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Pio La Torre: una storia italiana PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   

“ Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene” era solito ripetere Paolo Borsellino.

E l’Amministrazione Comunale di Belvedere Marittimo ha raccolto l’appello, parlando di mafia in più di una occasione:

- commemorando la figura di Peppino Impastato

- ricordando il sacrificio di Giannino Lo Sardo, al quale è stata intitolata una strada di Belvedere M.mo

- onorando la memoria di Pio La Torre alla presenza del figlio Franco e degli autori di una recente biografia sul politico e l’uomo che sfidò la mafia: Claudio Camarca, autore di diverse pubblicazioni sulla realtà dell’immigrazione, sul terrorismo islamico, regista di film come “Quattro bravi ragazzi” e Giuseppe Bascietto giornalista, responsabile dell’ufficio stampa della CISL di Roma e Lazio, impegnato nello studio del fenomeno mafioso e della criminalità economico – finanziario , autore del libro inchiesta “Stidda, la quinta mafia”.

Impastato, Lo Sardo, La Torre, tre comunisti vittime della mafia, le cui figure si stagliano ben al di là dei confini dell’area politica di appartenenza, per entrare con forza nella storia del nostro Paese e del Meridione d’Italia.La biografia di Pio La Torre ripercorre le tappe fondamentali della sua vita:

-le origini umili da una famiglia di contadini analfabeti,

-la scelta di studiare come forma di riscatto sociale. Una scelta non obbligata: altre scelte erano possibili nella Sicilia dell’immediato dopo guerra; basti leggere il recente romanzo di Gioacchino Criaco “Anime nere”, nel quale i figli dei pastori d’Aspromonte, per riscattare le umiliazioni della loro gente, compiono terribili e criminose scelte,

-la militanza nel PCI e nel Sindacato,

-l’occupazione delle terre incolte nel biennio 1949-1950

-gli incarichi nazionali nel Partito (la Direzione della Commissione agraria e poi la Segreteria nazionale con Berlinguer),

-l’elezione al Parlamento nel 1972 e l’impegno nella Commissione antimafia,

-la relazione di minoranza, sottoscritta con il giudice Terranova, in cui si mettevano in luce, per la prima volta, i legami tra Cosa nostra, la politica, le istituzioni,

-la definizione di una proposta di legge che stabiliva la confisca dei beni mafiosi, il controllo dei conti bancari e, soprattutto, introduceva il reato di associazione mafiosa, fino a quel momento assente dal codice penale italiano,

-il ritorno in Sicilia nel 1981 per combattere in prima linea la mafia e la battaglia contro la base missilistica di Comiso,

-la morte, insieme al suo collaboratore Rosario di Salvo, il 30 aprile 1982.Il 13 settembre del 1982, dieci giorni dopo la morte del generale Dalla Chiesa, il progetto di Pio La Torre divenne finalmente legge e consentì, il maxiprocesso istruito da Falcone e Borsellino nel 1986, che portò alla sbarra l’intera cupola di Cosa Nostra.La Legge 646/82, introducendo l’art. 416/bis nel codice penale, codificava il reato di associazione di tipo mafioso e l’obbligatoria confisca dei beni riconducibili alle attività criminali. Pio La Torre aveva intuito che era necessario, per contrastare seriamente il fenomeno mafioso:

-colpire duramente chi si affiliava alla mafia e colpire le organizzazioni di tipo mafioso nei loro beni patrimoniali.Fino ad allora il fenomeno mafioso, in quanto tale, non era riconosciuto come passibile di condanna penale. L’art. 416/bis definisce, invece, associazione di tipo mafioso, “quelle associazioni i cui componenti si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire la gestione o il controllo di attività economiche, per ostacolare il libero esercizio di voto.”E per la sola circostanza di appartenenza a un’associazione di tipo mafioso, quand’anche non si commettessero reati specifici, l’art. 416/bis prevede pene detentive severe fino a 24 anni.

Ecco perché Pio La Torre fu assassinato, come ebbe a dichiarare il mafioso pentito Leonardo Messina nell’estate del 1992, e su ordine di Totò Riina.Ecco perché la figura di Pio La Torre non rappresenta, come è stato detto, solamente un fatto di cronaca. La figura del compagno Pio La Torre investe la società italiana ed entra di prepotenza nella storia del nostro Paese.

*incontro con l’autore 16 gennaio 2009 “Pio La Torre – una storia italiana” di C. Camarca e G. Bascietto relazione del prof. Riccardo Ugolino

 

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