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fgli di un dio minore PDF Stampa E-mail
Scritto da antonello troya   
Sabato 12 Maggio 2018 07:41

Una cosa è certa: il paesello ridente, con la sua storia millenaria, i suoi mosaici, le sue chiese, le sue bellezze non ci ha fatto una gran bella figura. A poco serve l’ironia che ognuno di noi ha mostrato sui social.

Il Giro d’Italia, che abbiamo tanto atteso, sognato, agognato, ha mostrato tutta la sua nuda e cruda realtà: ovvero nel panorama turistico, imprenditoriale non contiamo nulla. Oggettivamente e permettetemi anche soggettivamente. Non presentiamo una strategia in grado di valorizzare il “poco” che abbiamo. Mancano progetti, se non quelli che arrivano da parte di privati che, con enormi sacrifici, portano avanti. Non prendiamo parte a borse del turismo, né prendiamo contatti con promoter e agenzie internazionali in grado di mettere a fuoco le bellezze nostrane. Mancano i soldi. È vero. Ma poi escono per altre iniziative o per mettere mano a mancanze amministrative. Giochi di bilancio che d’altra parte ogni amministrazione è tenuta a fare, per far quadrare i conti. Non credo che ci siano addizionali da imputare a questa amministrazione o a quelle passate. Ognuno con i suoi debiti o crediti. Morali e non. Non godiamo di una certa familiarità con le aziende, quelle grosse intendo, quelle che ti spostano migliaia di persone, con la pensione assicurata e che prendono champagne al posto della coca-cola. Il Giro d’Italia ha evidenziato grosse lacune. Ha toccato un nervo scoperto. Ha dato il colpo di grazia ad una malato moribondo. È come avviene quando vai a scuola e non hai studiato. Il caso vuole che l’insegnante chiami proprio te per essere interrogato. E finisci per capire che forse avresti dovuto mettere testa e pensiero sui libri, invece che perdere tempo. Il Giro è passato da Belvedere. Probabilmente la scaltrezza ha permesso di poter godere di qualche ora di Carovana Rosa a costo zero. E ciò è l’unica cosa che al danno non fa aggiungere la beffa. Ma beffati della pubblicità al momento dell’arrivo in città, si. Di essere chiamati con il nome di Diamante, si. E non per una forma di ineludibile gelosia, ma perché il nostro va difeso. Ad ogni costo. Avremmo voluto che almeno un passo fosse stato fatto da chi avrebbe dovuto proteggere l’immagine, la cultura e le conoscenze sapienti di questo territorio. Ci accontentiamo di ironia fuori luogo dettata da una sapiente arroganza che permette di dire e fare tutto. Il limite a queste debolezze di potenti sfigati ce lo mettiamo noi, anche a tentativi beceri di denigrare il giusto. Non ci tireremo indietro nello scrivere di ciò che non funziona a Belvedere, ma anche di ciò che funziona. E se qualcuno fa foto alle buche, ben venga. Se parlare di rifiuti, ambiente, turismo, bilancio porta a soluzioni, ad affrontare il problema, mettendoci la faccia, allora sarà tenuto nella giusta considerazione. In tanti hanno fatto il loro tempo. Non abbiamo bisogno di elucubrazioni o pasticci volti a quantificare uno o l’altro politico, se poi di politica si tratta. Abbiamo bisogni di menti fresche: di un “nuovo che avanza” che sia in grado di convogliare le forze attive del paese, altrimenti sarà un nuovo Giro d’Italia.

Antonello Troya - 12.05.2018

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