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Come un tempo. Ripartire dagli ultimi PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   

Erano quarant'anni che non si registravano, nelle carceri italiane, rivolte così violente e diffuse: detenuti sui tetti, incendi in alcuni bracci, evasioni di massa. Dall'entrata in vigore della Legge Gozzini(1986),

alla popolazione detenuta sono stati offerti strumenti diversi per la tutela dei propri diritti, e la prigione, per quanto spesso disumana, non costituiva un destino inevitabile e ricorrente ma una faticosa tappa nel processo di reinserimento sociale e di emancipazione personale. Perché, allora, si ripropongono, a distanza di tanti anni, forme di protesta così violente? Un motivo è da individuare nella misura, suggerita in ambito domestico, imposta nei luoghi pubblici, per prevenire il contagio da coronavirus: la distanza di almeno un metro da altre persone.

Se solo si riflette sul sovraffollamento delle carceri (+119% sulla capienza regolamentare, spesso artatamente gonfiata computando anche gli spazi comuni), se solo si riflette sulla costrizione a svolgere in promiscuità gli atti più elementari della vita quotidiana: mangiare, dormire, lavarsi, andare in bagno, non c'è da stupirsi se la paura del contagio, la percezione di essere dalle istituzioni pubbliche provoca reazioni terribili.

Ma la rivolta scoppiata in questi giorni, in circostanze eccezionali, covava da tempo, trovando la sua ragion d'essere nel disagio crescente della popolazione carceraria (53 suicidi nel 2019, un detenuto ogni settimana, 100 guardie penitenziarie suicide negli ultimi 10 anni). Ricordiamo che la legge Gozzini, ispirata alla fede, laica e religiosa, nella capacità di riscatto della persona umana, si proponeva di attuare la funzione costituzionale della pena( art.27): realizzare percorsi di inserimento sociale alternativi alla cruda carcerazione ( lavoro all'esterno, permessi-premio, detenzione domiciliare, affidamento ai servizi sociali).

Purtroppo, quella legge, nonostante i buoni risultati raggiunti, dal 1991 al 1998 su 240.090 detenuti ammessi ai benefici solo 1.694( 0,74%) sono evasi, non esiste più, deformata da controriforme inutilmente repressive, con le quali la società politica ha rincorso emozioni e umori della società civile ( populismo). Non è un caso che la riforma delle carceri, ispirata dal giurista Glauco Giostra, che contempla forme di giustizia riparative, sia stata congelata nel 2018, prima delle elezioni politiche, temendo i partiti una reazione negativa dell'opinione pubblica.

La questione carceraria è solo un aspetto della , come dice Papa Francesco ( Il Sole 24 ore, 5 novembre 2016), che ha travolto migranti, lavoratori, poveri. Come sempre accade , d'altronde, ogni qual volta la società è sottoposta a forti tensioni. Accadde in Polonia nel settembre 1942, quando, di fronte alla "necessità" di una rappresaglia, il sindaco polacco e gli ufficiali tedeschi si accordarono per fucilare stranieri e poveri.

È accaduto con la crisi del 2008 : lo Stato, sempre più " leggero", ha abdicato alla funzione costituzionale di redistribuire la ricchezza, tagliando la sanità, l'istruzione e la ricerca, i servizi sociali per detenuti, migranti, disabili, dipendenze. Non deve accadere oggi; la prevenzione e la cura dalla pandemia devono essere garantite a tutti, a partire dai più esposti: anziani, malati cronici, senza tetto, lavoratori dell'industria, detenuti, per i quali occorrono provvedimenti urgenti, non esclusi l'indulto e l'amnistia. Non dovrà mai più accadere.

Ed è proprio dagli ultimi che la Sinistra dovrà ripartire, ponendo la persona umana come fine ultimo dell'economia e della lotta sociale e politica. Quando sarà diventata senso comune la consapevolezza che il nostro ( Evangelii gaudium,Papa Francesco), potranno essere sconfitti il culto delle privatizzazioni e del settore privato, le disparita crescenti tra ricchi e poveri, l'ossessione per la ricchezza.

Riccardo Ugolino Dirigente PD - 13.03.2020

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