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caro Bersani... PDF Stampa E-mail
Scritto da franco perre   
Martedì 30 Agosto 2011 10:38

Caro Bersani, il novecento passerà alla storia come il secolo delle ideologie. Liberalismo e socialismo, nelle varie letture, hanno infiammato intere generazioni.

Milioni di persone sono state i protagonisti di tentativi di dare un volto nuovo all’umanità, a volte sostituendo l’utopia alla realtà,  fino al punto di essere forieri di grandi tragedie. Il nuovo millennio sembra aver cancellato tutto questo. Il sole dell’avvenire ha lasciato il passo al razionale pragmatismo quotidiano.Da tutti viene celebrata la vittoria del liberismo e delle sue immortali regole.

La Camusso si intestardisce a difendere lo statuto dei lavoratori e l’articolo diciotto, il lavoro a tempo indeterminato, la giusta causa nel licenziamento e fa la figura di una povera vecchietta che vuole sopravvivere vendendo violette di campo davanti ai grandi magazzini.Gli ammortizzatori sociali presto diverranno ferri vecchi, sostituiti dalla nuova parola d’ordine: la competitività.

La mobilità, i contratti di lavoro a progetto, la deroga al contratto nazionale, le pensioni integrative sono tematiche da tempo entrate nel lessico quotidiano.Ferri vecchi tra i ferri vecchi i fautori di una società socialista.

Il sole dell’avvenire è lontano dal sorgere e il libero mercato  domina indisturbato.In questo emergente quadro le nuove generazioni sono da considerarsi agnelli sacrificali.La loro condizione: permanenti precari, occupati della partita Iva, in un mondo del lavoro che li respinge quando non li utilizza quali novelli schiavi.

Il libero mercato trionfa osannato nelle grandi metropoli e nei piccoli villaggi.Poi, a un tratto inaspettatamente le piazze sono tornate a riempirsi.Le donne tornano ad essere protagoniste; Il clamoroso risultato elettorale di Milano e Napoli;la tornata referendaria.

A un tratto un voto clamoroso e inaspettato, ma ancora più clamoroso l’entusiasmo dei giovani tornati  protagonisti.Si eleggeva un sindaco o si abrogava una legge, ma in realtà si voleva esprimere con il voto una speranza.

Una speranza di cambiamento.I vecchi slogan sono scomparsi; nelle piazze nessuno più scandisce lo slogan Gramsci/Togliatti/Longo/Berlinguer;  la stagione di Enrico Berlinguer archiviata.Ma quanta carica emotiva e un diffuso desiderio, meglio un bisogno di cambiamento.

Le nuove generazioni bussano alle porte, stanchi delle vecchie politiche e del politichese, attenti a quanto avviene intorno a loro.

Una sinistra moderna, una sinistra che ha messo in soffitta le vecchie e usurate parole d’ordine, che ha sostituito la parola socialismo con democrazia non può prescindere da questa  realtà che  impetuosamente avanza.I signori delle tessere sono  avvisati; il loro ruolo è giunto al capolinea.

A questi giovani va data la massima attenzione.Bando alle formule astratte.Un partito democratico prima che socialista dovrebbe tentare di essere un po’ liberale ed inserire nel suo programma alcune proposte di legge, a costo zero, che certamente  andrebbero incontro alle esigenze delle giovani generazioni.

Per uscire dal generico politichese tentiamo di fare qualche proposta concreta.

- Liberalizzazione graduale delle farmacie inserendo nuovi rapporti abitanti/farmacie;

- Aumento graduale delle sedi notarili fino alla totale liberalizzazione.

- Abilitazione alle professioni attraverso una selezione sottratta agli Ordini e affidata a strutture terze.

- Divieto di cumulo dell’insegnamento nelle scuole primarie e secondarie e delle libere professioni.

- Divieto di  esercitare contemporaneamente la professione medica nelle strutture pubbliche e in quelle private (proposta già formulata dall’On. Bindi nel primo Governo Prodi e subito bocciata con l’allontanamento dal Governo di chi aveva osato tanto).

- Abolizione delle esanzioni ICI per le strutture produttive di proprietà della Chiesa ed utilizzo delle somme per finanziare il lavoro di giovani ricercatori.

Riforme a costo zero e nell’alveo del più sano liberalismo, certamente foriere di uno spiraglio per le giovani generazioni di intellettuali disoccupati, e per alcuni versi rivoluzionarie nella paludosa realtà del nostro Paese. Franco Perre - 24.08.2011

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