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guida semiseria e non ragionata al (mio) voto PDF Stampa E-mail
Scritto da pino gagliardi   
Mercoledì 19 Novembre 2014 10:05

Fra qualche giorno tutti i cittadini calabresi saranno chiamati a scegliere il nuovo governatore della Regione e i 30 consiglieri che per il prossimo quinquennio (Magistratura permettendo) siederanno sugli scranni reggini di Palazzo Campanella e/o su quelli molto più appetibili di Palazzo Alemanni in Catanzaro.

Venerdì si chiuderà una campagna elettorale (è mai partita?) che definire silenziosa e sciapa è dir poco. Indolore, direi, sotterranea, subdola… Si concluderà – si spera – anche l’imbrattamento di muri e spazi di ogni tipo, che liste e candidati hanno utilizzato «nel rispetto delle norme» per farsi propaganda elettorale.

Nella provincia di Cosenza sono in lizza «solo» 135 candidati per 9 posti, con un rapporto di 15 a 1. La battaglia è teoricamente dura, molto dura. Eppure tutto apparentemente tace, ma solo apparentemente.

È da un po’ di tempo che vado convincendomi della necessità di esprimere il mio voto… non andando a votare. Finora non l’ho mai fatto e ad ogni ricorrenza elettorale (tante, troppe forse) mi sono recato al seggio per esercitare puntualmente il mio diritto di voto e ottemperare contemporaneamente al dovere di ogni cittadino.

Questa volta la tentazione di non andare a votare è molto forte eppure… eppure i soliti dubbi mi assalgono. Il «diritto» al non voto è legittimo ed esprime la volontà del cittadino di volersi astenere dallo scegliere, per ragioni che possono essere le più varie, ma che in questo momento storico possono essere ricondotte ad una sola: siamo profondamente schifati dalla politica e dai politici e dalla loro incapacità di dar voce ai territori (espressione di cui tutti si riempiono la bocca) e soluzione ai tanti problemi di una regione così maledettamente complicata come la Calabria.

La scelta del non voto, per di più, è pubblica, nel senso che così facendo, l’elettore «grida» a tutto il mondo il suo disappunto e disgusto.

Eppure, ripeto, i dubbi mi assalgono. Due considerazioni mi spingono a escludere questa opzione. Da un lato penso a quanti, nel corso della storia nazionale, hanno lottato e versato sangue per conquistare, anche e non solo, il diritto di voto a suffragio universale: non andando a votare mi sentirei un vigliacco, un traditore nei loro confronti. Dall’altro lato il non voto, pur avendo un alto valore simbolico per colui che lo esprime, di fatto non ha alcun effetto sulle elezioni: i seggi vengono attribuiti sui voti validamente espressi. In buona sostanza qualcuno decide anche per me che ho scelto di non scegliere…

Allora, mi dico: bene, vado a votare e annullo la scheda (esprimendo, nel segreto dell’urna, il mio disappunto) o la lascio in bianco (esprimendo segretamente la mia «astensione»); tutti sanno che ho votato, posso «promettere» il mio voto a ciascuna delle rapaci aquile che me lo ha chiesto e sentirmi a posto con la coscienza, avendo esercitato il mio diritto-dovere da buon cittadino. Ebbene, anche in questo caso non ho risolto niente: i seggi vengono attribuiti in base ai voti validamente espressi e né la scheda nulla né la scheda bianca sono considerati tali. Ancora una volta altri decidono per me.

Che fare, dunque?

Da buon cittadino, senza più alcun riferimento politico e oramai completamente disorientato, faccio lavorare la mia testa, che, dopo lunghe ore di meditazione zen, partorisce l’idea di vagliare candidati e programmi. Bene, vado su internet e provo a fare una ricerca: tranne qualche rarissimo caso, di programmi neanche l’ombra. Solo siti autocelebrativi di singoli candidati pronti a venderti, pur non avendone il diritto di proprietà, anche l’aria che respiriamo.

Oltretutto la legge elettorale regionale prevede degli sbarramenti tali da rendere inutili (o quasi) i voti espressi per quelle liste che non dovessero superare la percentuale minima per accedere alla ripartizione dei seggi. Mi spiego così perché molti parlano di voto utile (ma guarda un po’…).

Per chi cavolo votare, mi dico. Scrivo cavolo, ma in realtà penso ad un altro e più colorito sostantivo, che rende decisamente meglio l’idea, ma tant’è… il pubblico decoro m’impone l’uso di una terminologia rispettosa dei lettori…La testa mi gira e più ci penso e più mi sento disorientato.

Dunque, riepiloghiamo: voglio andare a votare per rispetto della nostra storia e per adempiere ad un diritto dovere in quanto cittadino, non voglio che altri decidano per me, ma non so proprio per chi votare: mi trovo in un vero e proprio «cul de sac». Chiedo scusa per il francesismo, ma questa volta nella mia testa scambio di posto la prima e la terza parola. Mi trovo proprio lì… Sai che ti dico?

Domenica mattina prendo un paio di dadi («Alea iacta est» direbbe il buon Caio Giulio Cesare) e lascio decidere alla sorte. Con buona pace della (mia) coscienza. Pino Gagliardi - cittadino della «Calàbbria» - 19.11.2014

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