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Italicum e revisione costituzionale: facce della stessa medaglia PDF Stampa E-mail
Scritto da paolo carrozzino   
Giovedì 10 Novembre 2016 11:14

La interessante relazione del Prof. Walter Nocito, tenuta presso l’Aula Magna dell’Università della Calabria lo scorso 26 ottobre, durante il Convegno di Studi “Costituzione, Diritti, Europa. Giornate in onore di Silvio Gambino” e (meritoriamente) pubblicata sul sito laltrasinistra.it (“Attualità e attuazione della Costituzione nell’opera di Silvio Gambino”), stimola alla riflessione e sollecita alcune considerazioni;

considerazioni che, a mio modo di vedere, dimostrano la inscindibile, quanto ineludibile, correlazione esistente tra la revisione costituzionale, della quale si chiede l’approvazione e la legge n.52 del 6 maggio 2015, meglio conosciuta come Italicum, concernente “Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati”; considerazioni che, inoltre ed al contempo, fortificano, ove possibile, la mia, peraltro nota, scelta di votare NO al referendum del prossimo 4 dicembre.

La proposta di modifica costituzionale approvata dal Parlamento in carica ed oggetto di consultazione referendaria prevede, tra l’altro e nella sostanza, che: a) la fiducia al Governo venga concessa non più da entrambi i rami del Parlamento (come previsto, invece, dalla Costituzione vigente), ma esclusivamente dalla Camera dei Deputati; b) il Senato della Repubblica rappresenti le “istituzioni territoriali”; c) ciascun membro della Camera dei Deputati rappresenti la Nazione; d) si superi il “bicameralismo paritario” nell’esercizio della potestà legislativa dello Stato, salvo che per alcune materie; e) sia la Camera dei Deputati ad esercitare “la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo”.

Posto, poi, che il funzionamento degli Organi costituzionali, non può, nemmeno teoricamente, essere esposto al rischio di una paralisi (Sent. Corte Cost. 29/1987), allora, affinché il Parlamento, composto da Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, esista ed operi, è necessario che viga una legge elettorale in grado di assicurarne il rinnovamento (Sent. Corte Cost. 5/1995), legge elettorale che, pertanto, può ben essere definita “costituzionalmente necessaria” (Sent. Corte Cost. 13/2012); ne deriva, pertanto, che: la legge elettorale vigente per il rinnovo della Camera dei Deputati, cd. Italicum e la disciplina (transitoria) prevista per il rinnovo del Senato della Repubblica risultano assolutamente rilevanti nell’odierno dibattito sulla consultazione referendaria.

Premesso ciò, la relazione logicamente esistente e pragmaticamente sussistente tra la revisione costituzionale di cui si chiede l’approvazione e la legislazione elettorale vigente, in particolare per la Camera dei Deputati, incide, in senso modificativo, sulla forma di governo parlamentare dell’ordinamento italiano; forma di governo parlamentare che dovrebbe, invece ed ancora, caratterizzarsi per essere l’Esecutivo «emanazione permanente» del Legislativo (Leopoldo Elia).

Nel merito, l’Italicum prevede un sistema elettorale proporzionale a doppio turno di lista con premio di maggioranza, nonché capilista bloccati nei collegi e soglia di sbarramento per l’accesso in Parlamento fissata al 3%; impone, inoltre, confermando il testo legislativo introdotto, sul punto, con il Porcellum, ai “partiti o gruppi politici che si candidano a governare” la dichiarazione del “nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica”.

Pur non essendo, tale ultima disposizione, vincolante per il Presidente della Repubblica nell’affidamento, al “capo vittorioso”, dell’incarico per la formazione del Governo, l’Italicum, in realtà, consentirà: a) il mutamento di una minoranza elettorale in maggioranza parlamentare, nell’unica Camera (quella dei Deputati) titolata ad esercitare la “funzione di indirizzo politico” ed a concedere/revocare la fiducia al Governo; b) il trattamento diseguale dei candidati capilista, rispetto agli altri candidati proposti dalla medesima lista nel medesimo collegio; c) un’alterazione funzionale dei partiti  politici, i quali non si  candideranno più a rappresentare idee, valori ed interessi, ma, più concretamente, andranno alla ricerca del consenso elettorale, al solo fine di governare; d) la modificazione del processo di manifestazione della volontà sovrana: il popolo non eleggerà più rappresentanti, ma voterà per governanti.

Il dado è tratto!

La legge elettorale scardina (illegittimamente) il dato Costituzionale.

La libertà politica è ridotta.

La rappresentanza politica è immolata in nome della stabilità del Governo.

L’Esecutivo non è più «emanazione permanente» del Legislativo.

Paolo Carrozzino - 10.11.2016

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