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l’ultima chiamata per il Mezzogiorno PDF Stampa E-mail
Scritto da mauro d'aprile   
Martedì 09 Maggio 2017 18:26

Credo sia giunto il tempo di ritornare a riflessioni più responsabili di quanto si sta compiendo in Politica, dove, anche i giovani che si dicono impegnati, mostrano un approccio privo di contenuti ma ricco di formalismi di facciata, tutti protesi alla cura dell’immagine.

Per i giovani del Mezzogiorno poi, non credo restino margini di ulteriori indugi su di un processo di responsabilizzazione che vada nella direzione di aprirsi ai contenuti abbandonando i processi di personalizzazione lideristica della Politica tanto cara ai movimenti e disastrosa per i Partiti (vedi vicende PD e Destra nel suo complesso).

Sarebbe facile fare un quadro disastroso della situazione economica e sociale del Mezzogiorno. La povertà è a livelli allarmanti, la disoccupazione è altissima, la fuga di cervelli inarrestabile, la natalità in picchiata. Soprattutto, al di là di questa fotografia purtroppo nota, ci sono altri dati meno conosciuti ma altrettanto gravi: la spesa ordinaria conto capitale (leggi investimenti) nel giro di sei anni è scesa dagli 11,7 miliardi del 2009 ai 5,1 miliardi del 2015. Quella del fondo di sviluppo e coesione nel 2014-2015 ha toccato il minimo storico (1,35 miliardi, contro i 4,2 del 2009 e i 2,7 del 2013). I Fondi europei non solo sono stati usati in extremis e su mille rivoli (per la verità quasi un milione), per lo più infruttuosi. Ma sono stati utilizzati, attraverso la rendicontazione, come spesa sostitutiva dei trasferimenti ordinari e non per quello per cui dovrebbero servire: una spesa aggiuntiva per investimenti produttivi. Per fare una scuola, insomma, non si usavano più i fondi statali ma quelli europei. L’elenco degli orrori del passato, recente o meno, è lungo. Di patti e accordi di programma territoriali son piene le fosse. Di agevolazioni specifiche se ne sono contate decine, dalla Legge 488 su turismo, industria e artigianato (l’11esimo bando da solo ha finanziato 3.100 imprese) alla Legge 341 su crediti di imposta, passando per normative regionali che non di rado si sono sovrapposte a quelle nazionali.

Sarebbe facile fermarsi a questo quadro desolante. Tuttavia il 2017 è segnato da alcune novità, che stanno segnando quantomeno un cambio di clima. L’Italia è tornata ad avere un ministero per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno. L’aveva avuto con i governi Berlusconi (ministro Fitto), Monti (ministro Barca) e Letta (ministro Trigilia). Poi era diventato un sottosegretariato della presidenza del Consiglio, prima nelle mani di Graziano Delrio e poi di fatto di Claudio De Vincenti. Ora il ministero è tornato e il ministro è proprio Claudio De Vincenti, che negli anni precedenti si era occupato molto di crisi aziendali e ora si occupa di un’area che si può quasi considerare una grande crisi.

Il ritorno del ministero è però solo un pezzo del discorso. Nella legge di bilancio 2018 è stata decisa la decontribuzione per le assunzioni nelle regioni del Meridione. C’è stata la stipula di Patti per il Sud, per otto regioni, sette città metropolitane più Taranto. È avvenuto il passaggio della Banca del Mezzogiorno (creazione di Giulio Tremonti) dalle Poste a Invitalia, che promette di dirottare le risorse verso investimenti più produttivi. È in corso una negoziazione con la Commissione Ue per la creazione di “zone economiche speciali” su cui concentrare incentivi fiscali. Il decreto Sud, approvato a febbraio, ha poi messo altri tasselli. C’è stata l’estensione del credito di imposta per le imprese che investono in macchinari. Sono aumentate sia le aliquote di esenzione sia i tetti di spesa detraibili per le piccole e per le medie imprese. E, soprattutto, il decreto Sud ha compiuto un passo poco pubblicizzato ma significativo: a partire dall’anno prossimo i la spesa ordinaria in conto capitale dovrebbe cambiare distribuzione, a vantaggio del Sud: sarà infatti distribuita per legge in misura proporzionale alla popolazione. Il Meridione, che negli ultimi anni l’ha vista decrescere, dovrebbe avere un aumento che si può stimare in circa 6 miliardi all’anno, secondo i calcoli de Il Mattino. Il condizionale è d’obbligo perché mancano i decreti attuativi e quindi prima di giugno si parla solo di dichiarazioni di intenti.

A partire dall’anno prossimo i la spesa ordinaria in conto capitale dovrebbe cambiare distribuzione, a vantaggio del Sud: saranno infatti distribuiti per legge in misura proporzionale alla popolazione. Il Meridione, che negli ultimi anni li ha visti decrescere, dovrebbe avere un aumento che si può stimare in circa 6 miliardi all’anno.

Se nuove risorse ora quindi ci sono (per quanto i Patti per il Sud siano sostanzialmente un mettere ordine in progetti già previsti e spesso finanziati), basteranno per segnare anche un cambiamento di Pil?

Il 2017 sarà davvero, come promesso dal ministro della Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, l’anno della svolta per il Sud? La risposta di chi segue queste vincende da vicino è prudente. «La storia delle agevolazioni al Sud degli ultimi anni ci lascia alcune lezioni: la prima è che troppi strumenti fanno male, perché creano molta confusione. La seconda è che la frammentarietà delle agevolazioni non porta sviluppo: dare 100 euro a 100 persone non porta gli stessi benefici che comporterebbe dare 50 euro a testa a due aziende che poi crescono. Le priorità dovrebbero essere almeno tre: avere il coraggio di fare delle scelte su grandi progetti da investire; proteggere il percorso delle opere, per esempio comminando sanzioni a ricorsi al Tar che risultassero puramente strumentali; e affrontare l’impantanamento a cui vanno incontro i progetti in caso di “cambio della guardia” nei posti di responsabilità, magari per logiche di spoil system.

Il fatto è che quando i soldi europei sono stati effettivamente spesi, come nel 2015, gli effetti sul Pil si sono fatti sentire positivamente (il Sud in quell’anno è cresciuto poco più della media nazionale), come ha sottolineato anche l’ultimo rapporto dello Svimez. Per contro, se ci sono anni di buco, si sentirà l’effetto contrario. A riequilibrare il tutto, come detto, potrebbero esserci le risorse aggiuntive ordinarie, decise dal decreto Sud. Sarebbe un cambio di passo rispetto al recente passato. In ogni caso si sottolinea come queste spese riguardino le amministrazioni pubbliche, mentre rimangono fuori quelle di società pubbliche, come Ferrovie dello Stato e Anas. “Sappiamo che negli ultimi anni la spesa del gruppo Ferrovie dello Stato si è concentrato sull’Alta Velocità e questo ha significato risorse quasi nulle per il Sud. Possiamo discutere dell’opportunità politica o meno, ma non che si considerino queste delle decisioni solo aziendali”.

Ecco, i giovani del Mezzogiorno dovrebbero porre questi interrogativi alla Politica ed interloquire con i presunti referenti sui contenuti della stessa piuttosto che abbandonarsi ai deliri dei processi di Personalizzazione della stessa. Non c’è più spazio per queste meteore destinate a svanire in brevi lassi di tempo. Anche il recentissimo successo del Cittadino Macron in Francia, che per molti osservatori è destinato ad una sofferenza già nei primi provvedimenti da intraprendere, si pone nella prospettiva della Storia Politica di sempre: dopo il trionfo dell’Immagine…. i Contenuti?........vedremo.

Per il Mezzogiorno la Storia è necessariamente diversa........ “ I Contenuti devono conoscersi prima!”

In una ottica del tutto nuova, per ottenere risposte diverse, c’è da attenzionare solo i contenuti! E per quanto è in argomento, c’è poi da capire se i soldi e gli investimenti saranno reali. L’ultimo documento dell’Ufficio parlamentare del Bilancio ha mostrato come per il 2016 il governo avesse promesso alla Commissione Ue più investimenti, in cambio della flessibilità ottenuta sui conti. Invece, gli investimenti a conti fatti sono scesi del 4,5 per cento. Mauro D’Aprile - 09.05.2017

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