le luminarie e altro |
Scritto da riccardo ugolino | |||
Giovedì 12 Dicembre 2019 20:58 | |||
Ogni anno nel nostro Paese si accende un infuocato dibattito di natura estetica e filosofica, concernente le luminarie natalizie.
Quest'anno,atteso che i filamenti luminosi di via G. Fortunato rivestono solo una valenza simbolica: Belvedere è in dissesto, l'oggetto della disputa,a tratti bizantineggiante, è stato esclusivamente l'albero in piazza G. Grossi, intorno al quale sono emerse due distinte
correnti di pensiero:
*l'albero è bello in assoluto( ab-solutum,al di là delle apparenze empiriche), in linguaggio
nazional-popolare "senza se e senza ma",
*l'albero "nu mmi piacia" perché,come in casa Cupiello,i nostri Lucariello non accettano canoni estetici imposti, foss' anche dall'auctoritas dei patres.
Entrambe le tesi mostrano dei limiti:
– la prima,dimenticando la lezione pascoliana( il poeta non è un vate), utilizza parametri etici per esprimere giudizi estetici: tutto ciò che scaturisce da impegno volontario e disinteressato è bello in sé; -
– la seconda,dimenticando che la bellezza costa( si pensi alla grande arte italiana, rinascimentale e barocca,commissionata dai principi mecenati,dalla Chiesa controriformista,dalla nobiltà e dalla borghesia rifeudalizzata), decontestualizza l'albero dalla crisi: pretenderebbe di " fa i zaiti cull' faichi siccati".
La diatriba ,di natura estetica,oltre che la morale ha interessato la sfera politica: alcuni hanno manifestato il loro apprezzamento con motivazioni sovraniste: " Prima Belvedere", puntando il dito patriottico non contro chi ci ha sepolti sotto un cumulo di debiti ma contro gli " esterofili" che hanno azzardato paragoni imbarazzanti con i Paesi vicini. E allora, poiché l'albero di Natale è simbolo di pace e di concordia,provo a comporre la frattura che ha diviso i Belvederesi,ancor più dell'aumento dei tributi,delle strade dissestate,dei palazzi fatiscenti,dei liquami che da mesi scorrono in mare.
•L'albero in piazza G. Grossi nella sua semplicità è decoroso; ciò nonostante non si può non convenire che la piazza,fin tanto che non sarà demolito o ultimato il palazzo Rosano,trasforma anche un principe in rospo.
•Tutti hanno riconosciuto i meriti dei volontari che si sono prodigati a realizzarlo ma consigliamo loro,per le prossime iniziative,di coinvolgere tutta la cittadinanza e,in particolare, gli amministratori e il Sindaco.
•Le Associazioni,nei prossimi cinque anni di vacche magre,dovranno intensificare il loro impegno per valorizzare il nostro territorio e promuovere l'immagine del nostro Paese. È giunto il tempo che tutti diano il loro contributo,in ragione delle proprie disponibilità e capacità: vogliamo aprire le porte delle Associazioni a una campagna di tesseramento pubblico?
• L'attaccamento al proprio Paese non si manifesta con atteggiamenti a-critici ma spronando a fare meglio( vale la pena ricordare che la critica non è la maldicenza ma un setaccio attraverso il quale separare la farina dalla crusca: non è un caso che "critica" e " craiv' " hanno una comune radice etimologica)
• L'attaccamento al proprio campanile non significa chiudersi al confronto con gli altri; al contrario, "procedendo gli uomini nelle loro azioni con le imitazioni...deve uno uomo prudente quelli che sono stati eccellentissimi imitare..."( De Principatibus). D'altra parte non è forse vero che per la Calabria auspichiamo da sempre una sanità sul modello lombardo o emiliano? E forse per questo siamo meno Calabresi?
Vogliamo tutto Belvedere ha una storia illustre: il nostro territorio, frequentato fin dall'età del bronzo,ha ospitato popoli diversi,dai Brezi (IV sec.a.C) ai Borbone( 1734-1860). In tempi recenti è stato il centro più fiorente della costa tirrenica,per attività industriali,servizi pubblici, offerta turistica e sanitaria,con percentuali record di occupazione. A partire dagli anni '80,in coincidenza con la globalizzazione dell'economia,il nostro Paese ha vissuto un lento ma inesorabile declino, aggravato dall'inefficienza delle Amministrazioni comunali. È venuto il momento di reagire. Oggi non è più tempo di accontentarsi. Dobbiamo volere tutto,come scriveva Balestrini nel 1971. La rassegnazione fatalista dell'adagio popolare: "Chi si accontenta gode" ha sempre nuociuto al Meridione d'Italia e a Belvedere negli ultimi 25 anni. Riccardo Ugolino dirigente circolo Pd di Belvedere M.mo - 12.12.2019
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