un gesto di amore per la Chiesa |
Scritto da mauro d'aprile | |||
Martedì 12 Febbraio 2013 11:21 | |||
La notizia coglie, per come è accaduto a tutti, totalmente di sorpresa. La storica rinuncia di un pontefice può contribuire a 'desacralizzare' la figura pubblica del Papa, rendendola più simile a quella di altri leader che, se impossibilitati a compiere la propria missione, possono lasciare. Nessuna aveva mai sentito praticabile questa opzione, data la funzione sacrale e carismatica svolta dal pontefice. Viene toccata la natura istituzionale e politica del Papato, mettendo anche in luce un problema che è sempre rimasto sotto traccia, quello del modo di elezione.
Non accadeva da secoli. E si pensava non potesse accadere. Il mondo, da un capo all’altro, sbalordito. Le parole a lungo ponderate in silenzio, maturate in un confronto serrato fra la coscienza di un uomo e Dio, erompono, inattese. L’austerità del latino rende appieno la drammaticità e l’essere già storia di quelle poche righe: «Ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeque administrandum» «Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino...».
Il web impazzisce. I potenti dichiarano.
Ma noi credenti, noi che amiamo Benedetto XVI, che ne ascoltiamo da anni le parole e ne conosciamo il profondo amore per la Chiesa, siamo rimasti, ieri, profondamente smarriti. Tu, te ne vai? In quanti conventi e cattedrali e chiese e missioni e case e favelas in tutto il mondo questa domanda è risuonata ieri, dolorosa. Tu, Pietro, rinunci. E noi nelle nostre fatiche e sofferenze ci siamo sentiti più soli, come un esercito il cui generale, gravato dagli anni, lasci il campo. Semplicemente, dolore: un dolore filiale è ciò che milioni di fedeli hanno sentito addosso, ieri. Noi, non sappiamo. Non conosciamo in che modo la « ingravescens aetas» abbia incalzato il Papa, sempre più da vicino, e come, rodendone le energie, abbia avuto la meglio sulle forze dell’uomo.
Come un padre che avverta il declino, e al dolore dei figli risponda facendo memoria che, in Cristo, nulla muore per sempre; e che se qualcosa sembra finire, è per rinascere ancora. Dentro una immensa storia che continua possiamo farci una ragione, nel nostro smarrimento, dell’andarsene di un padre. Non lo ameremo, per questo, di meno; anzi forse di più, come quando sulla faccia rugosa di tuo padre un giorno d’improvviso vedi quanto pesano gli anni, e i dolori.
L’orso tedesco ha portato un carico grande. Ora cede agli anni, e al gran peso; per ciò che ritiene il bene della Chiesa, umilmente cede. Ci resta, luminosa, quella parola sull’albero che non muore, ma germoglia sempre e di nuovo. Sotto al cielo di piazza San Pietro, grigio in una mattina di febbraio, la Chiesa continua. E invisibili si incrociano promesse e vocazioni e destini, come fili di una trama che non sappiamo; ma che attende noi, e i nostri figli, e il Papa che verrà, in un disegno di bontà divina. Mauro D’Aprile - 12.02.2013
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