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pandemie, produttivismo, convivialità PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   
Lunedì 26 Ottobre 2020 08:39

Le cause  prime delle pandemie sono la devastazione degli ecosistemi e le disuguaglianze. Solo un nuovo modello  sociale, che abbia come fine l'uomo e non il profitto, potrà salvarci dalle pestilenze, dalla fame e dalle guerre.

Sempre più accesa è la discussione sulle cause della pandemia: un virus creato in laboratorio, le polveri sottili, il commercio di animali esotici. Altrettanto vivace è il dibattito sui provvedimenti che le Autorità, di volta in volta, adottano : il distanziamento sociale, le zone rosse,  il lockdown.

A nessuno interessa, però, all'infuori di una ristretta cerchia di studiosi, ricercare le cause prime di questa pandemia, Covid-19, e delle altre che hanno funestato la storia dell'umanità: peste, sifilide, vaiolo, colera, e in tempi più recenti, la Spagnola ( 1918-1920), l' HIV ( anni '20), L’ Ebola(1976), la Mucca pazza(1986). Ciascuna di queste pandemie, che nel corso dei secoli hanno provocato infiniti lutti, ( si stima che le varie epidemie di peste susseguitesi dall' Impero bizantino di Giustiniano fino alla fine dell'Ottocento abbiano causato circa 50 milioni di morti), è stata attribuita, a volte, a cause sovrannaturali : 3000 anni fa era Apollo a scagliare frecce avvelenate contro i Greci che assediavano Troia, dopo ( I sec d.C.) ci furono quelle dell'Arcangelo nell'Apocalisse cristiana. Altre volte i responsabili furono individuati in forze oscure e demoniache: maghi, streghe, divinità pagane, che premevano su borghi e città dai boschi e dalle montagne circostanti. Oppure nelle minoranze etniche e religiose: Rom, Ebrei, o in semplici «untori», come nella peste manzoniana (1630).

Solo alla fine dell'Ottocento, il microscopio ha rivelato l'esistenza della virosfera : milioni e milioni di specie viventi, virus, batteri, funghi, in gran parte sconosciuti o poco compresi dalla scienza. Ma quando e perché questi organismi viventi, un batterio o un virus nella maggior parte dei casi, che si annidano in una o più specie animali-serbatoi senza provocare alcuna malattia, compiono il salto di  specie (Spillover lo definisce D.Quammen nell'omonimo bestseller), divenendo, con il contagio da uomo a uomo, rabbia, mucca pazza, aviaria ...?

Queste malattie infettive, zoonosi, trasmesse dagli animali  agli  uomini, convivono da sempre con la nostra specie, considerato il suo stretto contatto con gli animali, per ragioni di caccia, allevamento e compagnia.

È la virologa Angela Capua, di recente,  a  spiegare  che il morbillo risale al neolitico, circa 10mila anni fa, con la prima domesticazione dei bovini.

E sicuramente  zoonosi erano le malattie a protezione delle quali in Anatolia si invocava un certo Aplu, dio della peste, venerato ancora prima, circa 5000 anni fa, tra gli Ittiti.  Anche la peste nera fu trasmessa agli uomini da topi e pulci, giunti a Messina, nel 1347, a bordo di navi genovesi, veicoli allora del commercio mondiale. Anche la Spagnola , che causò 50 milioni  di morti e 500 milioni di contagi, fu una zoonosi, trasmessa all'uomo  da uccelli acquatici selvatici...

E poi l'HIV, migrata dal serbatoio dei primati a quello umano con ancora 40 milioni di persone infettate, e l'Ebola,  i cui virus hanno come serbatoio i pipistrelli.

Si potrebbe pensare che queste pandemie, che hanno accompagnato la storia dell'umanità  sin dalle origini, ma con maggiore frequenza in età moderna, siano accadimenti  non correlati, alla stregua di terremoti,  eruzioni vulcaniche, meteoriti, insomma tragiche ma naturali calamità.

Non è così: c'è una stretta correlazione fra queste malattie e le azioni dell'uomo;  esse sono conseguenza di una crisi planetaria che è ecologica e sociale insieme. " Là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come la polvere che si alza dalle macerie", scrive Quammen, e noi umani, che negli ultimi 30 anni siamo raddoppiati di numero, diventiamo i loro naturali bersagli.

Sono, quindi, le attività umane finalizzate al profitto individuale: deforestazione, monocolture, urbanizzazione  selvaggia e consumo del suolo, inquinamento, mutamenti climatici, che, disintegrando i vari ecosistemi, creano sempre nuove occasioni di  contatto con i patogeni, che i nostri modelli sociali,                  ( megalopoli), e le nostre tecnologie,  ( trasporti ultrarapidi), contribuiscono a diffondere in modo veloce e generalizzato.

Trasferendosi nel corpo umano, i patogeni possono trovarsi in  simbiosi con il nuovo ospite e restarsene quiescienti, ma può anche accadere che si rivelino devastanti, provocando malattie, replicando a dismisura e contagiando altre persone.

Pertanto è necessario salvaguardare gli equilibri ambientali, riconoscendo che i sistemi biologici interagiscono e vanno quindi considerati nel loro insieme, ma per contenere la diffusione dei contagi bisogna abbattere le disuguaglianze: la povertà, che non consente a tutti l'accesso all'acqua potabile, a una sana alimentazione, alle vaccinazioni, alle diverse cure, rappresenta un terreno fertile per lo sviluppo e la diffusione delle malattie.

In conclusione, solo un nuovo modello di società, che ponga al centro l'uomo e non il profitto, solo una nuova "convivialità ", per usare l'espressione  di un grande teologo cristiano, potranno liberare l'umanità  «a peste, a fame, a bello».

Riccardo Ugolino - 26.10.2020

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