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un ricordo del prof.Saccomanno, costituzionalista critico PDF Stampa E-mail
Scritto da walter nocito   

A sette anni dalla prematura scomparsa del prof. Albino Saccomanno, avvenuta nel novembre  del 2005, è stata presentata all’Unical l’opera collettanea dal titolo Scritti in memoria di Albino Saccomanno, (Aracne, 2013),

opera curata da Paolo Stancati e dei professori Albino, Amirante, Cerri, Gambino, Mazzitelli, Rolli e Siclari. La pubblicazione dell’opera è stata finanziata dal Dipartimento di Scienze Giuridiche “Costantino Mortati” cha ha cessato di esistere da meno di un anno e che, nello spirare, ha dedicato un lampo, prezioso, di attenzione alla figura del prof. Saccomanno, già Professore di ‘Istituzioni di diritto pubblico’ presso la Facoltà di Economia, e tra i più determinati promotori della nascita del Dipartimento di Scienze Giuridiche in Unical.

Il volume collettaneo è  dedicato ad una figura di studioso che – in quella sede molti lo hanno ricordato - al rigore scientifico ha sempre associato l’interesse per i problemi connessi all’organizzazione della ricerca e al governo dell’università italiana. E infatti molti fra i contributi inclusi negli Scritti accomunano le doti dell’uomo e quelle dello studioso; operazione dovuta, condivisa e, si potrebbe dire, anche desiderata da coloro che ebbero modo di apprezzarne la dedizione e l’impegno. L’iniziativa è stata dunque utile per ricordare, attraverso la testimonianza dei colleghi, non solo la grande passione del prof. Saccomanno ma anche il rigore con cui ha caratterizzato sua attività accademica, e le non comuni doti di disponibilità e di immediatezza sempre dimostrati in ogni rapporto (con gli studenti, i colleghi, i lavoratori dell’Unical, i concittadini, ecc..).

La presentazione dell’opera ed il ricordo del professore è stata un’occasione di memoria pubblica ‘non neutra’, e a tratti toccante. Ricordandone “l’approccio diretto ed anti-accademico”, Carlo Amirante,  Luca Albino e Silvio Gambino hanno evidenziato le qualità di docente del prof.  Saccomanno, sottolineandone la produzione scientifica costituita da vari saggi dedicati ai temi della giurisprudenza costituzionale, dell’università, dell’autonomia regionale, delle ‘costituzioni provvisorie’ del 1946 (e da due monografie: Autonomia universitaria e Costituzione (1989) e La Corte Costituzionale fra organizzazione e procedimento (1997)).

La cronaca della presentazione di un opera non è  certo la sede più idonea per tratteggiare, e stilizzare, la figura intellettuale di uno studioso; ma se a chi scrive fosse concessa la possibilità di poter dedurre un orientamento metodologico dall’insegnamento di Albino Saccomanno, questo potrebbe essere una netta avversione alla de-formalizzazione del discorso giuridico (e del linguaggio giuridico) e a quelle che di detta de-formalizzazione sono le cause (tra cui: eclettismo dei metodi, soggettivismo interpretativo, frammentazione e dispersione della comunità dei giuristi). E ciò perché il costituzionalista critico deve essere poco disponibile verso quell’irenismo, e verso quell’eclettismo metodologico, per i quali il diritto trascolora dal ‘diritto mite’ al ‘diritto debole’, dal normativismo alla soft law, dall’uguaglianza alla ‘pari opportunità’.

All’opposto, dall’insegnamento di Saccomanno è ben possibile derivare come il formalismo può e deve  esser coniugato con un metodo di ricerca, e di riflessione (giuridica), quanto più ‘realistico’ possibile, e ben ancorato sul terreno della analisi critica delle trasformazioni storiche. Il costituzionalismo critico, infatti, postula e argomenta che è solo sulla base delle trasformazioni storiche che la critica del reale può trovare un suo fondamento, così come è l’evoluzione storica che sollecita diverse interpretazioni del dato positivo (e delle eventuali politiche del diritto perseguite).

Il costituzionalista critico se oggi non reputa  sufficiente definirsi positivista,  e se – per definizione - avversa ogni supina accettazione del dato di realtà storicamente dato, rigetta anche ogni confinamento del ruolo del giurista nell’angusto e sterile territorio dell’esegesi normativa (cui il formalismo critico non deve ridursi). In tal senso per il costituzionalista critico - quale era il nostro Autore - la rigorosa adesione al principio di legalità (costituzionale e ordinaria, sostanziale e formale) non deve significare acritica assunzione di qualsivoglia contenuto normativo purché così definito dall’ ‘opinione prevalente’, dalla ‘accademia prevalente’, o magari dalle forze storicamente dominanti.

Per concludere, ci piace ricordare come se il diritto nella post-modernità dissolve il diritto costituzionale come scienza (e le libertà della scienza trascolorano in ‘libertà dalla scienza’, in conseguenza dell’eclettismo dei metodi, della frammentazione e della dispersione della comunità scientifica), la figura e l’eredità che prof. Saccomanno ci ha lasciato è quella di uno studioso che, abbinando la passione al rigore, ci può aiutare a contrastare la dissolvenza, l’eclettismo, il soggettivismo e la frammentazione dei saperi che caratterizzano il tempo presente, che sempre più diventa il ‘tempo di Babele’, anche per la comunità accademica dei giuristi. Walter Nocito docente Unical - gennaio 2014

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