crisi globale, alcune riflessioni |
Scritto da riccardo ugolino | |||
Lunedì 27 Dicembre 2010 00:00 | |||
A partire dal marzo 2007 si è abbattuta sull’economia e la società mondializzate una crisi di sovrapproduzione, simile, per tanti versi, alle crisi cicliche che hanno scandito la storia del sistema di produzione capitalistico nel corso dell’Ottocento (la “lunga depressione” degli anni ‘73-‘96) e del Novecento (la “grande depressione”del 1929).
Dopo il secondo conflitto mondiale che, con l’aumento della domanda pubblica, aveva compensato il crollo dei consumi conseguenti alla recessione, ci si era illusi di aver trovato una soluzione alla contraddizione sistemica tra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti sociali di produzione: la crescita e i consumi sarebbero stati garantiti in eterno dalla obsolescenza dei prodotti (conviene più comprare un nuovo oggetto che riparare l’usato), da campagne promozionali invasive (il desiderio di possedere oggetti provoca infelicità fino al suo soddisfacimento), dalla facilitazione del credito al consumo. La soluzione si è rivelata, oltre che disastrosa per gli equilibri ambientali, di corto respiro. P. Krugman, premio Nobel 2008 per l’economia, ha individuato la causa della crisi recente, ancora una volta, nella sovrapproduzione: quando il 10% della popolazione possiede, come in Italia, il 45% della ricchezza complessiva mentre il 50% dei nuclei a basso reddito detiene livelli modesti o nulli di ricchezza, aumenta l’indebitamento medio delle famiglie ( +29% negli ultimi due anni), i consumi calano (nel triennio 2007-2010 si sono ridotti di 17,6 MD di euro, in Calabria del 7,7%), la produzione crolla (- 20,4%), i lavoratori sono costretti a stare fermi (tra gennaio e novembre 2010, 600.000 sono stati i cassintegrati “a zero ore”) con buste paga decurtate e soldi ( 7.500 euro a famiglia) sottratti ai risparmi e ai consumi. La contrazione della domanda e del PIL ( - 6,3% nel 2008 e 2009 ), insieme alla scandalosa evasione dell’imponibile, stimata in € 320 MD annui, ha comportato minori entrate per lo Stato (nei primi 4 mesi del 2010 sono diminuite di 12 MD ) il cui debito ha raggiunto la cifra record di € 1867,398 MD (ottobre 2010 ) pari al 118,4% del PIL. Ancora più drammatici gli effetti della crisi in Calabria dove è sceso il valore della produzione agricola, gli impianti industriali sono utilizzati al 60%, il volume di vendita del commercio è calato del 7,4%. La crisi si è ripercossa naturalmente sui livelli occupazionali: nel III trimestre 2010 gli Italiani che non avevano un lavoro erano il 38,6% della popolazione attiva (15-64 anni), nel Mezzogiorno il 50%, in Calabria il 57%. Wilkinson e Pickett, due epidemiologi inglesi, nella loro recentissima pubblicazione, “La misura dell’anima”, documentano con dati e diagrammi, che le società più diseguali (USA, Inghilterra, Italia) soffrono maggiormente di malattie sociali: ansia, insicurezza, violenza, droghe, cattiva salute che oltre a rendere infelici comportano un elevato costo sociale. Non c’è dubbio che era necessaria e urgente una inversione di tendenza nei conti pubblici, ma il Governo, piuttosto che incrementare le entrate attraverso una seria lotta all’evasione, piuttosto che tassare i patrimoni finanziari e immobiliari, ha tagliato i trasferimenti alle Regioni, Province e ai Comuni, ha bloccato i contratti pubblici, ha ridotto le risorse per la formazione, istruzione, la ricerca scientifica. Una politica non solo ingiusta, per la distribuzione diseguale dei sacrifici che esaspera la conflittualità sociale, ma che si è rivelata inefficace: nonostante una pressione fiscale in aumento (43,5 % del PIL), la più alta degli ultimi 15 anni, il deficit annuale è aumentato fino al 5,3%, e, quel che è peggio, priva di misure per favorire la crescita. Che fare, dunque? L’impatto catastrofico della logica capitalistica (aumento della produzione e dei consumi all’infinito) sull’ambiente naturale (ogni giorno si registra la scomparsa di un numero di specie, vegetali e animali, compreso tra 50 e 200), impone che l’auspicata ripresa economica proponga produzioni e consumi compatibili con i limiti fisici del pianeta: opere di riassetto idrogeologico, disinquinamento, energie rinnovabili, beni culturali. Gli effetti disastrosi, sulla produzione e i consumi, della concentrazione estrema della ricchezza, impone una redistribuzione del reddito a vantaggio delle classi medie, dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei precari, dei senza lavoro. Pertanto, il reddito minimo, che Azione democratica propone nel Paese e, sperimentalmente, in Calabria, non solo risponde a una domanda di giustizia sociale (il segretario generale dell’OCSE ha dichiarato di recente: “misure di sostegno al reddito sono vitali per scongiurare il rischio di esclusione a lungo termine”), ma svolge una funzione di carattere anticiclico, fornendo risorse aggiuntive per rafforzare la domanda e incentivare i consumi. Le risorse necessarie a finanziare gli investimenti pubblici a tutela dell’ambiente e la legge sul reddito minimo (9 MD di euro nell’ipotesi che i soggetti beneficiari siano 1.500.000), dovranno essere attinte prioritariamente alla fonte dei patrimoni e delle rendite finanziarie. Una tassa del 5% sui patrimoni superiori a 3 milioni di euro aumenterebbe le entrate erariali di 10,5 MD di euro, la tassazione delle rendite al 23%, in linea con quella dei grandi Paesi europei, consentirebbe un introito di 2 MD di euro, la tassazione dello 0,05% sulle transazioni finanziare internazionali, oltre che contrastare la speculazione, solo all’ Italia garantirebbe 4 MD di euro; inoltre, la riduzione del 20% delle spese militari assicurerebbe, in un solo anno, un risparmio di 3 MD di euro. Sarebbero garantiti, così, una ripresa economica di limitato impatto ambientale, un più equa distribuzione delle risorse, diritti di cittadinanza universale.Riccardo Ugolino Pd Azione Democratica - 27.12.2010
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