«Difendiamo il nostro patrimonio nazionale nel nome di Rodotà» Intervista di Maria Francesca Fortunato al prof.Walter Nocito Stampa
Scritto da maria francesca fortunato il quotidiano   

Domani in diversi comuni calabresi, così come nel resto d'Italia, saranno allestiti gazebo e banchetti per la raccolta firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare del Comitato di difesa beni pubblici e comuni "Stefano Rodotà".

Ne abbiamo parlato con Walter Nocito, docente di diritto pubblico dell'Università della Calabria, componente e referente del Comitato nazionale.

Quando è stato costituito il comitato?

«Il Comitato Popolare per la difesa dei beni pubblici e comuni "Stefano Rodotà", di cui faccio parte, è un Comitato di cittadini ed attivisti dei beni comuni nato a Roma, e in altre città italiane, nel 2018. Il Comitato si costituisce subito dopo il drammatico crollo del Ponte Morandi di Genova del 14 agosto 2018, per reagire allo stato di incuria e di cattiva gestione in cui in Italia versano da lunghi anni i beni pubblici, i servizi pubblici, le infrastrutture e il patrimonio nazionale.

Il presidente del Comitato è il professor Ugo Mattei, civilista e gius-comparatista dell'Università di Torino, mentre il vice-presidente del Comitato è il professor Alberto Lucarelli, costituzionalista dell'Università Federico II di Napoli, entrambi ben noti da lunghi anni come teorici e pratici della democrazia dei beni comuni.

Appena nato, il Comitato nazionale per la difesa dei beni pubblici e comuni ha promosso una campagna di tutela dei diritti delle generazioni future (vedi il sito www.generazionifuture.org) al fine di portare alla discussione ed alla approvazione del Parlamento italiano, utilizzando il canale della legge di iniziativa popolare prevista dall'articolo 71 della Costituzione italiana, il testo del disegno di legge della cosiddetta "Commissione Rodotà beni pubblici e comuni" elaborato su mandato del Governo Prodi del tempo».

Che fine ha fatto poi negli anni quel testo?

«La "Commissione Rodotà", operativa nel biennio 20072008. lo aveva depositato in Parlamento senza esiti. Si trattava di una proposta di riforma del Codice Civile italiano in armonia con la Costituzione e in coerenza profonda coerenza con i principi costituzionali di solidarietà e democrazia partecipativa incisi negli articoli 41-47 della Costituzione».

Nello specifico, cosa prevede la "legge Rodotà" sui beni comuni? «È una semplice legge di delega (in un unico articolo facilmente leggibile) nella quale il Parlamento fissa dei nuovi criteri e delle nuove categorie giuridiche per dare una più innovativa ed efficace cornice di legge al regime della proprietà dei beni. I criteri della delega devono essere poi svolti, con decreto legislativo del Governo, il quale avrà il compito tecnico di modificare gli articoli del Codice civile sulla proprietà (gli articoli 810, e 822 e seguenti). La legge Rodotà introduce in particolare i cosiddetti "beni comuni" che si aggiungono ai ben privati ed ai beni pubblici e che servono a tutelare le generazioni future La locandina ma anche le attuali in quanto garantiscono la funzione sociale della proprietà e i fini sociali delle attività di impresa di servizi (pubblici e privati).

La cosiddetta legge Rodotà, inoltre, è utilissima oggi in quanto offre, fra l'altro, una solida base normativa (un riferimento di legge primaria) ai tanti "Regolamenti Comunali per i beni comuni" che alcuni comuni italiani come Rende e Cosenza in Calabria hanno approvato di recente per favorire la partecipazione democratica e la qualità della vita urbana».

Dove e fino a quando si può firmare? «Già è possibile firmare facilmente in tanti comuni calabresi e cosentini (Polistena, Cinquefrondi, Paola, Bisignano, Acquappesa, Villapiana, Casali del Manco, e molti altri), ma il Comitato nazionale, e i gruppi locali, hanno attivato una bella serie di iniziative, un "Firma Day", per la tutela dei Beni Comuni per venerdì 26 luglio.

In decine e decine di comuni saranno attivi banchetti all'aperto per la raccolta delle firme dei cittadini interessati anzitutto a conoscere la proposta e poi a sottoscriverla ufficialmente.

Il numero di firme dalla legge previsto come minimo è di 50mila su base nazionale, ma l'obiettivo politico del Comitato Rodotà è di superare di molto questa cifra così da poter esercitare una forte pressione sul Parlamento e sui presidenti delle due Camere, la Casellati e Roberto Fico, il quale tra l'altro è stato ed è un esponente dei Comitati civici per l'acqua pubblica e i beni comuni operativi dal 2011».

Se la proposta diventasse legge, cosa cambierebbe?

Ci faccia qualche esempio pratico. «La legge rafforza di molto la tutela dei beni che attualmente sono facilmente privatizzabili e sono sfruttabili in forma forzata ed estrattiva (sorgenti termali, cave, fiumi, boschi di alta quota).

Ad esempio sarà meno facile abbattere per mero sfruttamento economico i boschi dell'Appennino (che sono anche usi civici e sui quali la legge agisce), e sarà anche molto più rigoroso il rispetto della natura pubblica delle sorgenti idriche e del ciclo idrico integrato (acquedotti e imprese di gestione dei servizi). Sul regime delle concessioni amministrative di beni pubblici (autostrade, reti ferroviarie, reti del gas, cave, terme, demanio marittimo/spiagge, beni archeologici) saranno individuati adeguati compiti di manutenzione dei beni e delle infrastrutture e soprattutto sarà adeguato il canone di concessione che al momento è troppo a favore dei privati concessionari. Se si pensa al caso del Ponte Morandi del tutto privo di manutenzione si può capire la rilevanza della legge Rodotà in Italia, oggi».

C'è chi, come Paolo Maddalena, ha definito la proposta inattuale, perché si limiterebbe a contenere le dismissioni. Cosa risponde?

«La cosiddetta legge Rodotà non agisce solo sui regimi di inalienabilità dei beni pubblici (demaniali, ma la categoria della demanialità viene superata a regime dal nuovo Codice civile), ma su tutta la loro vita e gestione vincolata alla "funzione sociale" secondo il principio dell'articolo 42 della Costituzione italiana.

Non è poco infine, anzi è rivoluzionaria, l'innovazione sui regimi concessori (amministrazione privata in concessione pluriennale) dei beni/servizi pubblici allorquando si introduce come obbligatorio l'utilizzo anche in sede di fissazione degli obblighi e di rinnovo delle valutazioni di impatto sociale e delle valutazioni di impatto ambientale del bene/servizio».

Quali sono i passaggi previsti dopo il firma day?

«Dopo il Firma day, la raccolta procede fino al 20 agosto. Subito dopo i Comitati territoriali e i Comuni attivati devono inviare al Comitato Nazionale i moduli con le firme certificate negli Uffici elettorali comunali. Successivamente il Comitato Nazionale deposita i moduli presso la Corte di Cassazione per i controlli di legge. A controlli effettuati, inizia l'iter parlamentare dell'iniziativa popolare di legge.

A questo punto, sia il presidente Fico, sia tutti i parlamentari italiani che hanno parlato bene del "fenomeno Greta", dei beni comuni, e delle generazioni future, non avranno più alibi per discutere ad approvare la legge Rodotà. Come hanno detto Mattei e Lucarelli in una lettera indirizzata agli Amministratori Locali italiani, e all'Anci, "crediamo molto in questa campagna anche, se non soprattutto, per essere un esercizio di 'ginnastica democratica' quanto mai necessaria per superare i gravi problemi ecologici e sociali che affliggono il nostro mondo".

Dare un appoggio concreto a questa campagna in corso (# generazioni future) certamente sarebbe un atto civile di grande significato per chi ancora crede nel patrimonio nazionale come fonte di identità, reddito e benessere per tutti. Stefano Rodotà, calabrese illustre, se fosse ancora tra noi, chiamerebbe l'appoggio concreto che stiamo chiedendo a chi firma "una piccola grande buona azione civile". Il 26 luglio ciascun italiano deve fare la sua piccola grande buona azione civile».

Maria Francesca Fortunato - Il Quotidiano del Sud, 25 luglio 2019, pagina 5

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