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reddito minimo garantito, un disegno di legge regionale di iniziativa popolare PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   
Martedì 22 Marzo 2011 18:43

Reddito minimo garantito, un disegno di legge regionale di iniziativa popolare per ridurre la disuguaglianza, per favorire la mobilità sociale, per sostenere l’economia.Firma anche tu

1. Introduzione

Gli Italiani che nel 2010 non avevano un lavoro, erano il 38.6% della popolazione attiva (15-64 anni); nel Sud erano il 50%, in Calabria il 56,9%. Nel 2011 400.000 lavoratori, oggi in cassa integrazione, rischiano di diventare disoccupati. La percentuale dei poveri relativi, il cui reddito, cioè, è inferiore al 50% del reddito medio nel 2010, era in Italia il 12,2% contro una media OCSE del 10,2%; nel Sud era il 23.8%, in Calabria il 27,8%. Coloro che vivevano in condizioni di povertà assoluta erano 2.427.000 individui. L’ISTAT considera poveri assoluti, coloro che evidenziano problemi di sopravvivenza, non avendo risorse sufficienti per cibo, indumenti, bollette. Pertanto, garantire un reddito minimo a tutti i cittadini italiani, e a voi cittadini calabresi in particolare, costituisce un imperativo categorico che dovrebbe essere fortemente avvertito in un Paese come l’Italia che affonda le proprie radici culturali nel principio illuminista delle pari opportunità, nell’ ideale socialista di eguaglianza, nel solidarismo cattolico. Ma garantire un reddito minimo di cittadinanza costituisce anche un contributo a: rendere il nostro Paese meno disuguale, a favorire la nobiltà sociale, a sostenere la ripresa economica.

2. Disuguaglianza

L’Italia è un paese fortemente diseguale dal punto di vista economico; innanzitutto in rapporto agli altri Paesi. Infatti si colloca al 13° posto nell’U.E., per prodotto interno lordo procapite Poi è diseguale tra le diverse categorie interne. Per quanto riguarda il reddito il rapporto tra il 10% più ricco e il 10% più povero è pari a 12; la media OCSE è 9, in Germania, Paesi del Nord è 5-6. La disuguaglianza economica non è riferita solo al reddito ma anche al patrimonio (case,terreni,negozi,titoli,azioni...): mentre il 10% più ricco possiede il 45% del patrimonio, il 10% più povero possiede solo il 9,7%. La disuguaglianza presenta, inoltre, indici diversi tra Nord e Sud. Misurata in base al reddito, nel 2006 la Calabria aveva un indice pari a 32,3, inferiore solo alla Campania e alla Sicilia. Misurata in base al patrimonio e fatto uguale a 100 il valore nazionale, nel Sud il patrimonio ha un valore di 65. La disuguaglianza tra Nord e Sud è destinata ad aumentare con il Federalismo fiscale. Diminuiti i trasferimenti erariali ai Comuni, gli stessi sono costretti ad aumentare l’addizionale IRPEF, ma poiché il reddito medio in Calabria è di 13 mila euro contro i 22 mila euro della Lombardia, i Comuni Calabresi incasseranno molto meno e forniranno meno servizi. E allora garantire un reddito minimo di € 500 mensili per 3 anni a 20000 Calabresi, significa ridurre la disuguaglianza e consentire l’uscita dalla condizione di povertà.

3. Mobilità

Nelle società preindustriali le disuguaglianze sociali erano accettate come necessarie o imposte da princìpi religiosi. Oggi un elevato livello di disuguaglianza può anche essere considerato accettabile, se accompagnato da un alto grado di mobilità, che consiste nel processo attraverso il quale gli individui si muovono tra posizioni sociali diverse, sia all’interno del percorso individuale di vita (mobilità intragenerazionale), sia tra padre e figlio (mobilità intergenerazionale). Ma in Italia non è così. L’Italia è caratterizzata da una forte disuguaglianza economica e da una scarsa mobilità sociale:

  • L’84,7% dei figli della borghesia ( che per l’ISTAT comprende imprenditori con più di 7 dipendenti, liberi professionisti, dirigenti) rimane nel blocco sociale d’origine;
  • solo il 7,3% dei figli della classe operaia entra a far parte della borghesia.

Ancora una volta profonde differenze si registrano tra Nord e Sud: nel Nord il tasso di mobilità è pari al 40, nel centro è pari a 37, nel Sud è uguale a 28. La scarsa mobilità non solo è ingiusta ma si traduce, in economia, in uno spreco di risorse intellettuali, in una bassa produttività rispetto ad una società dove tutti i giovani hanno uguali probabilità di successo. La scuola potrebbe fungere da ascensore sociale ma l’Italia è il Paese che investe meno nell’istruzione: solo il 4,5% del PIL nella scuola contro il 7% della Svezia e il 5,7% dell’U.E. Di conseguenza l’Italia è il Paese con il minor numero di laureati: nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni i laureati in Italia sono 19 ogni 100; nell’U.E. 30 ogni 100, in Spagna 40 come Danimarca e Svezia, in Corea 60. Peggio dell’Italia solo la Turchia. Ancora una volta, più grave è la situazione del Meridione; i test di valutazone scolastica, parlano chiaro: il rendimento scolastico è più alto in quelle regioni dove si investe in educazione di qualità sin dall’infanzia e in Calabria e in Campania solo il 3% dei bambini frequenta l’ asilo nido mentre il modello educativo del tempo pieno nelle scuole primarie è meno diffuso. Pertanto, garantire un reddito minimo, a quanti sono privi di risorse, può favorire la mobilità sociale; 9 miliardi di euro sottratti al patrimonio e dalla rendita e investiti in’istruzione, formazione,piccole attività imprenditoriali, consentono, in parte, di superare le disuguaglianze derivanti dalla originaria collocazione sociale. Ciò costituirebbe una conquista etica ma anche un vantaggio per il nostro Paese che potrebbe avvalersi di talenti e capacità che altrimenti non emergerebbero.

4. Crisi economica

La disuguaglianza economica, quando è esasperata, provoca profonde crisi economiche, come è accaduto a partire dal 2007, perché è noto che la propensione al consumo diminuisce con l’aumento del reddito ( chi guadagna € 1000 li spende tutti, chi ne guadagna 10000 ne spende solo una parte). Pertanto, garantire un reddito minimo a 1.500.000 di Italiani si tradurrà in un contributo importante al superamento della crisi. Naturalmente siamo consapevoli che per ridurre le disuguaglianze occorre ben altro: aumentare i salari, azzerare l’evasione fiscale, tassare i patrimoni, le rendite finanziarie, allentare la pressione fiscale su salari e profitti. Siamo anche consapevoli che per ridurre la mobilità sociale occorre: abolire i privilegi delle caste chiuse con la liberalizzazione delle professioni, garantire il diritto all’istruzione e alla formazione a tutti i cittadini. Come siamo consapevoli che per la ripresa economica occorronoi investimenti pubblici nel riassetto idrogeologico, nelle fonti rinnovabili, nei beni culturali, incentivi alle imprese che investono nelle nuove tecnologie e in settori ad alta occupabilità (agricoltura biologica). Ma il reddito minimo garantito, finanziato attraverso una tassa sui grandi patrimoni, sulle rendite e le transazioni finanziarie (una tassa del 5‰ sui patrimoni superiori a 3 milioni di euro ammonterebbe le entrare erariali di 10,5 milioni di euro, la tassazione delle rendite al 23%, in linea con quella dei grandi Paesi europei, consentirebbe un introito di 2 miliardi di euro, la tassazione dello 0,05% sulle transazioni finanziarie internazionali, oltre che contrastare la speculazione, solo all’Italia garantirebbe 4 miliardi di euro), può contribuire a ridurre le disuguaglianze e la povertà,a rendere meno immobile il nostro Paese, a sostenere l’economia .

5. Conclusione

Occorrono 5.000 firme di cittadini elettori perché il disegno di legge regionale di iniziativa popolare: “Reddito minimo garantito” sia discusso in seno al Consiglio della Regione Calabria. Presso la segreteria del Comune di Belvedere Marittimo sono disponibili i moduli. Firma anche tu - Riccardo Ugolino - 22.03.2011

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