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la politica, l’università e il pluralismo PDF Stampa E-mail
Scritto da walter nocito   

Nei cinque minuti che mi sono concessi, vorrei svolgere qualche notazione su di un tema che forse ha un qualche interesse collettivo anche in questa sede in cui siamo chiamati tutti a riflettere, e a discutere a voce alta, in relazione ai temi dello “stato attuale dell’Unical” e del “futuro dell’Unical” (così almeno intendo io il titolo del Dibattito odierno).

Il tema che voglio solo segnalare oggi (senza svolgerlo per come, invero, meriterebbe), è il tema del rapporto, meglio dei rapporti, attuali e prospettici dell’Unical con la politica (con la p minuscola), e di come questi rapporti debbano essere improntati, in una condizione ideale, ai valori del pluralismo politico e culturale e del libero confronto.

Dico della ‘politica’ intesa come politics, e distinta delle politiche intese come policies.

Distinguo i due concetti per essere il più possibile chiaro, e per evitare i fraintendimenti lessicali che la lingua italiana, a differenza dei quella inglese, può comportare in materia.

Sappiamo bene, d’altra parte, che predicare e praticare il pluralismo politico e culturale in ambito accademico, è operazione affatto semplice ed anzi è operazione condizionata pesantemente da più elementi fattuali e concettuali, in quanto il pluralismo subisce - sempre - una vasta congerie di minacce e di attacchi, non tutti visibili, e non tutti prevedibili.

Ma non è il tema del pluralismo culturale che oggi vorrei invitare a mettere a fuoco, bensì il tema del pluralismo politico.

Prima di svolgere alcune brevi notazioni sul punto, mi sia permesso però ricordare e leggere quanto in data 29 maggio 2016 abbiamo avuto modo di leggere sulla stampa locale a proposito del tema in parola.

In quella data, il CDC (“Comitato nazionale per la Democrazia Costituzionale”), il Comitato che in occasione del Referendum del 4 dicembre 2016 è divenuto a tutti ben noto e che è presieduto dai professori Pace e Zagreblesky, ha avuto modo di commentare il comportamento tenuto dal Rettore dell’Università della Calabria in occasione dell’avvio della Campagna referendaria per la consultazione del 4 dicembre 2016 che si è concluso con gli esiti a tutti noti.

In quella data, il Coordinamento provinciale del CDC, in un Comunicato ampiamente diffuso sui mass-media, ha scritto un testo che mette a fuco precisamente il tema del pluralismo politico e della funzione di garanzia che le Università devono svolgere a difesa del libero confronto e del pluralismo.

In quella data, il Coordinamento del CDC ha poi rivolto allo stesso Rettore un duplice invito, che purtroppo non ha avuto alcuna risposta da parte del Rettore né in termini di replica, né in termini di correzione dei comportamenti.

In quel comunicato il CDC, negli esatti termini che seguono, scriveva infatti così:

“Il CDC ha letto sulla stampa che nella campagna referendaria per la consultazione popolare sulla revisione costituzionale, il Presidente della Regione Calabria si è affiancato al Rettore dell’Università della Calabria, il prof. Gino Mirocle Crisci, al fine di «Avviare i comitati per il Sì come risposta partecipata e inclusiva dei calabresi». Così ha dichiarato il Presidente della Regione nella Conferenza stampa di presentazione regionale del “sostegno al Sì” al referendum. In quella stessa sede, il Rettore Crisci ha dichiarato che il Referendum costituzionale è un passaggio obbligato per «rompere quella cappa di conservatorismo che spaventa, soprattutto in Calabria».

Il Coordinamento provinciale del CDC, in relazione a tali dichiarazioni, vuole invitare tutti i sostenitori del SI, e fra essi il Rettore Crisci, ad una maggiore moderazione dei toni ed ad un uso corretto delle sedi istituzionali pubbliche.

Il Coordinamento vuole invitare altresì il “fronte del SI” al rispetto delle regole della “par condicio” e, più in generale, al rispetto delle regole e delle procedure necessarie alla equa informazione elettorale nel rispetto degli articoli 21, 33 e 48 della Costituzione italiana.

Il Coordinamento CDC invita il Rettore dell’Unical a non cadere in partigianerie o in manifestazioni che possono ledere i valori di pluralismo dell’Università.

Compito dell’Istituzione universitaria, che i Rettori rappresentano in forza di un mandato elettivo, è organizzare momenti di confronto e di dibattito pubblico sulle scelte costituzionali e non impegnarsi in favore del Governo nel Referendum sulle regole di base della convivenza collettiva.

Tale compito non può essere tralasciato in nessun modo, in quanto l’impone la Costituzione che riconosce e garantisce l’autonomia delle Accademie all’art. 33.

Ma la garanzia del pluralismo nelle (e delle) Università italiane non l’impone solo la Carta costituzionale del 1948, ma l’impongono la legge dello Stato, la Storia (“maestra di vita”) e la Deontologia delle istituzioni pubbliche”.

Il titolo di quel comunicato-stampa – si ricorda - era, a scanso di equivoci, il seguente:

“Il Rettore dell’Unical deve garantire l’imparzialità e il pluralismo culturale della istituzione universitaria”.

……………………………

Per dire ora qualche cosa di più specifico sul tema del pluralismo politico distinguo tre  passaggi, per poi porre a tutti una domanda sullo “stato attuale dell’Unical” e sul “futuro dell’Unical”.

Primo passaggio. 91 anni fa. Anno 1925.

Appena insediatosi, il Regime, com’è a tutti noto, mette nel mirino l’autonomia delle Università e cerca uno scontro, nelle Accademie, tra fascisti e antifascisti, tra governativi e anti-governativi.

Il 21 aprile di quell’anno il prof. Giovanni Gentile, su richiesta di Mussolini, si fa promotore di un Manifesto degli intellettuali organici al fascismo in cui si afferma la volontà di superare per mezzo del Fascismo – che è presentato come «atteggiamento spirituale» – l'idea di un'Italia decadente, sonnacchiosa e marcia per il dilagante ‘individualismo’. I sottoscrittori del Manifesto fascista furono in quella occasione 250 (duecentocinquanta).

Immediata arriva la diretta risposta degli intellettuali anti-fascisti, in quanto il 1˚ maggio sulla rivista "Il Mondo", Benedetto Croce, Maestro della cultura liberale, pubblica un apposito "Manifesto”, in cui esprime la sua grave preoccupazione e la sua forte contrarietà  al tentativo fascista, e governativo,  di menomare lo spazio di libertà individuale e di autonomia collettiva della cultura e della scienza pretendendo – così scrisse -  di “piegare l'intellettualità a funzioni di instrumentum regni”. I firmatari dell'appello del Maestro di cultura liberale saranno molti, e soprattutto saranno molto più autorevoli dei sottoscrittori di Manifesto degli intellettuali organici. Negli Atenei Italiani, la storia ci ricorda, i professori convergeranno, in quella occasione, sulla  difesa del principio per il quale L'arte e la scienza sono libere”.

Secondo passaggio. 85 anni fa. Anno 1931.

Sulla Gazzetta Ufficiale del 28 agosto del 1931 è pubblicato il regio decreto n. 1227.

In pochi anni, la fascistizzazione dello Stato e della società ed una coscrizione pubblica a sostegno del conformismo civile e sociale hanno trasformato del tutto le condizioni della vita pubblica italiana.

Il regio decreto n. 1227, sempre su iniziativa di Giovanni Gentile, pone nuove regole per il controllo all’ordinamento universitario, attaccando lo spazio di libertà individuale e di autonomia collettiva della cultura e della scienza, e dunque l’autonomia dell’Accademia.

Il regio decreto dispone che:

“I professori di ruolo e i professori incaricati nei Regi istituti d'istruzione superiore sono tenuti a prestare giuramento secondo la formula seguente: Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante e adempire tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concilii coi doveri del mio ufficio”.

Era il celebre “giuramento di fedeltà al Fascismo” che poi alla ripresa dell’anno accademico – nell’ottobre del 1931 - sarà legalmente imposto ai Professori universitari di ruolo. La Storia ci ricorda che su 1225 professori solo 12 professori rifiutano l’atto di sottomissione al Regime (ed i nomi dei 12 sono a tutti noti per essere qui richiamati).

Terzo passaggio. 70 anni fa. Anni 1946-47-1948

Molto scottati dai passaggi precedenti (e consci che nel 1931 nessun particolare moto di indignazione sconquassò il Paese e l’Accademia italiana), i Padri costituenti - che scrissero e approvarono la Costituzione italiana, democratica e antifascista,  - vergarono 4 preziosi articoli che fungono da antivirus rispetto al pericolo di un rapporto troppo stretto tra politica del Governo, Partiti di governo e Università.

Il primo articolo prescrive e garantisce che:

“L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato” (Art. 33)

Il secondo articolo prescrive che:

“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. (Art. 98)

Il terzo articolo prescrive che:

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.” (Art. 9)

Il quarto articolo prescrive che:

“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.

I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.” (Art. 54)

Qual è il senso di questi articoli, letti e riletti alla luce dello stato, attuale e prospettico, dell’Università italiana?

Il primo articolo garantisce che

- Le istituzioni di alta cultura, come le Università e le Accademie, non possono essere governate e controllate come fosse uffici ministeriali della amministrazione centrale decentrata  retta dall’esclusivo principi della gerarchia

- e che comunque le Università devono avere una indipendenza

- sia interna (tra Rettori, Direttori e Professori il rapporto è, accademicamente, di “primi inter pares”);

- che esterna (cioè le Università non devono subire condizionamenti eccessivi da altri poteri, pubblici o privati che siano, tali da vulnerare la liberta di ricerca e insegnamento garantiti costituzinalmente) …

Il secondo e il terzo articolo garantiscono che i professori universitari non lavorano per il Partito di governo, né per il Governo, ma per i cittadini che insieme alle Istituzioni pubbliche formano lo Stato-Comunità distinto dallo Stato-Apparato e che comunque tutte le Istituzioni pubbliche hanno il fine costituzionale di garantire lo sviluppo della cultura e della ricerca (sia scientifica che tecnologica).

Il quarto articolo garantisce che i professori universitari (che siano Rettori o Direttori o altro ancora) hanno dei precisi doveri nrll’adempimento, “con disciplina ed onore”, della funzione pubblica loro attribuita dalla Costituzione prima e dalla legge poi.

Come tutti i cittadini “cui sono affidate funzioni pubbliche” (siano funzionari professionali o siano funzionari onorari-elettivi), il difetto grave e ripetuto di “disciplina ed onore” deve avere conseguenze che possono essere di natura disciplinare nel primo caso, ovvero di responsabilità politico-elettiva davanti agli Organi di rappresentanza nel secondo caso.

Applicazioni concrete dell’art. 54 Cost. quali sono?

Tra le tante applicazioni inviterei a considerare il “Codice Etico di Ateneo” (Codice approvato, anche in Unical, a norma dell’art. 2, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240). Il Codice Etico di Ateneo nelle sue Finalità generali (al punto 2) indica che:

“L’Università della Calabria richiede ai professori, ai ricercatori, ai tecnici, al personale tecnicoamministrativo, ai collaboratori esperti linguistici, ai Dirigenti ed agli studenti nonché ad ogni altro componente dell’Ateneo, nell’adempimento dei rispettivi doveri e in relazione ai ruoli e alle responsabilità assunte sia individualmente sia nell’ambito degli organi collegiali, di rispettare, proteggere e promuovere i valori cardine delle istituzioni universitarie”.

Nelle sue più concrete disposizioni cogenti il Codice Etico contiene anche norme, tra le altre, relative all’Uso del nome e della reputazione dell’Università (Art.9) per le quali:

“1 comma. Tutti i componenti dell’Università sono tenuti a rispettarne il buon nome e a non recare danno alla reputazione dell’istituzione.

2 comma. Salvo espressa autorizzazione, a nessun componente dell’Università è consentito:

a) utilizzare il logo e il nome dell’Università;

b) utilizzare senza esplicita attribuzione la reputazione dell’Università in associazione ad attività professionali, impieghi, incarichi o altre attività esterne, anche non remunerate;

c) esprimere punti di vista strettamente personali spendendo il nome dell’Università”.

Richiamati i precedenti tre passaggi vengo ora a porre la domanda di chiusura (e di apertura al Dibattito) che anticipavo sullo “stato attuale dell’Unical”, e sul “futuro dell’Unical”.

La domanda è la seguente: lo Statuto di Autonomia che l’Unical si è dato nella sua ultima versione nel 2012 (e cioè il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298 del 22/12/2012) in attuazione della legge n. 240 (la cd. “Legge Gelmini”) ci consente di applicare estesamente i princìpi e le garanzie costituzionali da poco richiamate? Nel caso in cui ciò non sia, l’attuale Governance (alta e bassa) di Ateneo ritiene prioritario applicare i princìpi e le garanzie costituzionali che nelle parole che precedono abbiamo esplicitato?

Mi sembra evidente che i due quesiti che pongo sono collegati, ed anzi sono de facto un unico quesito.

Mi piacerebbe che, in questa e in altre sedi (e mantenendo un tenore alto del discorso che credo questa Comunità universitaria meriti), i soggetti che fanno parte della Governance alta di questo Ateneo procedano a discutere in pubblico ed operare nel senso di fornire conferme concrete alle esigenze di responsabilità, imparzialità e pluralismo che la Costituzione ci pone a tutti. Esigenze di responsabilità, indipendenza, imparzialità e pluralismo che io, come tanti altri in questa sala, ci poniamo. Esigenze che il Rettore di questo Ateneo, nei mesi che precedono, in relazione a quanto richiamato, non ha purtroppo garantito nel suo rapporto con gli Organi Accademici e con la Comunità accademica. Grazie per l’attenzione.

Walter Nocito, Ricercatore Unical

Intervento al Dibattito “L’Università della Calabria e il suo futuro”,

University Club-Unical, 14 dicembre 2016

 

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