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La Destra e la Sinistra. (appunti per un discussione che probabilmente non si terrà) [1] PDF Stampa E-mail
Scritto da franco perre   

Anni fa Giorgio Gaber, geniale cantautore, in una sua nota canzone poneva il problema dell’esistenza ancora di una Destra e di una Sinistra.

Oggi molti commentatori rispondono alla domanda  affermando che Destra e Sinistra sono categorie superate, categorie del secolo scorso, foriere delle più grandi tragedie del novecento.

Indipendentemente dalle radici storiche e dalle correnti di pensiero che le hanno contraddistinte, possiamo affermare che Destra e Sinistra,  rappresentano  antitetiche visioni del mondo, delle realtà economiche e sociali e ancora oggi, se è possibile più di ieri, rappresentano soluzioni contrapposte ai problemi che affliggono l’ umanità.

Il ragionamento che ritengo di sviluppare parte da un dato di fatto su cui tutti i commentatori economici concordano: negli ultimi decenni la forbice tra ricchi e poveri si è ampliata in modo esponenziale.

I poveri sono sempre più poveri e intere fasce sociali che  andavano a costituire quello che veniva chiamato ceto medio hanno visto il loro status modificato in negativo e, a volte, sfiorare il livello di povertà.

Nel 2017 (rapporto Coldiretti – dati ISTAT) 2.7 milioni di persone hanno beneficiato degli aiuti alimentari attraverso l’accesso alle mense dei poveri o grazie a donazioni,  e 5.0 milioni sono sotto la soglia di povertà.

Contestualmente una oligarchia sempre più ristretta ha assunto nelle proprie mani una ricchezza immensa e, con questa, un potere assoluto.

Questo fenomeno non è qualcosa di neutro, lontano dalle categorie Destra/sinistra, non è il frutto di leggi naturali.

La divaricazione della forbice poveri/ricchi è frutto delle politiche economiche che i governi e le organizzazioni sovrannazionali (F.M.I.)hanno inteso portare avanti, della priorità della finanza non solo sul lavoro ma anche sull’impresa.

La Destra oggi non solo è presente nel panorama geo/politico ma è in qualche modo egemone.

Negli Stati Uniti di Trump, nell’ Ungheria di Orban, in Austria, in   Polonia nei  Paesi dell’Est Europeo  soffia il vento della paura, della chiusura e quindi della conservazione.

Con parole d’ordine  ingannevoli ma certamente efficaci,  la Destra riesce a penetrare nei ceti sociali più deboli lì dove la precarietà, le difficoltà di una vita senza alcuna prospettiva coinvolge strati sociali sempre più vasti.

Il “Dagli all’untore” di manzoniana memoria è tornato ad essere il grido di battaglia di milioni di persone che avvertono il distacco sempre crescente dai partiti storici e ritengono di individuare la causa di tutti i mali in vecchie e nuove categorie (Euro/Immigrati) e ritengono il “sovranismo” la soluzione di tutti i mali.

La Sinistra per molti versi, nella folle corsa verso la improbabile conquista del centro, con una politica ambivoga ha dimenticato il suo ruolo storico e ha perso non solo il suo elettorato, ma soprattutto la sua anima.

Proviamo a ragionare nel merito delle cose.

La crisi italiana.

La crisi è una carenza di risorse economiche rispetto al fabbisogno del Paese.

In presenza di una situazione di carenza di risorse, storicamente le soluzioni adottate non sono state né indolore né tanto meno neutre.

Le soluzioni che storicamente sono state adottate hanno penalizzato alcuni strati sociali in favore di altri.

La Germania, con la caduta della repubblica di Weimer e l’avvento del nazismo, vide lo sterminio degli Ebrei detentori di una quota  importante della ricchezza nazionale, dei comunisti che lottavano per la conquista del potere e dell’etnia Rom etnia che mal si adattava alle regole rigide del nuovo regime.

In Italia l’avvento del fascismo determinò la conquista del potere da parte degli agrari e degli imprenditori del nord a discapito della classe operaia e dei contadini che lottavano per la conquista del potere (occupazione delle fabbriche in Piemonte e Lombardia – settimana rossa in Emilia) .

* *

Oggi in Italia la situazione economica  è certamente frutto della crisi globale che ha colpito l’ Occidente ma ha una sua peculiarità determinata essenzialmente dai seguenti fattori:

- Delocalizzazione del tessuto produttivo.

- Rapporto di cambio lira/euro.

- Evasione fiscale

- Diffusa corruzione e c lasse politica ritenuta inadeguata quando del tutto incapace

-1.  Delocalizzazione

La caduta del Muro di Berlino ha avvicinato due realtà economiche molto diverse. Da una parte i Paesi occidentali con un alto sviluppo e un livello di benessere, frutto anche della diffusa occupazione. Dall’altra la realtà economica dei Paesi usciti dalla sfera di influenza dell’ex Unione Sovietica, caratterizzati da una struttura produttiva obsoleta e funzionale all’economia dello Stato Guida.

Il bassissimo livello salariale in vigore in  Paesi dell’Est Europeo entrati a far parte della Unione Europea è stato  alla base del fenomeno della delocalizzazione.

Molti imprenditori, constatato il basso costo del lavoro, hanno deciso di chiudere le fabbriche sul territorio nazionale per riaprire in quei Paesi.

Analogo fenomeno si è verificato verso i Paesi del Sudest asiatico.

La contrazione del tessuto industriale ha avuto, e non poteva essere diversamente, una immediata contrazione dell’occupazione.

In vaste aree del nostro Paese tanti capannoni che pulsavano di operosità oggi sono muti testimoni della depressione economica che investe vaste aree.

Il descritto fenomeno, mentre  ha ampliato in maniera esponenziale i profitti, contemporaneamente  ha ridotto il modo sensibile i livelli occupazionali e conseguentemente i livelli salariali.

Mentre infatti gli addetti all’interno delle imprese che hanno chiuso perdevano il lavoro e con esso il reddito, gli imprenditori hanno incrementato i profitti.

Un semplice esempio per rendere più chiaro il concetto.

Un imprenditore  che produceva un bene in Italia al costo di produzione quaranta, vendeva il bene al prezzo cento e realizzava un profitto sessanta (prezzo 100 – costo 40 – profitto 60).

Lo stesso imprenditore, a seguito  della delocalizzazione, in presenza di un costo del fattore produttivo lavoro notevolmente più basso, realizza lo stesso bene al costo venti e, invariato il prezzo di vendita, realizza un profitto pari a ottanta (prezzo 100 – costo 20 – profitto 80).

La “Foderauto” è un esempio del fenomeno: le fodere per auto che venivano prodotte a Belvedere Marittimo oggi vengono prodotte in un Paese dell’Est  a costi di gran lunga più bassi determinati dal costo notevolmente più basso del fattore produttivo lavoro.

La contrazione del tessuto industriale non ha consentito ai dipendenti che hanno perso il lavoro di essere ricollocati in altre aziende e hanno trovato solo negli ammortizzatori sociali l’unica forma di sostegno, mentre i  giovani hanno visto  l’ingresso nel mondo del lavoro del tutto precluso.

La delocalizzazione ha contribuito in modo significativo alla crisi attuale del sistema Italia.

-2. La gestione del passaggio dalla lira all’Euro.

E’ ben noto che, in sede di introduzione dell’Euro come moneta unica di una serie di Paesi aderenti all’U.E.,  venne stabilito il rapporto di cambio tra le singole monete nazionali e l’Euro.

Per quanto riguarda l’Italia il rapporto di cambio venne fissato a uno a due mila. Sta di fatto che ben presto il mercato ha sostituito il rapporto di cambio legale con un rapporto di cambio di fatto (uno a mille).

Un bene dal valore di mercato  mille  viene scambiato non già con cinquanta centesimi bensì con € 1,00.

Un salariato con una retribuzione mensile di tre milioni di lire era considerato un appartenente al  ceto medio. Lo stesso salariato con un retribuzione di  1.500,00 euro oggi lambisce la soglia della povertà.

Attraverso questa via si è verificato in Italia  un colossale depauperamento dei percettori di reddito fisso che hanno assistito inermi alla perdita del potere di acquisto del loro reddito, mentre i lavoratori autonomi, (siano essi imprenditori, commercianti, liberi professionisti), potendo praticare prezzi  adeguati al rapporto di cambio reale, hanno visto i loro redditi aumentare in modo significativo.

Attraverso l’aumento ingiustificato dei prezzi si è quindi determinato un significativo spostamento della ricchezza.

Vari commentatori, mentendo  sapendo di mentire, sostengono che il problema sia stato l’introduzione dell’Euro e l’adesione dell’Italia alla moneta unica, sapendo benissimo che il problema non è stato l’introduzione della nuova moneta, ma come  è stata gestita.

I veri responsabili sono da individuare tra coloro che hanno gestito il fenomeno (Governo Berlusconi) e tra coloro (la Sinistra) che hanno abdicato al loro  ruolo  naturale non  opponendosi  adeguatamente al fenomeno ritenendo di poter intercettare, attraverso questa via, il voto moderato di interi ceti sociali, solitamente  orientati verso i partiti del Centro/destra.

-3. Evasione fiscale.

Il  sistema fiscale, con la ritenuta alla fonte, obbliga i percettori di reddito fisso al pagamento delle imposte nella  misura prevista dall’ordinamento,  mentre consente ai percettori di reddito autonomo la possibilità di evadere.

Attraverso l’ evasione la pressione fiscale  rovescia il concetto di capacità contributiva. Chi ha di più ed ha una maggiore capacità contributiva di fatto paga  meno rispetto a chi, soggetto alla ritenuta alla fonte, subisce un carico fiscale maggiore.

E’ un dato acquisito che l’ottanta per cento del gettito dello Stato è costituito dalle imposte pagate dai percettori di reddito fisso.

Attraverso l’ evasione, il fisco da uno strumento costituzionalmente perequativo di fatto ha dato luogo a un’ulteriore sperequazione sociale e, sottraendo rilevanti risorse allo Stato, ha concorso  alla crisi in atto.

-4. La corruzione

Un’Ulteriore causa della crisi italiana va individuata nella diffusa corruzione della classe politica e del ceto amministrativo.

Gli scandali sono una costante e non vedono esente nessun partito politico mentre all’interno della pubblica amministrazione la corruttela  si espande a macchia d’olio senza esclusione di settori o ceti sociali.

La corruttela  sottrae risorse alla corretta amministrazione del Paese, atteso che determina il trasferimento improprio di risorse dall’area pubblica a quella privata. Fondi destinati alla realizzazione di opere pubbliche attraverso la lievitazione dei costi vengono dirottati verso politici e pubblici amministratori e dirigenti a vari livelli.

Non è un caso che in Italia un’opera pubblica ha un costo notevolmente maggiore che in altri Paesi.

A volte non si incide solo sui costi, ma anche sulla qualità dell’opera da realizzare.

* * *

Il concorso delle cause sopra indicate, unitamente alla crisi mondiale, ha determinato una miscela esplosiva di notevole rilievo.

La contrazione dell’ occupazione, unitamente  alla perdita del potere di acquisto,  ha avuto come logica conseguenza la  contrazione della domanda.

Contestualmente l’evasione fiscale e la corruzione hanno sottratto allo Stato risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per incentivare la programmazione di opere pubbliche (un grande piano per la messa in sicurezza del territorio, periodicamente soggetto ad alluvioni e smottamenti, un piano per la bonifica della “terra dei fuochi”  un piano nazionale per la depurazione delle acque del mare o per lo smaltimento dei rifiuti urbani, la realizzazione di nuove infrastrutture e messa in sicurezza di quelle esistenti) e conseguentemente incentivare nuova occupazione.

In aggiunta alla crisi mondiale si è quindi determinato un processo recessivo legato a problematiche interne.

Meno  occupazione – meno potere di acquisto – meno domanda – meno offerta -  meno produzione – meno occupazione.

E’ questa la spirale recessiva dagli effetti devastanti.

Il mondo intero ha subito la crisi, ma la  crisi italiana ha avuto caratteristiche  uniche per come certificato da tutti gli indicatori economici.

L’Italia è oggi il fanalino di coda in tutti gli indicatori economici relativamente ai Paesi industrializzati e  le cause interne hanno determinato un superamento solo parziale della crisi e comunque  con un andamento più lento rispetto agli altri Paesi dell’area, nonostante una bilancia dei pagamenti particolarmente positiva (esportazioni maggiori delle importazioni).

La recessione si è trasformata in vera e propria stagnazione.

Quali cure sono state praticate dai vari governi?

Il governo Berlusconi assunse una posizione “negazionista”.

In più occasioni ebbe a dichiarare che la crisi non esisteva, che era solo una pura invenzione delle opposizioni, che indicatori di un benessere diffuso erano i ristoranti sempre pieni di clienti.

La mancanza di una qualsivoglia politica di contrasto determinò una situazione di cassa così preoccupante che fu necessario l’intervento dell’ U.E. e le dimissioni del Governo.

Subentrò il governo “Monti”.

Il  governo dei tecnici  si limitò essenzialmente a un puro aggiustamento dei conti. In quella occasione il P.D. si fece carico delle scelte economiche del nuovo governo improntate al contenimento della spesa e in particolare della riforma del sistema pensionistico (legge Fornero) trasformando, alle successive elezioni politiche, una sicura vittoria in una quasi sconfitta.

Dopo la breve parentesi del governo “Letta”   venne il giorno del governo   “Renzi”.

La politica economica del suo governo fu incentrata essenzialmente su:

- Tentativo di incentivare la domanda attraverso il bonus degli ottanta euro, l’abolizione dell’IMU sulla prima casa a tutti i ceti sociali, reddito di ingresso e altri bonus elargiti a pioggia a soggetti particolari ( studenti, puerpere).

- Modifica della normativa sul lavoro ritenendo applicabile la formula più “mobilità” (precarietà) uguale più occupazione.

- Riduzione  del cuneo fiscale attraverso varie forme di sgravi.

I vari interventi non hanno avuto risultati significativi.

1.La politica dei bonus, per le sue modeste dimensioni, non era in grado di incidere sulla domanda soprattutto in ragione del fatto che in Italia la propensione al risparmio, tipica di coloro i quali avvertono incertezza verso il futuro e rimandano l’utilizzo del danaro a momenti eventualmente più critici, è molto forte. (il risparmio visto come un differimento nel tempo dei consumi).

2.La modifica della normativa sui contratti a termine e l’abolizione della rintegrazione nei licenziamenti, accertati illegittimi in sede giudiziaria, è stata  una manovra che non poteva incidere sulla domanda.

Poteva avere unicamente uno scopo “politico”, lo scopo di avvicinare al P.D. settori moderati tradizionalmente diversamente orientati politicamente, ma neanche questo obbiettivo è stato raggiunto.

Il lavoro non si crea per  decreto si è solito ripetere e la legge sul lavoro ha confermato questa realtà.

Per come già argomentato, il lavoro è strettamente legato alla domanda e segue l’andamento di questa.

Conseguentemente in una fase di recessione o anche di stagnazione l’imprenditore non assume per l’introduzione di una legislazione più favorevole, ma solo in presenza di una domanda più dinamica.

Ciò soprattutto in Italia in cui la legislazione lavorista già prevedeva un ventaglio di possibili contratti molto ampio, accompagnato da forme di lavoro nero proibito dalla normativa, ma di fatto ampiamente diffuso.

3.Gli incentivi alle imprese hanno  avuto effetti positivi poco significativi e comunque di breve periodo (cessati gli incentivi sono cessate anche le assunzioni).

Renzi ha più volte rivendicato che la sua politica, nel campo del lavoro, ha determinato l’aumento degli occupati.

I dati forniti sono però fuorvianti, atteso che fanno riferimento alle unità addette e non alle ore di lavoro effettivamente lavorate, frutto della prevalenza del lavoro a tempo parziale rispetto al lavoro a tempo pieno.

******

Il malcontento di interi strati sociali, nei corso dei mesi e degli anni,  è montato sempre di più.

La politica centrista portata avanti in economia dal governo Renzi, tutta diretta ad agevolare le imprese con la speranza che attraverso condizioni di mercato più favorevoli aumentassero gli investimenti e conseguentemente l’occupazione, non ha risolto i nodi esistenti creando ulteriore sfiducia nell’elettorato, anche quello tradizionalmente legato ai valori ed al ruolo della sinistra.

Strati della popolazione sempre più vasti, attratti dalle sirene delle politiche populiste hanno sempre più individuato nell’Europa e nei fenomeni migratori le cause della perdurante crisi.

“L’Europa ci strozza economicamente e i migranti ci rubano non solo in casa ma anche il lavoro”.

Sono state queste le parole d’ordine di una Destra populista che ha saputo incidere sull’elettorato.

La Sinistra è risultata perdente anche nelle roccaforti della tradizione progressista.

Si è assistiti, inermi,  alla perdita di regioni come la Liguria o citta come Roma, Torino, Genova, Livorno, Sesto San Giovanni definita un tempo la Stalingrado d’Italia.

In presenza di inadeguate risposte della Sinistra nelle sue variegate forme e del governo Renzi, interi quartieri, una volta operai, lì dove i partiti della Sinistra, una volta erano egemoni,  hanno espresso tutta la loro rabbia verso una situazione divenuta insopportabile.

Il risultato del  referendum sulla riforma costituzionale va letto come il preavviso del malessere montante.

In quel caso la maggioranza dell’elettorato  non ha votato contro le riforme costituzionali che magari riteneva giuste.

In quella occasione l’elettorato ha votato contro  Renzi e le sue scelte  di politica economica.

Il risultato delle ultime elezioni politiche e le elezioni amministrative successive, ove il P.D. ha collezionato solo sconfitte, sono state la naturale conclusione. Anche in Toscana e non solo, tutti i capoluoghi di provincia tradizionalmente di Sinistra hanno visto il successo del Centro/destra e una progressiva separazione dal Partito del suo elettorato di riferimento.

Il Governo Lega-Cinque Stelle.

Tutti i commentatori e analisti economici sono dell’avviso che oggi esistono due Italie. Una al Centro/Nord in cui i dati economici (occupazione, reddito pro capite) sono  buoni e una seconda al Centro/Sud in cui sviluppo e occupazione risultano agli ultimi posti dell’ area europea.

I rilevamenti ISTAT di questi giorni indicano in 5 milioni gli Italiani che vivono sotto la soglia della povertà e rappresentano il 12,3% della popolazione. Il  dato sale al 24% nel Sud e sale ulteriormente, al 35,3% in Calabria. La Calabria quindi è all’ultimo posto superata anche dalla Sicilia al 29,00% e dalla Campania al 24,4%.

L’Istat ci dice infine che le famiglie con reddito al di sotto della soglia di povertà in Valle d’Aosta sono solo il 4,4% e  in Emilia e Romagna il 4,6%.

Anche i dati relativi ai servizi (sanità, infrastrutture, scuole) rilevano l’ esistenza di due realtà molto diverse tra di loro.

Il voto del quattro marzo ha fotografato queste diverse realtà.

Se scomponiamo il dato nazionale in due macro aree (Centro/nord e Centro/Sud) notiamo la netta prevalenza del Centro destra nella prima e del Movimento Cinque Stelle nella seconda.

Al Centro/Nord produttivo e in linea con i parametri europei è prevalso il voto verso le forze politiche  che promettevano una drastica decurtazione delle tasse, una politica sull’immigrazione selettiva, maggiore sicurezza, mentre al Centro/Sud è prevalso il voto verso quella forza politica che ha fatto del reddito di cittadinanza, dei tagli alla politica e maggiore moralità nella pubblica amministrazione i propri cavalli di battaglia.

Sul piano economico il contratto di Governo stipulato tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini è la sintesi di quanto sostenuto dalla Lega e da Cinque Stelle in campagna elettorale e può cosi sintetizzarsi:

- Introduzione della flat Tax

- Abolizione della legge Fornero

- Reddito di cittadinanza

- Condono fiscale

Buona parte dei commentatori politici ha evidenziato l’ incompatibilità tra le proposte  economiche inserite nel contratto di governo e le finanze dello Stato.

Il fabbisogno necessario per far fronte a quanto programmato è stato valutato  tra i cento ed i centoventi miliardi a fronte di una copertura di circa cinque miliardi di euro proveniente da una programmata “pace fiscale” (condono).

In questi giorni il ministro dell’economia ha esplicitamente dichiarato che per l’anno in corso non esistono le condizioni per avviare le riforme economiche annunciate.

Le compatibilità finanziarie,  l’eventuale aumento del debito pubblico con maggiore carico di interessi passivi da iscrivere a bilancio, lo spread  salito a oltre 250 punti con un costo aggiuntivo in termini di interessi passivi di circa 5 miliardi di euri  l’aumento dell’avanzo primario, sono argomentazioni importantissime  ai fini della domanda iniziale: sono ancora valide le categorie di Destra e Sinistra?

Il contratto di Governo giallo/verde non solo favorisce le classi sociali più abbienti aumentando le disuguaglianze, quanto spacca ulteriormente l’Italia configurando sempre più un Centro/nord ricco e produttivo, in linea con i parametri dei Paesi economicamente più avanzati della zona Euro, ed un Centro/Sud sempre più povero, destinato irrimediabilmente alla marginalità.

In particolare:

1) - La Flat Tax (tassa piatta)

La Costituzione italiana, ai fini di una maggiore perequazione sociale, anche alla luce del principio dell’utilità marginale del danaro, all’art. 53 sancisce  il principio della progressività delle imposte, prevedendo aliquote più alte  in presenza di redditi maggiori.

Contravvenendo a questo sacrosanto principio, la Lega ha proposto l’introduzione di una sola aliquota intorno al 15% e, successivamente, soprattutto al fine di superare la certa dichiarazione di incostituzionalità di una siffatta legge, l’ introduzione di due aliquote (Dual Tax).

Tutti i commentatori sono concordi nell’affermare che la programmata riforma fiscale favorirà i percettori di redditi medio/alti rispetto al percettori di redditi bassi.

Rispetto all’attuale sistema, se si passasse a un regime di flat tax  ad avere i maggiori vantaggi, in termini di risparmio, sarebbero i percettori di redditi intorno ai 100 mila euro. Un single che oggi guadagna centomila Euro risparmierebbe 16 mila euro di tasse. Chi guadagna 20mila euro invece ne risparmierebbe circa un migliaio.

Alcuni hanno persino preventivato la necessità di apportare dei correttivi relativamente alla platea del 40% dei contribuenti che dichiara un reddito pari a € 15.000,00, atteso che questi ultimi rischierebbero, a seguito della riforma, un maggiore onere contributivo.

Il vantaggio pertanto ricadrebbe unicamente sui percettori di redditi medio/alti  che sarebbero colpiti da una minore pressione fiscale.

Non secondario, inoltre, l’argomento della contrazione delle entrate dello Stato e la necessità  di ricorrere ad ulteriore indebitamento per far fronte al fabbisogno necessario a garantire i servizi sociali e sanitari (sanità e Inps le voci più importati della spesa pubblica).

I fautori della flat tax sostengono che se le parti più ricche della popolazione si troveranno con più soldi in tasca li spenderanno, aumentando così la domanda interna e conseguentemente la produzione creando quindi nuova occupazione.

Trattasi di una ipotesi priva di riscontro, contraria alla teoria economica dell’utilità marginale della moneta (oltre una determinata spesa non vi è ulteriore spesa ma forme diverse di utilizzo del danaro).

Il minore introito da parte dello Stato si tradurrebbe inoltre nell’aumento dell’ indebitamento o/e nel taglio della spesa pubblica, con ulteriore contrazione della spesa sociale (sanità- istruzione).

Ma non si può dimenticare quanto evidenziato relativamente alla differenziazione Sud/Nord.

La flat tax non potrà che avvantaggiare i contribuenti residenti  nelle regioni del Nord,   a discapito del  Meridione dove si concentrano  redditi bassi e  mono redditi.

Un governo che  privilegia i percettori di redditi medio-alti, a discapito dei percettori di reddito medio-bassi, le regioni più ricche  rispetto alle regioni più povere, un governo che programma una politica che accentua le disuguaglianze è  un governo che persegue una politica di Destra.

Va aggiunta, altresì, la problematica introdotta dalle regioni del Nord relativamente al “residuo fiscale”, vale a la differenza tra quanto un territorio (parametro regionale) versa  allo Stato, sotto forma di tributi, e quanto da esso riceve sotto forma di servizi.

Si  è accertato, ad esempio, che la Lombardia ha un residuo fiscale a proprio sfavore pari a  54 miliardi di euro, l’Emilia e Romagna  un residuo fiscale di circa 19 miliardi, il Veneto di 15,5 md. e al quarto posto il Piemonte con 8,5 md.

A fronte delle riportate cifre la Sicilia ha un residuo fiscale in positivo di 10,6 md., la Puglia di 6,4 md. la Calabria di 5.8 md. e la Campania di 5,7md.

Le regioni del Sud percepiscono dalla Stato più di quanto versano.

Le regioni del Nord hanno posto il problema, hanno  indetto un referendum il cui risultato è stato quello di richiedere che la fiscalità abbia carattere regionale e si accingono a richiedere al governo amico la modifica della fiscalità generale con l’introduzione di una fiscalità locale che consenta loro, al netto delle somme per i servizi di interesse nazionale (difesa, sicurezza interna ed esterna, giustizia, apparato amministrativo) di trattenere sul territorio quanto dal contribuente versato.

L’introduzione di una simile riforma, riducendo ulteriormente la capacità di spesa delle regioni meridionali, non potrà che aumentare le disuguaglianze nord/sud.

2) - La riforma della legge Fornero

Tutti ricordiamo i momenti difficili delle dimissioni del governo Berlusconi e la nascita del governo Monti. In quel contesto economico la riforma Fornero fu considerata l’ancora di salvataggio, l’unico strumento che scongiurasse il baratro del defoult.

In quell’ occasione, Bersani avrebbe potuto, legittimamente, richiedere le elezioni anticipate. Per il senso di responsabilità verso lo Stato che sempre ha contraddistinto la Sinistra, accettò di sostenere il governo Monti e conseguentemente la legge Fornero.

L’impatto negativo verso coloro che si accingevano ad andare in pensione è stato notevole e si è tradotto, per il P.D., nella “quasi sconfitta” alle elezioni del 2013.

Al di là di qualche ripensamento rispetto a problematiche particolari  soprattutto nei confronti di forme di lavoro particolarmente usuranti, ritornare oggi sulla legge Fornero appare irresponsabile atteso che rimette in discussione i conti dello Stato, per un arco di tempo calcolabile in decenni.

Ma la cosa più inquietante è che la programmata riforma va ad incidere negativamente sul patto generazionale, atteso che per le future generazioni rende ancora più problematica la possibilità di ottenere una pensione.

Un governo che per l’ottenimento del consenso immediato mette in gioco il futuro di intere generazioni  è un governo di Destra.

3) - Reddito di cittadinanza.

Premessa:

Una corrente di pensiero economico sostiene la teoria che Nord/Sud – Sviluppo/Sottosviluppo sono due facce della stessa medaglia nel senso che aree di  sviluppo produttivo necessitano ineluttabilmente aree di sottosviluppo da destinare ai consumi.

Pino Aprile, nel pregevole suo libro “Terrone”,  ha documentato con dovizia di particolari come, a seguito della unificazione/annessione dell’Italia meridionale al Regno di Piemonte, si è proceduto allo smantellamento della rete produttiva presente nel Meridione al fine di una migliore penetrazione dei beni prodotti in altre regioni  del Regno.

E’ ben noto altresì che nell’ immediato dopo guerra,  i governi che si sono succeduti, in presenza di realtà economiche molto diverse, hanno portato avanti  politiche di sostegno al reddito soprattutto in quelle aree in cui,  l’agricoltura subiva notevoli trasformazioni riducendosi, tranne poche eccezioni, in pura attività di sussistenza.

Nel corso degli anni ed ancora oggi il debole tessuto industriale presente nelle regioni meridionali subisce notevoli contraccolpi determinati da vecchie fragilità e dalla emergente delocalizzazione.

Per rimanere nell’ambito regionale, solo a titolo di esempio, possiamo ricordare che a Praia a Mare la “Marlane” sopravvive senza alcuna prospettiva mentre  a Belvedere Marittimo la Foderauto Bruzia ha chiuso, così come a Cetraro la “Emiliana Tessile”. Del polo tessile del bacino Pollino-Tirreno in Calabria non rimane più traccia e il cementificio di Castrovillari è da anni fuori produzione. Il programmato centro siderurgico di Gioia Tauro, dopo l’avvio dei lavori di realizzazione e conseguente espianto degli agrumeti, è stato  abbandonato così come il polo chimico di Lamezia Terme.

Oggi il più grande polo siderurgico d’Europa presente a  Taranto, l’Ilva,  langue tra chi ritiene prevalente il bene salute e chi ritiene prevalente il bene lavoro.

Gli economisti che avevano teorizzato la formula “regioni in via di sviluppo” sono stati smentiti dalla realtà.

La criminalità organizzata ha fatto il resto.

La camorra, in assenza dello Stato, ha trasformato la “terra felix” di romana memoria nella “terra dei fuochi”. La drangheta, la mafia e la Sacra corona unita  dominano interi settori delle economie meridionali.

Nonostante le enormi potenzialità  regioni come la Sicilia, la Campania e la Puglia  continuano ad avere indicatori economici negativi,  e continuano ad occupare gli ultimi posti per reddito pro capite e livelli occupazionali.

Dopo timidi tentativi miseramente falliti e specifiche colpevolezze, per il Mezzogiorno si è scelta la via dell’assistenzialismo.

Tutti abbiamo memoria delle indennità in favore dei braccianti agricoli e delle indennità di maternità (relativamente alla fascia che dichiarava centocinque giornate), i sussidi relativi alle pensioni sociali ed alle indennità di accompagnamento.

Il settore forestale con i suoi addetti è stato visto come uno scandalo nazionale, mentre  la chiusura di tante unità produttive ha fatto crescere a dismisura i cosiddetti lavoratori socialmente utili.

Attraverso queste forme ed altre ancora, per decenni lo Stato ha inteso privilegiare, nelle regioni del Sud, forme varie di assistenza trasformandole tra l’altro in centri di raccolta del consenso.

La  politica non solo non è stata in grado di formulare proposte alternative capaci di invertire l’andamento negativo quanto ha inciso negativamente sul fragile tessuto produttivo esistente.

Contestualmente gli investimenti nella rete infrastrutturale hanno  ulteriormente peggiorato il gap esistente tra le varie regioni (l’alta velocità si ferma a Salerno, il tratto di autostrada Salerno/Reggio Calabria è stato realizzato in tempi biblici ed è privo della terza corsia, nei mesi estivi la SS.18,  relativamente all’ attraversamento di varie località come Scalea, Santa Maria del Cedro, Amantea, Campora necessita di tempi incompatibili con una moderna rete viaria.

Il Sud è stato e resta un mercato verso il quale indirizzare una fetta importante dell’ offerta nazionale.

Il questo contesto si inserisce il reddito di cittadinanza.

La formulazione predisposta durante la campagna elettorale, sembrava dovesse prevedere un reddito per ogni cittadino a prescindere dal reddito o altri parametri selettivi. La stesura governativa sembra molto più coerente con le possibilità finanziarie, assomigliando a una indennità di disoccupazione più consistente e non molto dissimile dal reddito di ingresso di renziana memoria.

Un simile ammortizzatore sociale può anche avere un senso se inteso

come intervento temporaneo accompagnato da un piano industriale capace di creare nuove forme di occupazione.

Se non è accompagnato da un credibile piano industriale,  ha l’ unica funzione di cristallizzare un quadro economico/occupazionale che oggi, ancora più di ieri, penalizza intere aree del Mezzogiorno.

Un Governo che lascia per strada  intere generazioni. unitamente ad una parte consistente del territorio,  un governo che non ha alcuna attenzione verso i più deboli e utilizza  vecchi e nuovi  ammortizzatori sociali unicamente al fine di rastrellare il consenso è un governo di Destra.

4) - La Pace fiscale

Ancora una volta va richiamata la sostanziale differenza tra il regime contributivo dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dipendenti.

Si è più volte evidenziato che questi ultimi, attraverso la ritenuta alla fonte, pagano per intero le imposte dovute.

I lavoratori autonomi possono essere morosi o  evasori totali e/o parziali.

Il contenzioso con l’erario sorge per la quasi totalità dei casi con i contribuenti lavoratori autonomi e pertanto il condono fiscale  è diretto, per la quasi totalità, a questa categoria di contribuenti.

Attraverso il condono, il contribuente moroso e/o evasore sarà premiato.

L’ annunciata pace fiscale come tutti i condoni determinerà una diversa pressione fiscale tra coloro che hanno pagato per intero quanto dovuto e coloro che pagheranno  solo una percentuale del dovuto.

Anche attraverso la  “pace fiscale” il governo giallo/verde di Salvini-Di Maio intende quindi realizzare una politica in favore di alcune categorie e a danno di altre, una politica decisamente di Destra.

A tal proposito va precisato che si concorda con quanti avvertono la  gravosità della pressione fiscale.

Il governo Renzi ha sostenuto di aver abbassato le tasse, ma il ritocco di qualche decimo di punto è stato così marginale che i contribuenti non ne hanno avvertito gli effetti.

Si è solito replicare che il fabbisogno dello Stato non consente nel settore operazioni che possano incidere in modo significativo.

Tutti però non tengono nel dovuto conto che basterebbe una politica seria di contrasto alla evasione, stimata in 110 md di euro, per risolvere il problema.

Cinque Stelle sbandiera che nel programma del governo vi è il taglio delle pensioni d’oro e dei vitalizi al ceto politico.

Per verità storica va ricordato che il taglio ai vitalizi del ceto politico è stato effettuato dal governo “Monti”.

La Camera dei Deputati in questi giorni ha ritenuto di intervenire sul pregresso, estendendo la normativa ai parlamentari che già godevano del beneficio.

Trattasi di mille e duecento persone e determineranno per le casse dello Stato un risparmio di quaranta milioni.

Definire il provvedimento una “rivincita delle vittime della legge Fornero” , così come ha dichiarato Di Maio, è pura propaganda e prescinde dal giudizio di molti costituzionalisti  che prospettano la possibile dichiarazione di incostituzionalità atteso che disattende il principio normativo dei “diritti acquisiti”.

Comunque ben vengano gli interventi programmati non essendo certo  paladini delle pensioni d’oro o delle prebende  del ceto politico.

A patto,  però, che sia ben chiaro che sono interventi che possono certamente avere un effetto moralizzatore, ma che non  possono incidere sul bilancio dello Stato e determinare l’abbassamento  della pressione fiscale e la necessaria ripresa economica.

Nulla il Governo dice  relativamente al problema dell’evasione.

Lo si comprende per Salvini che applaudiva Berlusconi quando da presidente del Consiglio dei Ministri dichiarava di comprendere i contribuenti evasori che si difendevano dallo Stato che metteva loro le mani in tasca.

Ma da Di Maio autoproclamatosi paladino della moralità pubblica francamente era lecito attendersi altro.

E’ immorale non solo percepire indennità come i vitalizi non agganciati a contributi versati, ma anche e soprattutto non pagare quanto previsto dall’ordinamento vigente.

Sembra essere in presenza di un medico a cui viene affidato un paziente che presenta una suppurazione da iniezione ad una gamba e una incipiente cancrena all’altra. Il nostro medico  ritiene di salvare l’ ammalato occupandosi unicamente della suppurazione e trascurando del tutto la cancrena.

Il paziente non avrà certo un roseo futuro.

Lì 15 Agosto 2018 Franco Perre

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