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lettera aperta all’assessore allo sport provinciale Pietro Lecce PDF Stampa E-mail
Scritto da massimo converso   

Arrivo con la mia Lambretta al bell’impianto calcistico alla periferia sud di Acquappesa e subito percepisco l’insopprimibile (ed insopportabile) mestizia per la non superata morte del migliore di noi , Roberto Piazza, che ci è stato tolto non dal destino ma dall’assenza di medicina sportiva preventiva.

C’è comunque la consueta benefica atmosfera di famiglia con corridori di ogni livello, anche se in testa alla gara ci sono i bravissimi – quanto umili - Andrea Pranno e Marco Barbuscio fra i primi dieci atleti giovanili in Italia (cosentini ma con ricche società non-calabresi) scesi dal capoluogo a correre per amicizia ed amore purissimo della corsa. Tutti corriamo per la salute ed appunto per il gusto della corsa. Ci sono anche gli uomini di partito ma sono in quel contesto familiare non-buonista : hanno reso possibile per la  15^ volta questa corsa però non fanno propaganda perché vedono nel contributo all’attività fisica di base un percorso naturale quanto obbligato per un eletto dal popolo. L’edizione estiva poi snoda un percorso studiato da Benedetto Andreoli che valorizza al massimo il paesaggio casalino (Acquappesa era, storicamente, il “casale” di Cetraro) toccando i “gironi” della vecchia via nazionale e le vie del centro. Ed a fine gara il rito delle “grispelle” (soprattutto quelle con le alici, un nostro pesce tipico che invece ormai viene sempre più importato dall’oriente) e del vino “casarulu” portava anche oggi nella gara il calore delle famiglie casaline. Senza però intaccare minimamente lo spessore tecnico della competizione.

Ma c’è qualche assenza polemica oggi e questo ci fa riflettere su di una tendenza non positiva : la “cosentinizzazione” degli atleti del Tirreno laddove le due storiche società di base la “Team Basile” e l’”Atletica Acquappesa” cedono sempre più corridori alle società del Capoluogo, il chè significa un ritorno agli anni ’60 quando l’unica gara che gli atleti dell’immenso territorio provinciale cosentino potevano disputare erano i Campionati Studenteschi e le società di atletica esistevano soltanto a Cosenza Città.

L’ultima, ma centrale, considerazione triste va al comportamento delle Istituzioni che hanno ulteriormente diminuito i già scarsissimi contributi alle società dilettantistiche, mentre continuano a trovare ancora immeritato denaro per le squadre professionistiche del cosentino, che possono e devono vivere delle sole pubblicità commerciali.

Pietro Lecce (brava e qualificata figura di Assessore allo Sport della Provincia) si adoperi perché Andrea Pranno e Marco Barbuscio possano correre con una società della loro Città ( cioè trovare le risorse necessarie nella nostra terra) e perché ogni zona della provincia disponga di un GRATUITO Centro di Medicina Sportiva preventiva.

Guardi al Tirreno, alla costanza di Benedetto Andreoli, di Luciano Basile, di Giovanni Manganaro e Carmelo Campolo, che devono/possono spingerci a continuare senza cedere nulla a questo falso sport basato sul campionismo e sulle droghe e che va verso l’eutanasia : esso ci lascerà uno spazio immenso di attività fisica organizzata e di valore anche tecnico.

Lo comprenda innanzitutto Pietro Lecce, perché lasci gli Stefano Fiore alle loro nostalgie campionistiche e dedichi tutto il suo impegno esclusivamente allo sport di base. Crediamo che Pino Abate, Presidente del CONI, comprenderà questa indispensabile inversione di tendenza, che infine toglierà clienti ai servizi sociali e riempirà piuttosto i pur pochi e mal collegati impianti sportivi di base.Con affetto e stima Massimo Converso

per conoscere l'autore di questa nota

Non parlo da esterno perché ho svolto sport agonistico ai massimi livelli nazionali giovanili. A Cosenza ho vinto i Campionati Studenteschi Prov.li per tre volte fra il 1966 e 1967 e sono stato Campione e Primatista Regionale FIDAL della Calabria con la società più piuccola della regione, la Pro Cosenza. E riuscivo in quegli anni a praticare anche anche Calcio (la Cariocas di Giovanni Manganaro) e Pallavolo (la “Padre Kolbe”) agonistici senza tralasciare studi e rapporti interpersonali, perdipiù partecipando a movimento per l’apertura dell’UNICAL.

Fra il 1968 ed il 1971 con il CUS Roma sono rientrato ininterrottamente fra i primi 20 giovani d’Italia nel mezzofondo nazionale.

Nel 1970, Campione Italiano UISP di Corsa Campestre, rifiutai di lasciare il CUS Roma allorchè una società “sportiva” commerciale, che vendeva anch’essa TONNO, mi offrì uno stipendio per portare quel marchio sulla maglietta.

Ho interrotto esattamente nel momento in cui anche le manifestazioni di atletica di massa diventavano strumenti della pubblicità commerciale, che si è appropriata praticamente di tutto il nostro mondo sportivo, sempre più spesso anche di quello di base.

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