Alto tirreno si sono data” va certamente in questa direzione, ma la riproposizione dei tradizionali “metodi Questuanti”, assunti quali strumento operativo, induce ai soliti effetti inconsistenti: qualche opera pubblica a singhiozzo ed incompiuta, la Banda Musicale della Provincia, i fuochi di artificio con le “note di diversi Autori” (una volta Oliverio, poi Loiero, oggi Gentile),  “caduchi, fugaci luccichii”!

Si tratta, invece,  di rendere strutturalmente “permanente” il risultato delle iniziative.

Nella decretazione attuativa della Legge n.42-2009 (articolo 16) rientra anche l’attuazione degli interventi speciali per la promozione dello sviluppo economico e della coesione sociale e territoriale, e la rimozione  degli squilibri economici e sociali del paese. Tali interventi discendono direttamente dal quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione. Dopo l’articolo 1 che annuncia le finalità del decreto, l’articolo 2 affida il perseguimento di queste finalità a due capitoli di bilancio: il Fondo per lo          Sviluppo e la Coesione (istituendo), e i finanziamenti dell’Unione Europea per spese in conto capitale e per altre spese di sviluppo ammesse dai regolamenti UE. L’utilizzo di queste risorse deve avvenire all’interno di alcuni principi di base: leale collaborazione Stato - Regioni - Enti Locali; ricorso alla programmazione pluriennale (necessaria per completare progetti che, per loro stessa natura, trovano finalizzazione lungo archi temporali di più esercizi); bilanciamento degli obiettivi di sviluppo e di sostenibilità finanziaria (anche questo necessario per garantire risorse lungo tutto il periodo di svolgimento dei progetti, senza interruzioni e incompiuti);  aggiuntività delle risorse rispetto a quelle ordinarie del bilancio dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali; verifica costante dell’impiego delle risorse, dell’avanzamento dei progetti, dei loro impatti, e dei risultati ottenuti (anche

facendo leva su meccanismi sanzionatori e premiali); rispetto dei principi di concentrazione territoriale e finanziaria. Delle risorse programmate, l’85 per cento dovrà essere dedicato al Mezzogiorno, e il restante 15% al Centro-Nord.

Nella decretazione rientra anche la definizione del funzionamento della perequazione infrastrutturale, di cui  all’articolo 22 della stessa legge. Durante il periodo di transizione verso il federalismo, le disparità di dotazioni  tra territori andranno ridotte attraverso programmi di investimenti ad hoc, coordinati sia con gli

interventi aggiuntivi a favore delle aree sottoutilizzate, sia con gli interventi speciali ai sensi dell’articolo 16, come sopra.

Il decreto abbraccia la totalità dei settori che integrano livelli essenziali di prestazioni: la sanità; l’assistenza  sociale;  l’istruzione scolastica; le reti stradale, autostradale, ferroviaria; le reti fognaria, idrica, elettrica, del gas; le infrastrutture di porti e aeroporti.

Per ognuno di questi ambiti, si dovrebbe procedere ad una ricognizione della consistenza dello stock di capitale installato e al suo confronto con quanto richiesto “per conseguire in un orizzonte di medio periodo livelli di sviluppo economico e di benessere sociale omogenei fra i territori del Paese e in linea con quelli prevalenti nell’Unione Europea.

Distintamente per ciascun settore e per area territoriale rilevante (che cambia da settore a settore), si dovrebbero definire la consistenza di capitale attuale e quella da raggiungere al termine dell’azione di perequazione.

Dalla “mappatura”, settore per settore, dei gap infrastrutturali dovrebbero discendere programmi di investimento pluriennali da inserire nella Decisione di Finanza Pubblica rispettando il principio che alle Regioni con gap più ampi  devono esser dedicate maggiori quote dei fondi stanziati per ciascun settore.

In primo luogo, il decreto richiede un grosso sforzo di censimento e di programmazione, condiviso tra tutti   livelli di governo e amministrazione. È una criticità da non sottovalutare: per condividere statistiche del capitale installato, corrette per la qualità/vetustà e comparabili tra territori, è necessario produrre e sistematizzare una mole di informazioni e di dati difficilmente compatibile con un avvio in tempi rapidi della fase di transizione.

Si tratta allora, per i Nostri Sindaci, di compiere un grande sforzo che va dalla sistemazione dei conticini del proprio Ente, alla oculata programmazione pluriennale (non quella di proiezioni effimere e di semplice quadratura di contabilità), dal rientro del Patto di Stabilità alla capitalizzazione del proprio patrimonio.

L’articolo  4 dello schema di decreto suggerisce l’eventuale ricorso ad indicatori sintetici quantitativi e qualitativi, costruibili  a partire dalle informazioni analitiche trasmesse dalle Amministrazioni centrali e regionali.

Ed è qui che bisogna non solo vigilare, ma pretendere di essere artefici del proprio destino, smarcandosi definitivamente dalla indebita centralità della Regione di Reggio Calabria e da quella ipocrita ed asfissiante pretesa Provinciale di Cosenza, avendo piena coscienza che l’attuazione del Federalismo fiscale e municipale di impostazione Europeista e non Leghista, esige un modello territoriale coeso ed identitario, di cui, i valori ambientali e naturali costituiscono l’aspetto competitivo di maggiore prestigio. (continua) Mauro D’Aprile ex Sindaco di Belvedere Marittimo - 09.07.2012

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