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siamo stanchi è arrivato il tempo di dire“Basta” - Lettera ad un politico PDF Stampa E-mail
Scritto da teresa marino   
Giovedì 14 Febbraio 2013 16:28

Salve,sono Teresa, 35 anni, ingegnere, sposata e mamma da un anno, priva di colore politico.Consiglieri, commissari, deputati e politici di qualsivoglia colore ed immagine mi hanno derubata! Si, proprio loro da un pò di tempo mi hanno istigata a privarmi di una mia Ideologia.

Che bel suono echeggia da questa antica e ormai arcaica defunta parola!

Dieci anni fa, dopo aver conseguito la Laurea con grande entusiasmo rifiutai il fatidico “posto sicuro” a Milano per non lasciare la mia Regione. E’ nell’humus della mia Calabria che avrei voluto piantare i miei sogni, le mie ambizioni, i miei progetti per dare anch’io, nel mio piccolo, un contributo al rinnovamento e alla crescita di questa fantastica Regione.

Non è stato possibile. Non perché la Calabria non avesse le risorse come basamento per la costruzione del “nuovo”, ma più semplicemente, perché quelle risorse venivano puntualmente occultate da decisioni prese limitandosi ad osservare, dai “piani alti” in condizioni di avanzata miopia, i problemi  senza mai avere l’umiltà ed il coraggio di scendere in “cantina” per capire da dove provenisse il “puzzo di muffa”. Nessuno dai piani alti ha mostrato il vero ardore politico, quello di chi guarda negli occhi i propri cittadini prima di accomodarsi sullo sfarzoso pellame delle poltrone del potere.

Ed ecco che giorno dopo giorno, anno dopo anno, mentre “l’umidità dalla cantina risaliva verso i piani superiori” procurando danni considerevoli ai pilastri – Sanità, Lavoro, Scuola, Famiglia etc..- della nostra ormai estinta civile società, i miopi continuavano a fare i miopi.

Da qui i danni irreparabili, e  se fino a qualche tempo fa apprendevo dai notiziari le gravi problematiche che interessavano il mio territorio, oggi quelle devastazioni le sento sulla pelle.

Il mio riferimento va soprattutto alla questione Sanità…l’unica parola che mi sovviene è “PAURA”.

Si, paura che il diritto più “elementare” , quello di avere garantito un servizio sanitario funzionante e funzionale, mi venga addirittura NEGATO.

Vorrei guardare negli occhi questi Commissariotti che operano nell’ambito dell’attuazione dei Piani di rientro e fargli una domanda “Ma se lei abitasse a circa 80km dal primo punto nascite e  sua moglie che porta in grembo suo figlio improvvisamente, di notte, in una serata con neve e ghiaccio sulle strade , deve raggiungere l’ospedale  più vicino perché suo figlio vuole venire alla luce prima dei tempi stabiliti come fa?” Le possibilità sono due:  o si mette in viaggio e rischia di perdere ad un colpo moglie e figlio; o interviene dall’Alto dei Cieli il Signore e salva madre e creatura.

Ma vi pare normale che nel 2013 ancora dobbiamo trovarci ad affrontare problemi di questo genere? E’ uno schiaffo alla CIVILTA’.

A non far lievitare il debito sanitario ci si doveva pensare prima . Ora questa gente dei piani alti non può pensare di razionalizzare anche le nostre anime e la nostra tranquillità

Non è più un problema di cifre e percentuali. Il problema è del cittadino calabrese.

Se razionalizzare significa delocalizzare il territorio rispetto a chi lo abita bisogna seriamente intervenire e dire “BASTA” …anche con una RIVOLUZIONE.

La disomogeneità territoriale del servizio sanitario  non è solo un problema geografico. Da essa deriveranno devastazioni irreparabili al microcosmo economico di tanti paesi della Calabria: chiudere un punto nascite come è accaduto nel mio paese , Belvedere Marittimo, non solo ha creato gravi disagi ai soggetti direttamente interessati all’evento “nascita” (partorienti, team operativo della struttura ospedaliera ) ma ha fortemente instabilizzato l’equilibrio economico dell’intero centro storico belvederese .

Si trattava di un centro nascite altamente valido in termini di professionalità operanti, tanto che abbracciava un ampio bacino d’utenza: le donne gestanti arrivavano da Mormanno, Tortora, Praia a Mare, Scalea Diamante, Belvedere fino a proseguire a Cittadella –Bonifati, Cetraro.

E oggi le nuove gestanti dove si spostano: da un’indagine si è constatato che da Scalea a procedere verso Nord emigrano tutte nella limitrofa regione Basilicata.

Ora io mi chiedo: Ma è così che si fa fronte al debito sanitario in Calabria????

Da ex pacifista mi rendo conto che l’unica via d’uscita è la RIVOLUZIONE. Grazie.




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