finita l’estate: incominciamo a meditare… [II parte] |
Scritto da mauro d'aprile | |||
Governabilità del Paese, quale “garanzia” per continuare un percorso di emergenza, forse ben presto dimenticato sotto la calura estiva? Durante il 2011 lo spread tra i BTp e i Bund toccò il record storico dei 575 punti. La prima reazione del governo Berlusconi e in generale delle forze politiche fu l’accusa di «aggressione e sabotaggio» attribuiti all’avidità e al cinismo degli speculatori americani, che non si sa bene per quale ragione avevano deciso nel corso dell’estate di affondare l’euro, l’Italia e il governo.
Come dimostrarono gli sviluppi positivi della crisi, in realtà, dopo le dimissioni del governo, grazie anche alle banche centrali, la tesi del «complotto» era a dir poco fantasiosa. In effetti, il mercato, nella operazione di vendita dei titoli italiani da parte degli operatori che hanno in gestione i risparmi di milioni di famiglie italiane e non, ci stava soltanto avvertendo che dopo l’esplosione della crisi greca l’Italia non poteva più permettersi di essere una variabile indipendente tra le economie dell’Eurozona: con un debito eccessivo e le fisiologiche inefficienze della sua burocrazia ed inoltre l’assenza di stabilità e di leadership politica necessaria per impostare le riforme e un percorso di ripresa e di crescita economica. Tutti elementi, questi, tali da mettere a rischio il sistema-Paese e con questo l’intera Eurozona.
Dopo alcuni innegabili passi positivi sul terreno delle riforme, il mercato (ma anche le famiglie e le imprese), a due anni di distanza da quegli eventi traumatici, temono che l’Italia rischi di non poter continuare il suo percorso di risanamento e di consolidamento della crescita, pagando un prezzo alto: sfiducia dei partner europei e degli investitori internazionali, rischio di una fuga di capitali.
Il timore, in altre parole, è che l’Italia non sia più in grado di continuare a sfruttare – come invece ha fatto e sta facendo la Spagna – il sostegno dato ai mercati dalla liquidità delle banche centrali. E se si resta fuori dall’ombrello della Bce, diventa più difficile la discesa dei tassi di interesse, dello spread BTp-Bund e la stessa manovra di riduzione del debito pubblico.
In questo senso, molti operatori del mercato del debito ritengono fin d’ora che l’Italia stia correndo più o meno consapevolmente un doppio rischio: non solo pagare in Borsa, come tutti i mercati mondiali, le incertezze sulle prossime mosse delle banche centrali sul fronte della liquidità, ma anche pagare il prezzo del non fare tutto ciò che i mercati, l’Europa, le imprese e le famiglie si aspettano da noi in termini di riforme.
Che fare, dunque? Nella speranza che nessuno li accusi di complotto, il primo segnale che attendono i mercati in questa fase è chiaramente politico. Ma la sua portata va ben oltre la crisi attuale. Dopo due anni di sforzi per rilanciare il Paese, una riesplosione dell’instabilità politica porterebbe non solo a quell’ingovernabilità che spaventa tanto i mercati, ma soprattutto a una chiusura del cantiere delle riforme su cui si è lavorato faticosamente in un contesto economico recessivo e certamente difficile per le famiglie e per le imprese. Per i mercati, la governabilità è il solo contesto in cui sia possibile varare riforme strutturali, incidere sulla spesa pubblica e liberare le risorse per ridurre i prelievi fiscali e contributivi. In altre parole (e non solo per i mercati), è la governabilità il fattore critico di successo per poter dare vigore ai timidi segnali di ripresa che sono emersi negli ultimi mesi.
La Germania è un esempio calzante di questo concetto: la Merkel non è certamente la paladina dei mercati, ma la prospettiva della sua rielezione e quindi della governabilità ha permesso alla Borsa tedesca e ai Bund di sfuggire totalmente alla volatilità dei prezzi che precede tradizionalmente le elezioni politiche, comprese quelle tedesche.
Insomma, oggi è finalmente ben chiaro che non ci sono più margini per prendersela con la Germania o con la mancanza di una banca centrale che stampi banconote solo nazionali. Agli occhi di operatori e analisti per uscire dallo stallo economico l’Italia deve garantire stabilità al governo e quindi al progetto di rilancio del Paese su cui si sta lavorando ormai da due anni.
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