“verso l'alto Tirreno”- la coesione territoriale- l’industria Stampa
Scritto da mauro d'aprile   

Dopo le pubblicazioni dei due articoli precedenti, del 23 e 26 Luglio, sullo stesso argomento, con cui sono stati illustrati gli accordi sui Settori Scuola e Trasporti Ferroviari stabiliti nella Conferenza Stato-Regioni , si  sottolinea, ancora una volta,  l’importanza che assume per il nostro territorio una Politica di Coesione il cui scopo dichiarato risulta essere la perequazione infrastrutturale,  per superare la disparità di dotazioni,  delle stesse, tra territori.

Tra gli interventi aggiuntivi speciali, che andranno ad integrare i livelli essenziali di prestazioni ( la sanità, l’assistenza  sociale,  l’istruzione scolastica), si sono concordati programmi di finanziamento per le reti stradale, autostradale, ferroviaria; le reti fognaria, idrica, elettrica, del gas; le infrastrutture di porti e aeroporti. Non si fa menzione dello smaltimento dei rifiuti, mentre tra i settori produttivi, fatto salvo quello scontato del primario (Agricoltura), per il fisiologico collegamento al Turismo, cui restano collegati l’Artigianato ed il Commercio, quello dell’Industria sembra essere un settore abdicante dell’intera Regione Calabria, per certi aspetti improponibile e fuori luogo.

Per la nostra area di interesse, l’Alto Tirreno, poi, il discorso sembra precluso per via dell’adozione del Piano di Coordinamento Regionale, cui ha fatto seguito quello Territoriale Provinciale, nella più assoluta solitudine discriminatoria di una classe Dirigente molto lontana dai nostri interessi, con la quale, i nostri rappresentanti, Consiglieri Regionali e Provinciali, senza differenza alcuna, hanno stretto “Patti” nella garanzia della propria sopravvivenza. Entrambi gli Strumenti di Previsione, nel limitarsi a classificare i nostri territori come ambiti di intervento di semplice Recupero Ambientale, di fatto declinano qualsiasi ipotesi di insediamento industriale in Distretti diversi dal Nostro.

Sotto questo aspetto, inoltre, non ha reso giustizia il monitoraggio “Approfondimento: Aree di vitalità industriale del Sud” commissionato dallo stesso Ministro della Coesione territoriale che, seppure nella nobile intenzione di :

“È dunque necessario che la strategia di sviluppo per il Sud sia accompagnata da una focalizzazione su specifiche aree territoriali dove esiste un forte potenziale industriale non pienamente espresso o compresso dall’ottusità burocratica, dall’incapacità amministrativa o dalla criminalità organizzata, “aree industriali vitali”, come qualcuno le ha definite, in grado di saper raccogliere e valorizzare le opportunità offerte dalle nuove specializzazioni produttive offerte anche dalle nuove tecnologie.”

non poteva attualizzare quel Contesto Industriale, presente fino all’altro ieri del Nostro Territorio (Tessile e Manifatturiero prevalentemente) e di cui restano “Vestigia Indecorose” le ampie Aree Dismesse nel proprio tessuto, con Capannoni in gran parte, ancora oggi, riattivabili e ben serviti (Ferrovia Continentale-Strade), se non “storicizzandolo” rispetto all’attualità dell’indagine, che così conclude:

“La riapertura di un divario di crescita fra Sud e Centro Nord durante la lieve ripresa del 2010 ha ricordato a tutti l’importanza dell’industria. Difatti, in presenza di una forte ripresa delle esportazioni (circa il 13% in più, a prezzi correnti, nei primi nove mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) che hanno costituito l’unico volano di crescita dell’economia italiana, il Sud paga il fatto di contribuire solo per il 10% alle esportazioni manifatturiere nazionali. A una più modesta presenza dell’industria si accompagna una sua minore propensione all’esportazione: ad esempio, nelle medie imprese industriali rilevate da Mediobanca solo il 22% del fatturato è esportato contro il 39% nel Centro Nord.

Una volta individuate queste agglomerazioni potenziali non si tratta di costruire nuove zone “franche da qualche cosa”, ma di porre un’attenzione ancora più forte sull’attuazione delle azioni orizzontali e, soprattutto, di accompagnarle con un rafforzamento dei servizi collettivi (scuola, mobilità, sicurezza, amministrazione etc.) espressamente disegnato – o, come hanno scritto Banca d’Italia e il Presidente Giorgio Napolitano, “applicato” – per quel territorio. Nell’individuare queste “agglomerazioni potenziali” non pare appropriato tornare ad avviare analisi o selezioni. È piuttosto opportuno partire da una semplice ricognizione sia delle agglomerazioni industriali esistenti (grandi imprese, sistemi di medie e di piccole imprese) e di alcuni importanti centri di ricerca di eccellenza, sia degli interventi pubblici, anche di incentivazione, già in atto, da considerare come “invarianti” di un’azione che deve essere urgente. Al fine di individuare queste agglomerazioni in modo geo-referenziato è stato realizzato un confronto fra esperti delle vicende industriali del Sud con il fine di raccogliere spunti, valutazioni e indicazioni sulle agglomerazioni industriali, sugli interventi già in atto e sulle iniziative private in corso che appaiano di particolare interesse per la strategia indicata.
Sono stati individuati alcuni Sistemi Locali del Lavoro (SLL) rilevanti dal punto di vista della propensione all’
export: nell’insieme, gli SSL individuati (in Abruzzo, in Campania, in Puglia, in Sicilia, in Basilicata e in Sardegna; non sono presenti SLL Molisani o Calabresi) risultano contribuire per circa il 75% alle esportazioni del Mezzogiorno.

Tutto quanto questo accade quando, malgrado le crisi finanziarie, si apre il più importante sportello di credenziale di Economia Reale Europea: Le tecnologie abilitanti fondamentali, un ponte per la crescita e per l'occupazione, attività che non richiedono ampie superfici.

L’Europa è un leader mondiale nello sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali (abbrev. KET, dall'inglese Key Enabling Technologies) e ha tutti i numeri per mantenere tale posizione. Dispone inoltre di un notevole vantaggio competitivo: è l'unica regione al mondo in cui sono sviluppate tutte e sei le KET (micro/nanoelettronica, nanotecnologia, fotonica, materiali avanzati, biotecnologia industriale e tecnologie di produzione avanzate). Nel corso degli anni, grazie alla sua forte base di R&S (Ricerca e Sviluppo), l'Europa ha realizzato progressi in tutte e sei le KET, mantenendo una posizione di preminenza con il 32% delle domande di brevetto a livello mondiale fra il 1991 e il 20081. Tuttavia, nonostante questi punti di forza, l'UE non mette a frutto la sua base di conoscenze. La sua principale debolezza sta nell'incapacità di trasformare la sua base di conoscenze in beni e servizi, mentre i suoi brevetti sono sempre più sfruttati al di fuori del suo territorio.

La necessità di intervenire rapidamente è dimostrata anche dai recenti sviluppi nell'industria delle macchine utensili, uno dei principali settori di applicazione delle KET: la quota europea della produzione complessiva è scesa dal 44% del 2008 al 33% del 2010, a vantaggio dei concorrenti asiatici, in particolare della Cina (compresa Taiwan) e della Corea. La mancanza di una produzione in rapporto con le tecnologie KET è ancora più pregiudizievole per l'UE per due ragioni: in primo luogo, nel breve periodo andranno perse opportunità di crescita e di creazione di posti di lavoro; in secondo luogo, nel lungo periodo questa situazione rischia di compromettere la capacità di generare conoscenze, giacché R&S e produzione sono strettamente legate, si rafforzano a vicenda e, di conseguenza, si trovano spesso in stretta prossimità reciproca.

La Commissione europea ha pertanto pubblicato un piano d’azione per promuovere le tecnologie abilitanti fondamentali. La Strategia europea per le tecnologie abilitanti – un ponte verso la crescita e l’occupazione contiene una strategia e misure concrete volte a conseguire quattro obiettivi principali:

  • focalizzare le politiche dell'UE nel prossimo quadro finanziario pluriennale sulla ricerca e l'innovazione e sulla politica di coesione, e fare sì che le attività di prestito della BEI siano in via prioritaria dirette a favorire l'applicazione delle KET;
  • coordinare le attività UE e nazionali in modo da ottenere sinergie e complementarità tra tali attività e, quando necessario, una condivisione delle risorse;
  • predisporre semplici ed efficaci strutture di governance, in particolare un gruppo di coordinamento in seno alla Commissione e un gruppo consultivo esterno per le questioni relative alle KET, che consentano un'agevole attuazione delle politiche a favore delle KET e lo sfruttamento di sinergie a vari livelli.
  • mobilitare gli strumenti commerciali esistenti al fine di garantire una concorrenza leale e condizioni di equità sui mercati internazionali.

Definizione di prodotto basato sulle KET

Un prodotto basato sulle KET è:

  • un prodotto che permette di mettere a punto beni e servizi e di accrescerne il valore commerciale e sociale complessivo;
  • costituito da componenti che sono basati sulla nanotecnologia, sulla micro/nanoelettronica, sulla biotecnologia industriale, su materiali avanzati e/o sulla fotonica e, ma a titolo non limitativo,
  • prodotto per mezzo di tecnologie di fabbricazione avanzate.

Potenzialità delle KET per l'occupazione e le sfide sociali

Le KET costituiscono l'indispensabile base tecnologica per tutta una serie di applicazioni produttive, comprese quelle necessarie a:

  • sviluppare tecnologie a bassa emissione di carbonio,
  • migliorare l'efficienza energetica e delle risorse,
  • contribuire ad arginare il mutamento climatico, oppure
  • promuovere un invecchiamento sano.

Le KET alimentano in svariati modi e in molti settori la catena del valore industriale. Creano valore nell'intera catena: dai materiali, attraverso gli impianti e i dispositivi, ai prodotti e ai servizi. Negli anni a venire le KET avranno un ruolo cruciale nel consolidamento e nella modernizzazione della base industriale e saranno il volano dello sviluppo di settori completamente nuovi.

Si ritiene che dalle piccole e medie imprese (PMI) deriverà in futuro la maggior parte dei posti di lavoro. Ad esempio, nel settore della fotonica la maggior parte delle 5.000 imprese europee è costituita da PMI. In Germania, sono PMI l'80% circa delle imprese operanti nel campo della nanotecnologia. Nel solo settore delle nanotecnologie, il numero complessivo degli occupati nel 2008 è stimato in 160.000, cifra che corrisponde a un aumento del 25% rispetto al 2000. Secondo le previsioni, l'occupazione nel campo della nanotecnologia dovrebbe crescere fino a raggiungere nel 2015 in Europa le 400.000 unità, in gran parte impiegate nelle PMI. Il settore della microelettronica e della nanoelettronica e le sue naturali industrie a valle nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno creato in Europa oltre 700 000 posti di lavoro supplementari nel corso dell'ultimo decennio, con una tendenza verso posti di lavoro più orientati ai servizi e altamente qualificati e una rapida ripresa dopo la crisi. La biotecnologia industriale è stata riconosciuta come la KET guida della bioindustria. (Continua) Mauro D’Aprile. ex Sindaco - 21.11.2012

 

 

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