Taranto la ex “ILVA” e dintorni |
Scritto da franco perre | |||
Sabato 09 Novembre 2019 13:49 | |||
Era l’inizio degli anni ottanta. Belvedere M.mo viveva una stagione di particolare benessere, per la presenza sul territorio di alcune attività produttive che assicuravano oltre cinquecento posti di lavoro. Una amministrazione di centro/sinistra per la prima volta reggeva le sorti del paese, mentre il Governo approvava la legge Ronchi che per la prima volta normava in modo organico la gestione dei rifiuti.
La nuova legge che recepiva alcune direttive della Comunità Europea all’epoca fu vista come una contrapposizione: sviluppo - tutale ambientale.
Anche l’amministrazione comunale di Belvedere fu chiamata ad affrontare il problema: la discarica da porre in sicurezza e soprattutto la distinzione da fare tra rifiuti domestici e rifiuti industriali.
L’ industria era una realtà economica importante con i suoi circa trecento addetti ma aveva un problema non da poco: lo smaltimento dei residui delle lavorazioni.
Se considerati domestici potevano essere smaltiti in discarica, se industriali dovevano essere sottoposti a un diverso e più costoso trattamento.
La soluzione che fu adottata fu quella di far prevalere le ragioni dello sviluppo, dell’ occupazione, in una parola di quello che tutti percepivano come benessere diffuso. Si decise che si trattava di rifiuti assimilabili ai domestici e in quanto tali allocabili in discarica. Sono passati quaranta anni e gli scarti delle lavorazioni sono lì in località “Destre” e spero che quella decisione, che all’epoca venne ritenuta di buon senso diretta a favorire lo sviluppo e l’ occupazione, non sia foriera nel tempo di danni ambientali.
La logica che fu alla base delle determinazioni dell’amministrazione comunale fu quella che venne adottata ovunque in Italia. Oggi viviamo il dramma delle conseguenze nefaste delle ILVA di Taranto lì dove benessere e tutela dell’ambiente sono state ritenute valori alternativi e inconciliabili.
Di questa falsa alternativa è piena il nostro Paese: L’ILVA a Taranto, l’Enichem a Mestre, l’Eternit in Piemonte, tutte le attività produttive della pianura padana che, sversando i residui delle lavorazioni nei vari fiumi che affluiscono nel Po, hanno determinato nell’Adriatico il fenomeno della “mucillagine” sono solo alcuni esempi del disastro ambientale.
Sorte analoga hanno subito Bagnoli e Pozzuoli devastate dall’Italsider e dalla Cemetir, mentre la Camorra sversando nel territorio rifiuti tossici provenienti da tutta la penisola, ha trasformato l”agro felix” di latina memoria in una bomba ecologica.
Molti sostengono che anche la morte di Ilaria Alpi sia in qualche modo collegata a una inchiesta della giornalista sul traffico dei rifiuti tossici. Il problema che si pone è di dimensioni planetarie e probabilmente non troverà una soluzione.
Non troverà soluzione fino a quando continuerà a prevalere quella corrente di pensiero che pone maldestramente la contrapposizione benessere-ambiente.
E’ il volto del capitalismo senza regole che usa strumentalmente il tema del benessere collettivo nascondendo il proprio vero volto: il massimo profitto a discapito di tutto e di tutti; a discapito anche della vita umana. Franco Perre
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- 09.11.2019
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