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il colore della guerra, le armi non creano una democrazia PDF Stampa E-mail
Scritto da luca fortunato   
Venerdì 18 Settembre 2009 13:24

Lo sguardo della guerra è sempre cupo come le strade di Kabul,  esplosivo come un kalashnikov talebano, sonante come una tromba che  stride il Silenzio.

Le armi non creano una democrazia certamente  annoverano le liste dei funerali di Stato. Eroi, soldati ma soprattutto  uomini. Uomini che tolta l’armatura sono fatti di carne ed emozioni,  sono fatti di  sangue che sgorga sui crateri innalzati dalle  esplosioni. Una guerra è sempre da condannare perché fa emergere le  disfunzioni umane delle nazioni. La guerra è la mancanza di  contraddittorio, di risoluzione mediatica che lascia il posto ai  messaggi delle artiglierie, dei bombardamenti e degli attentati. La  guerra come ultima frontiera del dialogo rimane sempre una sconfitta  tra pretendenti che dopo aver combattuto dovranno comunque trattare con  il nemico. Il danno è ormai stato compiuto nei mesi successivi all’11  settembre del 2001. Il terrore impazzava sulle scrivanie dei potenti  mentre sulle tavole dei vulnerabili della terra non c’era niente. Una  destabilizzazione armata della dittatura non porterà mai la costruzione  di un governo politico-istituzionale pronto a far fronte alle esigenze  di una nazione che non può esser chiamata tale per la disomogeneità  radicali delle culture. Il senso civico che non esiste ( o  apparentemente esiste) neanche negli stati a democrazia avanzata non si  crea con leggi o governi imposti. Una nazione è frutto dell’accordo dei  propri consociati. Questo si raggiunge con un adeguato strumento  culturale che è la conoscenza delle proprie origini, del proprio essere  e di ciò che ci circonda. Le spaccature si sanano con l’informazione e  non con i bavagli ed i prigionieri. La nazione si costruisce negli  asili, nelle scuole, nelle chiese, nelle moschee, nei campi da gioco.  La sensibilizzazione accompagnata dalla coscienza della conoscenza  potrà generare la consapevolezza dell’essere e di ciò che si vorrebbe  essere. Uno Stato si crea con la consapevolezza dei consociati e non  con il controllo militare ed economico esterno o interno ai paesi in  difficoltà. L’Italia come le altre nazioni impegnate nella guerra al  terrorismo hanno grandi eroi che servono la patria e la parvenza di una  democrazia che ci sarà solo ad un bivio successivo. Nell’attesa che le  vie dei governanti ci arrivino piangiamo ancora una volta dei giovani  che hanno creduto con l’entusiasmo della giovinezza in un mondo  migliore. Grazie ragazzi. Luca Fortunato - 18.09.2009

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