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la maieutica del Capo dello Stato… PDF Stampa E-mail
Scritto da paolo carrozzino   
Lunedì 04 Giugno 2018 09:14

Negli ultimi giorni si è discusso ampiamente delle prerogative del Capo dello Stato, in particolare per ciò che concerne la formazione del Governo, con il previsto potere, attribuito in capo, proprio, al Presidente della Repubblica, di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri

«e, su proposta di questo», dei ministri (art.92, co.2, Cost.); il dibattito è stato composito ed ha affrontato una pluralità di questioni, la principale delle quali ritengo sia: può il Presidente della Repubblica non condividere e, poi, non accettare la proposta di nomina di un ministro formulata dal Presidente del Consiglio incaricato?

Nel caso, è accaduto che il Presidente della Repubblica, dopo non aver condiviso, né accettato la proposta formulata dal Presidente del Consiglio incaricato per il ministero dell’economia, sollecitasse il capo dell’Esecutivo in pectore ad indicare per il medesimo Ministero «un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma. Un esponente che – al di là della stima e della considerazione per la persona – non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano» (dichiarazione del Presidente Mattarella del 27/5/2018); a fronte di tale richiesta, indisponibile ad ogni altra soluzione, il Presidente del Consiglio incaricato rimetteva il mandato.

Credo che il Capo dello Stato abbia esattamente agito all’interno delle prerogative che gli vengono affidate dalla Carta Costituzionale.

Alcuni punti fermi sono sussumibili direttamente dal Testo costituzionale; è una disposizione costituzionale (art.92, co.2), infatti, a: 1) conferire al Capo dello Stato il potere di nomina dei Ministri; 2) impedire che il Presidente della Repubblica scelga autonomamente (ed in solitudine) i Ministri, ovvero che a fare ciò sia il Presidente del Consiglio incaricato; 3) prevedere che la scelta dei componenti dell’Esecutivo avvenga, direi, di concerto, tra il Presidente del Consiglio incaricato ed il Presidente della Repubblica, con il primo che «propone» (non indica, né impone, né consiglia, né suggerisce…) ed il secondo che, dopo attenta valutazione, «condivide ed accetta» la proposta, sottoscrivendo, infine, i decreti di nomina dei Ministri, i quali decreti, poi, dovranno essere controfirmati dal Presidente del Consiglio nominato.

Il Presidente della Repubblica, inoltre, «collocato dalla Costituzione al di fuori dei tradizionali poteri dello Stato e, naturalmente, al di sopra di tutte le parti politiche…dispone…di competenze che incidono su ognuno dei citati poteri, allo scopo di salvaguardare, ad un tempo, sia la loro separazione che il loro equilibrio» (Corte Cost., Sent. 1/2013); è, in sostanza e dunque, titolare di un potere neutro e mediatore (Benjamin Constant), ma non per questo afono od addirittura meramente notarile.

Invero e nel frangente, l’agire della Presidenza della Repubblica, a mio modesto avviso, non ha mai oltrepassato il confine della legalità costituzionale, risultando così infondata ed irrazionale (se non del tutto bizzarra) la pure ipotizzata messa in stato d’accusa del Capo dello Stato (ex art.90 Cost.).

A sostegno ed oltre a quanto appena detto, credo opportuno precisare che:

a) la modalità di elezione del Presidente della Repubblica (maggioranza qualificata dei componenti delle Camere riunite in seduta comune con la partecipazione, in aggiunta, di tre delegati per Regione – uno per la Valle d’Aosta – nei primi tre scrutini e, poi, nei successivi, assoluta – art.83 Cost.), la durata del suo mandato (sette anni – art.85 Cost. – diversa e maggiore rispetto a quella prevista per le Camere, di cinque anni), nonché l’incompatibilità di tale Ufficio con qualsiasi altra carica (art.84 Cost.), fanno sì che il Capo dello Stato non sia, né possa essere ritenuto direttamente rappresentativo di alcuna maggioranza parlamentare (e, in questo senso, sarebbe opportuno discutere della legittimità costituzionale di quelle formule elettorali che dispongono un premio di maggioranza, anche in presenza di una soglia minima di voti ottenuta da una lista o coalizione di liste), con l’effetto che questi risulta unicamente il rappresentante dell’unità nazionale (art.87 Cost.) e, in questa veste, titolare del dovere/potere di garantire l’intero impianto sistemico della Costituzione;

b) è la Costituzione (art.1) a prevedere che la sovranità appartenga al popolo, il quale la esercita «nelle forme e nei limiti» del Testo costituzionale (è esercizio di sovranità, per esempio, l’elezione del Presidente della Repubblica ad opera dei parlamentari e dei delegati regionali – in questo senso, immaginare l’elezione diretta del Capo dello Stato in una forma di governo parlamentare come quella italiana vigente, senza ulteriori e contestuali, se non del tutto preliminari, modifiche della Costituzione, appare, a mio avviso, illogico ed incoerente, soprattutto per la funzione che il Presidente della Repubblica svolge nel nostro ordinamento);

c) è la Costituzione a consentire, «in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo» (art.11 Cost.);

d) è la Costituzione che «incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme» (art.47 Cost.);

e) è, ancora, la Costituzione a prevedere che il potere legislativo debba essere esercitato «dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» (art.117 Cost.), rilevando, a tal proposito, che il Presidente della Repubblica «…ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere» (art.87 Cost.).

Insomma, il complessivo quadro appena descritto, in una situazione in cui, peraltro, il Presidente del Consiglio incaricato (e non altri) ha interrotto il procedimento di nomina dei Ministri (non concertando, ma volendo imporre la nomina del Ministro dell’Economia), procedimento già indebolito da dichiarazioni pubbliche dei capi politici dei partiti/movimenti sostenitori della maggioranza parlamentare nascente che prefiguravano lo scontro istituzionale qualora il Presidente della Repubblica avesse rifiutato la nomina del Ministro proposto, nonché dal fatto, reso palese dagli stessi attori della medesima maggioranza politico-parlamentare, che il Presidente del Consiglio incaricato fosse un “esecutore di temi” (non “unus inter pares” e, men che meno, “primus inter pares”, al punto che lo stesso, forse, neppure potrebbe considerarsi un “pares” tra l’On. Di Maio ed il Sen. Salvini), depone, a mio avviso, per un coerente esercizio dei poteri presidenziali da parte del Capo dello Stato in carica, divenuto, per lettera e spirito, baluardo invalicabile della Costituzione.

Capo dello Stato che, moderno Socrate, ha avuto, infine, la capacità, la pazienza e la perseveranza di attendere il “parto” del Governo Movimento 5 Stelle-Lega: ha persuaso e motivato, non imposto; ha immaginato, con “ironia”, Governi neutrali e di servizio; ha “tirato fuori”, quindi, dai due azionisti della maggioranza parlamentare l’unica “verità” che nei fatti li accomuna: la voglia di governare.

Paolo Carrozzino - 04.06.2018

 

 

 

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