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verso il congresso, riflessioni sul dibattito all’interno del Pd in Calabria. PDF Stampa E-mail
Scritto da franco perre   

E’ un dato acquisito che il mezzogiorno in genere e la Calabria in particolare non ha conosciuto la rivoluzione industriale.E’ un dato acquisito, anche se poco conosciuto, che a seguito dell’Unità dell’Italia le prime forme di insediamenti  industriali presenti nel mezzogiorno sono state cancellate a vantaggio della concorrente industria piemontese.

E’ un dato acquisito che nei decenni il mezzogiorno ha svolto fondamentalmente due ruoli: serbatoio di manodopera da utilizzare nelle zone industrializzate e  mercato di quanto prodotto prevalentemente nelle regioni del centro/nord.Si è consapevoli di effettuare semplificazioni e generalizzazioni ma possiamo comunque affermare che lungo i decenni il problema di dare al mezzogiorno un ruolo produttivo pur se posto e anche in alcuni casi con forza (le lotte contadine e le occupazioni delle terre) non ha mai avuto una adeguata soluzione. Economisti illuminati hanno  posto il problema della questione meridionale ma il dibattito ha appassionato le aule universitarie ma non ha mai varcato seriamente l’uscio del Parlamento.La forbice sviluppo/sottosviluppo già presente all’epoca della proclamazione dell’Unità d’Italia negli anni  si è ulteriormente ampliata. L’agenda politica dei Governi che si sono succeduti lungo tutto il novecento hanno continuato a segnalare il problema ma tutti i tentativi di uno sviluppo economico del meridione non solo non hanno avviato una economia virtuosa quanto, se possibile, hanno peggiorato la forbice preesistente. Tutto ciò non solo nella prima metà del secolo in cui il Governo era espressione delle classi dominanti degli agrari  e degli industriali del nord. Anche successivamente, nel secondo dopoguerra, anche nell’Italia Repubblicana e Democratica il mezzogiorno ha continuato a svolgere il ruolo di sempre: serbatoio di manodopera e mercato. L’allargamento alla Comunità Europea di momenti decisionali non ha invertito la tendenza. Le determinazioni assunte a livello europeo (i vari piani verde, la divisione in zone con industrie ad alta tecnologia e zone ad alto utilizzo della forza lavoro) hanno finito per cancellare dal quadro produttivo l’agricoltura meridionale a vantaggio delle regioni del Centro/Nord e incentivato l’ emigrazione. Gli uomini meridionali e calabresi hanno dismesso i panni di contadini e indossato la tuta dell’operaio solo allorquando si sono trasferiti altrove (triangolo industriale, Germania Francia) delegando alle donne (le famose vedove bianche) il ruolo di coltivatrici di piccoli fazzoletti di terra finalizzati all’integrazione del reddito familiare attraverso forme di auto consumo.Due milioni di Calabresi, il cinquanta per cento della popolazione attiva, ha lasciato la propria terra per dirigersi verso le regioni investite dallo sviluppo industriale risultando determinati ai fini della realizzazione del fenomeno che viene indicato come boom economico.

 

Con il trascorrere degli anni la questione meridionale è uscita anche dalle aule universitarie sostituita, sembra un paradosso, dalla “questione settentrionale”. Con Croce potremmo dire che la storia si ripete: una volta sotto le vesti della tragedia e una seconda volta sotto le vesti della farsa. O volendo ricorrere a Beowulf “il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla”.

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I Governi nazionali hanno affrontato i problemi del mezzogiorno fondamentalmente attraverso due canali:

  • Marginale redistribuzione del reddito con  forme di assistenzialismo che tuttora rappresentano una parte importante del reddito di molte famiglie.
  • Investimenti a pioggia nelle infrastrutture e nel settore produttivo.
  • L’assistenzialismo è divenuta la primaria fonte di reddito.Intere famiglie hanno avuto e continuano ad avere la possibilità di sopravvivere grazie alle varie forme di assistenzialismo (invalidità e indennità di disoccupazione in agricoltura). L’impostazione di puro assistenzialismo (possibile solo in periodi di vacche grasse) non poteva certo risolvere il problema del mezzogiorno. Lo stesso periodicamente è sfociato in autentica truffa tanto da interessare anche le cronache giudiziarie.
  • Gli investimenti nel settore produttivo sono stati un vero e proprio disastro.

Il fallimento della programmata industrializzazione era non solo inevitabile ma anche largamente prevedibile. Basti pensare per un momento ai settori di intervento.In Calabria si è puntato sul polo tessile quando il tessile versava in crisi e le fabbriche del Biellese e dintorni si avviavano alla  chiusura.Rivetti, Marzotto e compagni chiudevano gli stabilimenti del Nord e armi e bagagli si trasferivano al Sud ben foraggiati dai  Governi di turno.I sostanziosi finanziamenti sono stati utilizzati per realizzare impianti obsoleti.La crisi industriale veniva dichiarata il giorno dopo l’ inaugurazione degli impianti che, in alcuni casi, non sono mai entrati in produzione.Lo schema era sempre lo stesso: piano industriale - finanziamento governativo – realizzazione dell’impianto – inaugurazione con immancabili squilli di tromba -  crisi – chiusura – cassa integrazione; nuovo piano industriale nuovo finanziamento nuova crisi etc.Una spirale disastrosa per la Calabria ma molto vantaggiosa per le finanze dell’imprenditore di turno.Da crisi in crisi si è giunti alla Emiliana Tessile di Cetraro;  ultimo esempio di uno sperperio senza fine di danaro pubblico.Lo stesso può dirsi del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro che veniva progettato quanto la siderurgia era già in crisi a livello europeo e si avviavano i processi di smantellamento degli impianti esistenti come i centri siderurgici di Pozzuoli e di Genova.Il polo chimico  a Lamezia Terme non ha mai visto la luce mentre la vita delle Officine Meccaniche Meridionali hanno avuto la durata di una stagione.In uno crescendo spirito antimeridionalista le popolazioni meridionali sono state additate come responsabili dell’inevitabile  fallimento.Anche   ultimamente le agenzie di stampa hanno riportato i dati nazionali relativi ai beneficiari di pensioni di invalidità facendo rilevare la incongruità dei dati (gli invalidi delle regioni meridionali risultano essere il doppio rispetto agli invalidi delle regioni del centro nord).Ritorna il ritornello di sempre.“Un sud malavitoso e sprecone é la palla al piede delle regioni che lavorano e producono.E’ tempo che si rimbocchino le maniche e provvedano con i loro mezzi.

Il federalismo fiscale è dietro l’angolo e se non dovesse bastare si può sempre ricorrere a una qualche forma di secessione”.Non immune da responsabilità il Sindacato che non ha avuto la forza di ostacolare questo progetto scellerato, anzi in molti casi ne è stato corresponsabile.l ruolo del sindacato e anche della sinistra storica andrebbe un tantino approfondito ma non è certo la sede adatta per una analisi di questo tipo.Sarebbe interessante, a titolo di esempio, scrivere la storia del tessile a Praia a Mare.Ma per quanto in questa sede ci interessa, oggi, il maggior partito dello schieramento di centro sinistra non può da una parte limitarsi ad  affermare che le responsabilità vengono da lontano e dall’altra evidenziare la inadeguatezza delle proposte dello schieramento politico avverso.Non basta affermare che il ruolo del mezzogiorno e della Calabria è centrale se poi non si precisano  specifiche proposte di governo. La questione meridionale sembra ormai inesistente: sparita non solo dall’agenda politica ma anche dai dibattiti accademici. Personaggi come Danilo Dolci, Manlio Rossi Doria, Compagna relegati in una polverosa soffitta. La realtà odierna sembra dar ragione a quegli economisti sostenitori della tesi che sviluppo/sottosviluppo - Nord/Sud all’interno del sistema capitalistico  non sono due momenti diversi nel percorso dell’ umanità verso un maggiore benessere ma sono due realtà coincidenti, per meglio dire due facce della stessa medaglia. Si affermava in pratica che Nord/Sud non sono solo entità geografiche ma anche e soprattutto due entità economiche, che lo sviluppo genera sottosviluppo e che pertanto questo ultimo  è figlio del primo.

In mancanza di una economia virtuosa ha avuto maggiore possibilità di penetrazione una economia malavitosa e la ndrangheta,  in tante zone della Calabria, è diventata per intere popolazioni, la primaria fonte economica. Ancora una volta il gatto cerca di mordersi la coda. La presenza sul territorio di una economia malavitosa mentre svolge il ruolo di unica fonte di reddito contestualmente rappresenta l’unica fonte di sopravvivenza. Il panorama economico della Calabria non ha subito significative modificazioni a seguito delle consistenti risorse  destinate alle regioni marginali (la legge n. 488 e interventi dell’U.E.). La Calabria all’interno dell’U.E. è stata e continua ad essere “obbiettivo uno” ma tale opportunità non è stata colta trasformandosi in certificazione di incapacità politica e imprenditoriale quando non del tutto nuova occasione di corruttela e malgoverno. Il flusso di danaro messo a disposizione delle regioni meridionali e della Calabria non solo non ha modificato i livelli di reddito quanto ha posto nuovi inquietanti problemi. I fondi della legge n. 488 e i fondi dell’U.E. in Calabria sono stati, per la quasi totalità, fonte di spreco e di corruttele.

Ma dalle ultime indagini emerge un altro fenomeno che fino ad oggi non ha ottenuto la necessaria attenzione. I finanziamenti allo sviluppo economico hanno determinato un nuovo intreccio tra criminalità organizzata, nuova criminalità ed attività economiche.   La provincia di Cosenza ed in particolare l’alto tirreno consentino è sotto i riflettori a seguito delle indagini condotte dalla Dia di Catanzaro. L’ipotesi accusatoria parte dal presupposto che i proventi delle attività criminali di cosche del tirreno e dello Ionio, venissero reinvestiti nell’usura. 

Il dato rilevante e che a seguito dell’attività investigativa sono stati tratti in arresto non solo i soliti  personaggi da sempre noti alle cronache giudiziarie ma anche rappresentanti di quella che viene  definita la società civile. Ma l’ipotesi accusatoria non si esaurisce nel semplice coinvolgimento della pratica dell’usura da parte di componenti la società civile. Sembrerebbe che soggetti usurati non solo erano costretti a pagare di elevati tassi di interesse quanto a  emettere fatture in favore di  imprese beneficiari di finanziamenti pubblici assistiti. Questi ultimi avrebbero utilizzato le fatture ottenute quali pezze giustificative al fine di ottenere l’erogazione di stati di avanzamento lavori  di fatto non realizzati.  Chiaramente il fenomeno non è circoscritto al tirreno casentino ma investe l’intera regione. A seguito delle dichiarazione di un collaboratore di giustizia è emerso lo stesso intreccio malavitoso nel crotonese. La criminalità mentre continua a coltivare i soliti redditizi settori delle sostanze stupefacenti  dell’estorsione e dell’usura espande i suoi orizzonti ed entra a pieno titolo nella cosiddetta economia virtuosa. Come più volte denunciato dal dr. Nicola Gratteri p.m. a Locri il riciclaggio di denaro sporco in attività lecite è la nuova frontiera della ndrangheta e la gestione dei fondi della legge n. 488 e dei fondi dell’U.E. sono di fatto uno dei veicoli di penetrazione. Va evidenziato che questa nuova frontiera della ndrangheta non può prescindere dalla politica. Non si condivide la politica di Di Pietro tutta focalizzata sui temi della giustizia. Ma dovrà comunque far riflettere il successo del dr. De Magistris alle ultime elezioni Europee. Sarebbe comunque  interessante la costituzione di una commissione regionale di indagine sul fenomeno. Sarebbe interessante sapere quanti effettivi posti di lavoro sono stati realizzati a fronte dei finanziamenti elargiti. Sarebbe interessante conoscere i numeri del fenomeno che di tanto in tanto è oggetto delle cronache giudiziarie. Ma una ipotesi di questo tipo è fuori dell’agenda politica.

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Con il fallimento dei tentativi avviati nel settore secondario e la riduzione del settore primario a pura sussistenza viene definitivamente archiviata la possibilità di avviare in Calabria un circuito di economia virtuosa. Il settore su cui si affidano tutte le ultime speranze è il terziario ed il turismo in particolare. Non si vuole in questa sede dilungarsi su temi di economia politica ma qualche accenno è doveroso. In qualsiasi testo di economia viene  evidenziato che il turismo altro non è se non  una “domanda aggiuntiva di beni e servizi in un determinato luogo in un determinato tempo”. La domanda aggiuntiva ha un trend positivo solo se è supportata da una adeguata offerta. Lo stato comatoso dei settori economici primari e secondari locali non consentono di supportare adeguatamente il settore turistico di prodotti della nostra regione. Il turismo, non essendo supportato da una adeguata offerta locale, non può che svolgere un ruolo marginale trasformandosi in una domanda aggiuntiva di beni prodotti altrove. E’ notorio per esempio che gli alberghi di Scalea si approvvigionano ai mercati generali di Napoli. Che il turismo, non supportato dai settori primario e secondario, non sia in grado di  incidere sull’economia di una regione è  dimostrato  da regioni come la Sicilia. I dati relativi al 2008 indicano nella Sicilia, con le sue 1.800.000 presenze, la regione italiana meta del maggior flusso turistico. Ciò non toglie che la Sicilia continua ad essere una delle regioni italiane con più basso reddito. Questa drammatica realtà è stata accompagnata da un intervento  pubblico che si è segnalato negli anni per inefficienza ed inadeguatezza. Una persona oculata, nel decidere dove trascorrere le vacanze, terrà fondamentalmente in conto  di tre parametri:

  • facilità di accesso
  • caratteristiche della località
  • rapporto costi/servizi

Il primo problema quindi è certamente quello della rete di comunicazione. E’ velleitario voler fare turismo in una località che presenta serie difficoltà per quanto attiene le vie di comunicazione. Per quanto attiene il trasporto su gomma la Calabria sostanzialmente è attraversata longitudinalmente da tre assi viari: l’autostrada, la tirrenica e la Jonica. Lo stato dell’autostrada è noto alle cronache nazionali ed internazionali.

La Jonica e la tirrenica svolgono contemporaneamente due funzioni inconciliabili: strade urbane e strade interregionali a scorrimento veloce.I tempi di percorrenza di tratti come Scalea/Santa Maria del Cedro superano ogni immaginazione mentre la Jonica è nota alle cronache come la strada della morte. Per quanto attiene il trasporto ferroviario i piani delle ferrovie non prevedono  programmi diretti alla realizzazione dell’alta velocità in Calabria o comunque collegamenti che possano soddisfare la domanda di chi intende venire in Calabria. La rete dei collegamenti portuali è inesistente. La rete aeroportuale è inadeguata, inefficiente e dai costi elevati. Diciamo la verità: venire in Calabria molte volte è una avventura che non tutti sono disposti a correre.

  • Per quanto attiene le caratteristiche delle località turistiche va evidenziato che la Calabria che abbiamo avuto modo di amare, la Calabria dei nostri padri era certamente una delle località più belle del mediterraneo.

 Purtroppo la Calabria che lasceremo ai nostri figli è una Calabria del tutto diversa.Ma senza voler cadere nel sentimentalismo relativamente a quello che fu cerchiamo di analizzare la realtà attuale. Il mare calabrese se non è inquinato è certamente sporco. La pulizia delle acque marine è il primario problema su cui la giunta Loiero, che si appresta a candidarsi nuovamente, è miseramente fallita. Non si pensava certo che si potesse realizzare la promessa “acqua da bere”  ma un sostenibile piano di trattamento delle acque reflue non era solo auspicabile ma anche doveroso. L’aver sottratto la gestione dei depuratori esistenti ai comuni per affidarla a un ulteriore carrozzone è stato l’ultimo errore che  ha solo aggravato la situazione a vantaggio di clientele politiche. Contemporaneamente vengono segnalati casi di inquinamento radioattivo. recentemente le Capitanerie di porto hanno interdetto alla pesca un tratto di mare tra Acquappesa e Belvedere per la presenza nei fondali di una nave dal carico “pericoloso”. La notizia certamente non ha avuto il rilievo che meritava e comunque è un problema su cui non si è fatta la necessaria chiarezza.

  • La Regione Calabria non riesce a dotarsi di un piano per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani degno di un paese civile.Spesso il panorama che si offre al turista in transito sulle inadeguate strade calabresi è quello di cumuli di rifiuti abbandonati da giorni. Si continua nell’utilizzare le mega discariche di Crotone e Lamezia con costi di gestione che sono diventati proibitivi per i comuni.
  • Il sistema idrico è fatiscente determinando consumi pro abitante faraonici. Lo spreco come al solito si accompagna con la scarsità: in molti comuni mentre le condotte registrano perdite del 40% , nei mesi estivi la carenza di acqua diventa un problema irrisolto.
  • Manca un piano per il recupero dei centri storici.Se si esclude qualche meritevole esempio di oculata gestione, i centro storici calabresi, che dovevano e potevano essere una risorsa, si sono trasformati in luoghi fatiscenti.Si è continuato con l’attività edilizia lungo la costa che nelle dichiarazioni ufficiali tutti condannano ma che di fatto quasi tutti praticano o ne agevolano la pratica. 
  • In Calabria i misteri sono tanti.Le terme sono una fonte di ricchezza in tutto il territorio nazionale.Il turismo termale è certamente uno dei più sviluppati.Tutto ciò non vale per la Calabria.Le terme in Calabria non riescono ad essere un volano per lo sviluppo.
  • Il personale che opera nel settore turistico è improvvisato e conseguentemente inadeguato.I corsi professionali istituiti dalla Regione Calabria e dagli Istituti di Istruzione, nonostante gli investimenti  consistenti, non sono in grado di fornire un personale adeguato.Senza volere analizzare analiticamente il settore, riflettiamo un istante sulla povertà di conoscenze delle lingue da parte di tutti coloro che operano nel settore turistico.Si parla tanto di aprire al turismo straniero in una regione in cui incontrare una persona che conosce una lingua è una impresa.

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Il questo contesto la domanda se non varia nei numeri certamente varia nella qualità. A fine estate siamo soliti chiederci se il numero delle presenze è aumentato o diminuito.Non ci chiediamo però se la qualità è aumentata o diminuita.Nel contesto descritto il turismo in Calabria non ha futuro.Basta sfogliare un qualsiasi catalogo per rendersi conto di questa triste realtà.E non basta a modificare il quadro descritto gli spot pubblicitari del pur bravo Gattuso o un nutrito calendario di spettacoli.

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La inefficienza della giunta regione calabrese non è circoscritta ai settori indicati.Si possono fare però degli esempi certamente significativi ma non esaustivi del dramma calabrese.

  • Il sistema idro/geologico presenta un quadro allarmante nonostante il numero degli operai forestali. Basta ricordare le tragedie degli ultimi anni. In tanti altri casi la tragedia è stata solo sfiorata ma i danni al territorio si sono rilevati devastanti.
  • Il sistema sanitario è al capolinea.Nel solo mese di Agosto sono sei i casi di morte sospetta. I casi dell’Ospedale di Cetraro e di Locri sono gli ultimi di una serie interminabile di decessi determinati da mala sanità che si accompagna con una voragine di debiti che non si riesce neanche a quantizzare.La spesa sanitaria  ha assunto infatti indici elevatissimi in presenza di un servizio non degno di un paese civile.Il numero di degenti ricoverati negli Ospedali delle altre regioni aumenta giornalmente in modo esponenziale  mentre anche le cronache nazionali riferiscono di casi di mala sanità.Certamente l’on. Laratta ha ragione allorquando afferma che Loiero non può essere considerato responsabile delle sei morti avvenute in Calabria nell’ultimo mese.Il problema però è mal posto.Il problema è la politica sanitaria in Calabria e chi è a capo della Giunta regionale non può essere esente da responsabilità.

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Non può essere pertanto sottaciuto il ruolo negativo svolto dal Governo Loiero (che si appresta a richiedere ed ottenere la riconferma a candidato a governatore della Calabria) e, più in generale, della intera classe politica. Ma l’aspetto più drammatico è l’assoluta inadeguatezza del dibattito all’interno del Partito Democratico alla vigilia del congresso. Le aggregazioni e le disagregazioni  appaiono più dettate da giochi di potere che da effettiva convergenza e/o divergenza sulle tematiche che dovrebbero formare l’agenda politica di chi si appresta a governare il maggiore partito dello schieramento di centro/sinistra in Calabria e in Italia. Un partito che si afferma dalle radici regionaliste non può limitarsi a una analisi sulla situazione nazionale senza accorgersi del baratro in cui opera nella regione Calabria e di cui è certamente corresponsabile. Non si può uscire dalle secche in cui la Regione Calabria  è incagliata senza una serena riflessione sulla classe dirigente di questa regione. Una classe dirigente che governa da almeno un trentennio. L’assessore Maiolo a Diamante ha parlato della conferma di Loiero nella continuità della politica dell’attuale Giunta. L’assessore Maiolo non sembra che abbia il polso del sentire dell’elettore calabrese. L’elettore calabrese è alla ricerca della discontinuità nei confronti dell’ intera classe politica sia essa di centro destra che di centro sinistra. L’elettore calabrese vede che la lotta politica è solo lotta di potere che il consociativismo soffoca le istituzioni e con esse la democrazia. Chi rivendica continuità può solo puntare sulla rassegnazione di quanti sperano nella discontinuità ma non riescono a intravedere la possibilità di realizzarla. Chi dei candidati a segretario nazionale del Partito Democratico e a segretario regionale è disposto ad uscire dalle paludi del politichese per dire una volta per tutti cosa, come, e quando.

Chi è disponibile alla formulazione di  una precisa e articolata piattaforma politica e su di essa ricercare oggi il consenso degli iscritti domani quello degli elettori. Francesco Perre  iscritto al circolo del Pd di Belvedere Marittimo (cs) - 08.09.2009

* la lettera è stata inviata ai candidati alla segreteria nazionale e regionale del Partito Democratico

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