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porto di Diamante si apre una nuova fase PDF Stampa E-mail
Scritto da mauro di marco   

Il nostro, si sa, è un paese in cui i vigili urbani che dovrebbero controllare sugli abusi edilizi arrivano sempre quando gli stessi sono già realizzati o addirittura abitati. E questo avviene in molte situazioni anche se gli stessi abusi erano stati segnalati per tempo.

Sembra il caso del nostro porto ma speriamo ancora nelle strutture dello Stato, e non solo in quelle giudiziarie.L'ultimo nostro intervento pubblico lo abbiamo fatto richiamando l'attenzione su una decisione inspiegabile di un Tribunale della Repubblica: il Tar di Catanzaro.

Ci eravamo rivolti al Capo dello Stato per ottenere la sospensione dei lavori, prima ancora che iniziassero, per potenziale distruzione di beni archeologici protetti dallo Stato. La discussione presso il Tar non ha avuto neanche inizio. Il Tribunale, in attesa di discutere il merito del nostro ricorso, ha dato ascolto alla controparte che ha presentato una perizia di un proprio tecnico incaricato, in cui si giurava una cosa contraria alla realtà: un falso quindi. All'epoca, era il Dicembre 2009, non potevamo certificare appieno la nostra verità, né lo poteva fare la Soprintendenza ai Beni Archeologici di Reggio Calabria perché la stessa è stata tenuta all'oscuro del progetto di porto fino al Febbraio 2010.

Prima del Tribunale non avevano fatto il proprio dovere di struttura pubblica neanche i Dipartimenti Ambiente e Lavori Pubblici della Regione Calabria nonostante li avessimo avvertiti. Abbiamo dovuto attivarci per oltre un anno per provare le nostre affermazioni, facendo intervenire la Soprintendenza perché ne certificasse la verità. Ma, nonostante il fatto che gli esiti di queste azioni siano stati comunicati dalla Soprintendenza, nel Febbraio e nel Luglio 2010, agli interessati, la Ditta Appaltatrice, il Comune di Diamante, il Dipartimento Lavori Pubblici, il Dipartimento Ambiente non hanno ritenuto di dover prendere decisioni. Sembra quasi che ad oggi non li abbiano neppure letti!

Chiariamo con un esempio comune cosa ai nostri occhi significhi tutto ciò. Mettiamo che un cittadino qualsiasi chiedesse un permesso per realizzare un manufatto. Nella richiesta lo stesso dichiara (anche solo per ignoranza) un falso. Altri segnalano il falso all'ufficio che deve controllare, ma quest'ultimo non fa niente. Cosa pensereste? Che ha un santo in paradiso, almeno. Ma se addirittura chi segnala la cosa si rivolgesse alla Magistratura e quel cittadino fosse recidivo e facesse dichiarare ad un proprio tecnico, in Tribunale stavolta e sotto giuramento, una cosa non corrispondente al vero (per definizione un falso), cosa pensereste? Che forse i santi sono più di uno. Se poi sapeste che per ben due volte nell'iter della richiesta di quel cittadino qualsiasi ci sono due permessi, di uffici pubblici, ottenuti in modo almeno anomalo, cosa pensereste? Bene, è proprio quello che pensiamo noi.

La notizia buona è che abbiamo finalmente inoltrato al Tribunale gli atti compiuti dalla Soprintendenza, dopo averli ottenuti, da poco, legittimamente, faticosamente e tardivamente, perchè le associazioni come la nostra sono disarmate rispetto a chi ha mezzi, periti ed avvocati a profusione.

Oggi la parola è di nuovo al Tar della Calabria al quale abbiamo richiesto con urgenza la discussione sul tema. Il Tribunale, costretto (?) nel Dicembre 2009 a credere vero il contenuto della perizia di parte, dovrà decidere sul porto. E dopo il Tar sarà la volta della Commissione VIA, del Dipartimento Lavori Pubblici e della Direzione Regionale del Ministero dei Beni Culturali. Sappiamo attendere.

Lo Stato è messo alla prova. Tutelare i Beni Pubblici è un dovere per gli Enti interessati. Finora non lo hanno fatto, coprendo quelli che sembrano con ogni evidenza atti contrari alla legge. Mauro Di Marco coordinamento regionale del Forum Ambientalista - 06.03.2011

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