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invalidità concessa con giustizia ed equità? Non sempre…solo se si è "nelle grazie di qualcuno"! PDF Stampa E-mail
Scritto da giuseppe d'aprile   

"Le scrivanie degli Uffici Legali sono inondate di casi di persone che, pur presentando patologie tumorali gravissime, talune in fase terminale, si vedono negare dalle competenti Commissioni ASL ed INPS ciò che spetta loro di diritto".......

Fin dal 2004, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10212 del 27 maggio di quell’anno, ha affermato alcuni principi di fondamentale importanza nell’ambito del riconoscimento delle provvidenze economiche di invalidità civile ai soggetti affetti da malattie oncologiche.

Secondo la Suprema Corte, i malati oncologici, specialmente quelli che si sottopongo a cicli di chemioterapia, hanno diritto, anche durante il ricovero ospedaliero (cfr. successiva sentenza della Corte di Cassazione n. 2770 del 02.02.2007), al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, anche se per un periodo limitato nel tempo.

Richiamando dati di fatto già ampiamente dimostrati da numerosi oncologi e specialisti in materia, la Suprema Corte ha riconosciuto che le malattie oncologiche, specialmente se accompagnate da cicli di chemioterapia, sottopongono il paziente a situazioni a dir poco devastanti, determinando – anche a causa dei gravi effetti collaterali della chemio – la compromissione dell’autonomia personale del soggetto, il quale accusa, in un simile stato di cose, grandi difficoltà a compiere gli atti quotidiani della vita.

È pur vero che con una successiva sentenza del 22 ottobre 2008, n. 25569, la stessa Corte di Cassazione ha riconosciuto alle Commissioni Mediche ASL ed INPS incaricate dell’accertamento dei requisiti per il riconoscimento delle minorazioni civili un minimo margine di discrezionalità, invitandole ad esaminare caso per caso l’entità dei danni provocati dalla malattia tumorale e dai cicli chemioterapici.

Tuttavia, appare evidente come una persona, affetta da patologie, le malattie oncologiche, spesso estremamente gravi e talora progressivamente ingravescenti, specialmente se sottoposta a forti cicli di chemioterapia, nella stragrande maggioranza dei casi purtroppo perda – anche se per un periodo di tempo limitato a pochi mesi o settimane – la propria autonomia non essendo dunque più in grado, in quel dato lasso di tempo, di adempiere agli atti della vita quotidiana.

Nelle ultime settimane, le scrivanie degli Uffici Legali, sono inondate di casi di persone che, pur presentando patologie tumorali gravissime, talune addiritura in fase terminale, si vedono negare dalle competenti Commissioni ASL ed INPS ciò che spetta loro di diritto, cioè il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento quale invalido civile almeno per il periodo della chemioterapia, se non anche per periodi ulteriori dal momento che la Cassazione non preclude neppure questa possibilità.

Un doveroso appello alle Commissioni Mediche ASL ed INPS, affinché si sforzino, nonostante il Governo centrale continui a chiedere di tagliare sulle spese e dunque anche sulle prestazioni di invalidità civile, di riconoscere sempre, con giustizia ed equità, quanto spetta alle persone disabili, specialmente ai disabili oncologici, che vivono una situazione particolarmente angosciante di sofferenza e di disagio personale e familiare.

L’indennità di accompagnamento può essere concessa anche per periodi circoscritti nel tempo purché ricorrano le condizioni richieste dalla legge. Ciò vale anche per il malato che si deve sottoporre al trattamento chemioterapico quantomeno per il periodo delle cure.   L’indennità di accompagnamento è una misura assistenziale pensata per tutti i cittadini, di qualsiasi età e a prescindere dal reddito. Come prevede la legge essa ha due presupposti: l’impossibilità a camminare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o l’incapacità a svolgere tutti gli atti quotidiani della vita come alimentarsi, prepararsi i cibi, provvedere alla propria igiene personale, vestirsi e andare a dormire.

Questa lunga premessa in quanto investito da una esperienza familiare in tal senso.

È di gran lunga noto a tutti cosa succede relativamente al tema in questione: finti disabili, finti invalidi che danno vita ad un sistema di assistenzialismo sanitario senza precedenti.

Purtroppo esercito un lavoro che mi porta ad affermare con fermezza quanto detto, assumendomene le relative responsabilità.

Ebbene, recarsi a visita presso la competente commissione ASL prima ed INPS dopo, senza dare vita a segni di cedimento per una mera dignità personale (mi riferisco a malessere celato, a spossatezza nascosta, solo per scelta personale e direi ad un tipo di cultura e mentalità che ormai pochi conservano), senza "farsi raccomandare", pur potendolo fare, perche' degni di una vita vissuta all'insegna dell'onesta'..........se tutto questo viene frainteso tanto da suscitare una reazione del tipo "ha un tumore in stadio avanzato, fa la chemio, e' devastata moralmente, fisicamente e psicologicamente..........ma cammina, non ha bisogno di accompagnatore"!

a questo rispondo : la legge e' uguale per tutti e' un'utopia!!!!

Vogliamo vivere ancora così?

Bene, non è per me ma è per tutti coloro i quali di questo tipo di cultura ne fanno tesoro per speculare moralmente sulla onesta' di coloro i quali ne fanno (dell'onesta') una ragione di vita!!!!!!

Caro amico che leggi puntualmente e commenti puntualmente i miei post su questo sito, e' una battaglia persa!

Mi auguro che, al contrario, questo mio sfogo personale venga letto da chi la pensa diversamente da me, in modo da instaurare un dibattito pubblico..........resto in attesa! Giuseppe D'Aprile - 17.11.2014

L'uomo virtuoso farà quello che ritiene onesto anche se gli costerà fatica, anche se lo danneggerà o sarà rischioso; non compirà, invece, un'azione indegna, anche se gli procurerà denaro o piacere o potenza: niente lo distoglierà dal bene, niente lo indurrà al male. Quindi, se perseguirà sempre l'onestà, eviterà sempre la disonestà e in ogni azione della sua vita terrà presente questi due principî, non c'è altro bene che l'onestà, non c'è altro male che la disonestà.

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65

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