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trenta giorni da Salvatore Perrone PDF Stampa E-mail
Scritto da mauro d'aprile   

Fu durante una afosa mattinata  che mi raggiunse la telefonata del, sempre presente, Nicola: mi annunciava la tua morte. Non ci fu sorpresa, ma fitto dolore. Sapevo del peggioramento della tua situazione clinica per via di una visita, recatati, alcune sere prima, da mia moglie Emilia. Per me una perdita, ma anche una sconfitta!

Non mi ero voluto arrendere all’evidenza! Avrei dovuto, finalmente, darti ragione dopo le mie lunghe estenuanti discussioni con te: il volerti convincere che il male, per triste che potesse essere, ti aveva risparmiato. Non sono volutamente venuto a vederti, pur sapendo che, questa volta, non avresti potuto liquidare il mio dire come: “cazzate”, alzando, dopo una ricca aspirazione nasale, le tue grandi sopracciglia oltre gli occhiali. Non avresti più potuto alzarti di scatto e anteporre la forza della tua preparazione medica alla mia completa ignoranza.

E fu proprio mentre guidavo, dopo aver ringraziato Nicola, che per la prima volta realizzai che al fondo di quelle animate discussioni, nello zittirmi,  mi avevi sempre lasciato la sensazione che tu avessi recepito quella mia, una sincera speranza e non una solidale ipocrisia. Di questo ti sono grato! Fra tutti, cristianamente rassegnato, restavi il più convinto della tua morte! Anzi, interrompendo il discorso, mi rendevi meritevole di ricevere confidenze e raccomandazioni. L’attenzione su Filippo, era la tua nota dominante.

Fu così durante i numerosi  viaggi per motivi amministrativi, durante le cene a casa tua dopo il  rituale della partita di calcio. Fu così durante un viaggio che facemmo insieme con Concetta all’Ospedale di Padre Pio. Il divagare volutamente, il compiacerti di raccontare la tua ricca storia di orgogliosi cimeli: la chitarra, i dipinti, gli amici di infanzia, le foto di cameriere, i compagni di scuola e quelli di partito, del reparto di Radiologia. E poi Concetta, Filippo, “l’Onora il Padre e la Madre”, la riconoscenza, la devozione, il rispetto dovuto verso chi ci ha messo al mondo e anno dopo anno si è prodigato per noi. Il tuo costante riferimento agli aneddoti paterni e ai sermoni di tua madre. E ancora le tue idee sulla sistemazione ambientale della tua Belvedere: la tua intuizione di arricchire di verde e di fontane l’arredo urbano. Quelle tue idee, che mi comportavano l’elaborazione di grafici che ti lasciavano spesso insoddisfatto, ma felice che prendessero corpo: un dolce fastidio che solo ora sopporterei con gioia.

Sono felice che tra tutte le impressioni legate ai giorni della tua agonia sovrasti il ricordo di quel viaggio, di quel momento in cui allontanando volutamente il suo scopo, ci tuffammo ridanciani in una estasi di sospeso, lucidissimo affetto. Per esso la mia memoria è oggi in grado di scartare quanto è appartenuto fra noi, al trito e all’usuale, a fare a meno di quel certo ingombro di sentimenti d’obbligo che s’ inframmettono solitamente nelle celebrazioni di rito, per isolare allo stato puro quel che c’è stato veramente tra te e me: nient’altro che dell’affetto, e questo fatto anche di contrasti. Non condividevi alcune mie scelte, ma, fiducioso, mi  lasciavi il margine del ripensamento. Una reciproca stima, cementatasi negli anni di militanza e di appartenenza ideologica, conato di una Fede e della comune Preghiera:

“Mi abbandono a te Dolce Volto e a te mi affido ogni istante.

Credere è la forza della vita, sapere la Tua esistenza per la mia, la mia per la Tua, è dolcezza infinita.

Dentro ogni uomo si espande il desiderio di Te e per questo anelito il suo mondo prende consistenza.

Gioie, dolori, la vita si stende per diversa consistenza ma nulla offende la tua presenza.

Ogni volta che l’uomo si appella alla tua potenza, la visione del vero avanza e la notte di ogni significato trova il suo risveglio.

Chi cerca pace in Te la trova e giustizia pratica chi in Te cammina.

L’immortalità che dentro la vita già si espande, benché il tempo prigioniero dell’ora sembra turbarla, si veste di meraviglia quando il tuo volto di luce rende chiara ogni avventura.

Conoscere la tua potenza è sicurezza nel cammino, conforto perfino nel cadere, la luce del tuo volto mostra presto rifugio, sollievo concede nella prova.

Saperti al mio fianco divina potenza rende possibile l’assurdo: quando sono debole è proprio allora che mi sento forte.

Con Te tutto ha senso, senza di Te nulla resta. Un bacio Mauro

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