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conflitto d’interessi, leggerezze, scivolamenti e dimenticanze, le sviste del consigliere Sansoni PDF Stampa E-mail
Scritto da antonello troya   
Venerdì 13 Agosto 2010 14:12

La brava e simpatica Raffaela Sansoni pensa di essere Bersani o Di Pietro e si appella al “conflitto d’interessi” confondendo la mia persona con Berlusconi. Si eleva a giudice scivolando nell’inquisizione che certamente non risponde alla sua autorevole figura di consigliere di minoranza.

Passerà agli annali della storia politica belvederese questa inutile presa di posizione della minoranza sui consulenti del sindaco e della giunta. Si è discusso di tutto e del contrario di tutto: da quando la minoranza appoggiata da associazioni fantasma affiliate ad ex amministratori, gridava allo scandalo per le nomine dello staff. Addirittura si è caduti nella diffamazione quando manifesti inneggianti alla disobbedienza civile motivavano l’aumento della tassa dei rifiuti con il pagamento dei consulenti. Nulla di tutto ciò. Forse la brava Sansoni, impegnata a fare da eco a voci sottobanco, non si è accorta che la mia figura non ha percepito nemmeno un euro da questa consulenza.

Dall’alto del suo ruolo crede di poter insegnare ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Anche a fare il giornalista, dare lezioni di giornalismo e pontificare sulle leggi che governano il settore.

In odore di presunzione diventa pretestuosa quando si appella alla legge 150/2000 che disciplina le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni. Forse sente troppo i mal consigli di chi le sta vicino per inquadrare la verità dei fatti. Dispiace dover dire alla simpatica Raffaela che ha toppato, quando si appella alla legge sulla stampa (la 150/2000) dove il comma 4 indica il divieto di esercitare incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche: sono certo che le sarà sfuggito il decreto legislativo n° 165/2001 che esclude l’incompatibilità di collaborazioni con giornali, come è il mio caso. Per far capire: non si può ricoprire l’incarico di redattore (quindi professionista con contratto) in un giornale, non quello di collaboratore come stabilisce il rapporto di lavoro con la testata per cui scrivo. Sono certo che adesso ho soddisfatto le attenzioni mediatiche del consigliere di minoranza.

Bastava comunque chiedere al caro amico Egidio lumi sulla questione, avrebbe certamente trovato sentenze anche della suprema corte che danno ragione ai giornalisti-collaboratori.

Sarebbe curioso invece sapere cosa ne pensa il consigliere di minoranza su incarichi legali dati ad avvocati da parte di un ente pubblico. Se il professionista può o meno continuare a svolgere la sua professione. Eppure l’art. 3 della legge professionale (RDL 1578/33) stabilisce la incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato “con qualunque impiego o ufficio retribuito” a carico dello Stato o di enti pubblici, e inoltre “con ogni altro impiego retribuito anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza, che non abbia carattere scientifico o letterario”. La ratio di tale divieto è individuata nel fatto che l’esistenza di un rapporto continuativo e retribuito di collaborazione fa venir meno “quella posizione di indipendenza, sia morale che economica, che è caratteristica fondamentale della professione forense, intesa come professione liberale” (Consiglio Nazionale Forense 19 luglio 1995). Ma sono certo che anche in questo caso ci saranno una serie di sentenze a favore degli avvocati.

Curioso che queste presunte incompatibilità dei consulenti siano venute fuori solo nel corso di questa amministrazione e mai nessuna nella passata, dove anche la corte dei conti aveva dato il suo diniego. Ma si sa le leggi per gli amici si interpretano, per i nemici si applicano.

Sull’esito del premio giornalistico mi aspettavo più un cenno di soddisfazione per quanto sono riuscito a realizzare e non le solite critiche da mercato. Con affetto  Antonello Troya -13.08.2010

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