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10 riforme a costo zero PDF Stampa E-mail
Scritto da vincenzo cesareo   
Martedì 08 Novembre 2011 07:28

Se l’Italia uscisse dalla crisi crescendo come prima della recessione, ci vorrebbero almeno 15 anni solo per tornare ai livelli di benessere precedenti la crisi. È, questa, una prospettiva tutt’altro che allettante.

Eppure il dibattito pubblico tratta di tutto tranne che di scelte strategiche in grado di far ripartire il Paese a tassi più sostenuti. La verità è che il parlamento italiano, ormai, non ha più alcuna legittimazione a rappresentare il Paese, anzi prima va via, meglio è. Il problema per tutti noi è, però, che la situazione non è destinata a migliorare neanche dopo eventuali elezioni che si andrebbero a sostenere con la medesima legge elettorale e con le stesse persone che gestiscono i partiti dell’arco costituzionale. Con la stessa gente, insomma, che ha contribuito, in modo esponenziale, a ridurre l’Italia a stato inaffidabile, con scarsa o nulla credibilità. Eppure, senza voler minimizzare il serio problema, basterebbero alcune semplici iniziative per smuovere la situazione, realizzando alcune riforme che non avrebbero necessità di soldi , senza cioè aumentare il debito pubblico per essere attuate, per come sostengono, fortemente, alcuni economisti come il prof. Tito Boeri della Bocconi di Milano e per come abbiamo sostenuto con il nostro movimento, sicuramente con molta modestia di fronte a insigni economisti.

Il prof. Boeri, nel suo libro, invita a fare 10 riforme a costo zero di cui intendiamo riferirvi : la prima riguarda il modo di investire sull’integrazione degli immigrati riducendo i costi per chi li accoglie.

La seconda affronta la transizione tra scuola e lavoro, cerca di prosciugare il bacino immenso di giovani che, oggi, in Italia non sono né al lavoro né impegnati in un corso di studi e si basa su due cardini fondamentali: il contratto unico a tutele progressive e l’apprendistato universitario.

La terza riforma, riguarda la contrattazione salariale e l’introduzione di un salario minimo, affrontando il problema delle rappresentanze sindacali, partendo dall’accordo del giugno 2011.

La quarta riguarda la riforma dello Stato e gli incentivi dei dipendenti pubblici. Si tratta di installare un nuovo motore per la macchina dello Stato incentivando comportamenti virtuosi nel pubblico impiego, premiando le amministrazioni, anziché introdurre misure cervellotiche quanto inutili.

La quinta guarda al lavoro autonomo e, in particolare, gli ordini professionali. Si tratta di professionisti più liberi ed ordini trasparenti.

La sesta riguarda di incoraggiare il lavoro di più persone nella stessa famiglia, rendendole meno vulnerabili ad eventi avversi ed attivando le risorse umane oggi largamente inutilizzato dalle donne. È una mini riforma fiscale che trasforma le detrazioni per coniugi e gli altri familiari a carico di sussidi condizionati all’impiego.

La settima riforma si rivolge al sistema pensionistico e prevede l’estensione a tutti delle regole del metodo contributivo nel determinare l’età del pensionamento, nonché le riduzioni e gli incrementi delle pensioni associati ad un ritiro dalla vita lavorativa prima o dopo aver raggiunto i 65 anni di età.

L’ottava riforma colloca all’intersezione tra mercato del lavoro e mercati finanziari. Riguarda l’accesso al credito per chi vuole crescere, per le imprese che vogliono diventare più grandi e richiede di procedere su piani diversi. La riforma della legge sull’usura, il superamento delle interconnessioni presenti a vari livelli nel nostro sistema di corporate governante, un’autority per le fondazioni e la separazione fra banche e società di gestione del risparmio.

La nona riforma guarda alla selezione della classe politica. Pensa alla riduzione di un terzo dei parlamentari adeguandoli al numero degli altri Stati democratici, all’impedimento  di cumulare i compensi da parlamentari con quelli di altre attività, di modificare le regole di determinazione del loro compensi indicizzandoli alla crescita del reddito pro capite degli italiani, l’abolizione delle province e l’accorpamento dei comuni inferiori ai 5.000 abitanti.

La decima ed ultima riforma vuole costituire un partito a favore delle riforme, allargando il voto ai sedicenni e creando i criteri di calcolo delle quiescenze in modo da incentivare la fascia più consistente del nostro elettorato, i pensionati, a sostenere politiche per la crescita. Le idee non mancano, sono messe in disparte da un immobilismo dannoso: LiberiAMO L’ITALIA. dott.Vincenzo Cesareo - responsabile nazionale LiberiAmo l'Italia movimento politico-culturale - 08.11.2011

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