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servizi pubblici e Ato in Calabria PDF Stampa E-mail
Scritto da walter nocito   

Il titolo della nostra comunicazione che si vuole rivolgere a quanti dovranno da varie posizioni partecipare alle riforme del governo territoriale in Calabria richiama la proposta fondamentale che si intende svolgere.

Proposta per la quale la legge regionale attuativa della legge n. 56 di riforma della amministrazione territoriale, deve procedere insieme con la attuazione della “riforma Madia” e dei decreti legislativi che maggiormente rilevano nel settore dei servizi pubblici (Decreto ambiente in primis, mentre per il settore “trasporto pubblico locale” la Calabria è già intervenuta con la legge attuativa del dicembre 2015 che rappresenta una interessante riforma alla prova fin da subito dell’attuazione amministrativa).

Nel settore dei spl deve poi specificarsi che il decreto Madia richiamato non si applica a rifiuti, servizi idrici ed energia (ex art. 3).

Il settore dei spl è in Italia, da almeno un quindicennio, non poco tormentato ed è  caratterizzato da una complicata stratificazione normativa spesso contraddittoria ed affetta da instabilità.

Gli schemi di decreto legislativo della “riforma Madia” sono al momento 11 (molti non sono stati ancora presentati dal Governo al Parlamento) e sono in fase di controllo tramite parere delle Commissioni parlamentari competenti, prima della approvazione e della loro definitiva entrata in vigore.

Gli schemi di d. lgs. che maggiormente rilevano sono ai nostri fini due.

Il primo è  quello denominato Testo unico sui servizi di interesse economico generale”, decreto attuativo della “Delega Madia” (attuativo della delega di cui all’art 19 lettera d) della legge n. 124 del 2015).

Il secondo è  quello denominato “Schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di societa’ a partecipazione pubblica” che disciplina il riassetto delle società partecipate degli enti territoriali e che dovrebbe garantire, nella sua ratio legislativa, il passaggio da circa 8.000 a 1.000 aziende partecipate entro un breve termine. Tale schema, può ora solo segnalarsi, quando entrerà in vigore interverrà approfonditamente sulla governance delle partecipate prevedendo che «le funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici di interesse economico generale sono distinte e si esercitano separatamente». Dietro tale principio può agevolmente leggersi una scelta normativa di “stretta sugli incarichi”, diffusamente appezzata e apprezzabile date le arci-note e storiche polemiche sul “feudalesimo della gestione delle partecipate”, in Italia come in Calabria. Ad esempio, ai componenti di organismi di indirizzo politico o di enti che abbiano funzioni di stazione appaltante o di controllo del servizio non possono essere conferiti incarichi di amministrazione o gestione. Tale divieto si estenderà/estenderebbe anche a coniugi e parenti degli stessi soggetti. Lo schema fissa scadenze anche sui controlli, il cui rispetto è rafforzato dalla previsione di multe.

Nel riassetto delle partecipate (seconda la lettera della norma) si troverà anche la possibilità di fallimento accom­pagnata dal piano di riordino che dovrebbe contribuire alla riduzione (drastica) del numero delle aziende attive a partire dalla cancellazione di quelle con più amministratori che dipendenti (ma tale norma era già prevista nella legge di Stabilità 2015!).

Venendo ora ai servizi pubblici di interesse generale si deve sottolineare come il testo del primo schema di decreto fa un passo avanti rispetto ai precedenti tentativi di riordino,

compiuti in particolare con il decreto n. 138/2011 (articolo 3­bis, decreto poi convertito nella legge n. 148) decreto in cui si puntava già ad una riorganizzazione sulla base degli ambiti territoriali omogenei.

Nel testo si richiama, rafforzandolo, l’Osservatorio per i Servizi pubblici locali istituito presso il Ministero per lo Sviluppo economico a vigilanza e coordinamento della rete dei servizi pubblici territoriali, che dovranno o potranno - in base al testo in approvazione - essere distrettuali.

L’Osservatorio per i Servizi pubblici locali è stato istituito per garantire agli utenti ed agli enti un’informazione completa e aggiornata sull’organizzazione e sulla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti urbani, al servizio idrico integrato e al trasporto pubblico locale.

Sul punto deve sottolinearsi come, già da alcuni anni, tale Osservatorio SPL può fornire un supporto agli enti impegnati nei processi di riordino ed efficientamento dei servizi attraverso note metodologiche e report analitici utili allo svolgimento degli adempimenti connessi a problematiche organizzative o gestionali (se ne trovano anche sul sito).

In estrema sintesi il testo del primo schema di decreto Madia citato, nella sua complessiva ratio, invita le amministrazioni e le Regioni ad uscire dalla logica per cui ogni Comune ha una sua società, allargando i confini delle attività dei soggetti di governo dei spl per “organizzare lo svolgimento dei servizi a rete”.

Tutto questo detto, la futura legge regionale calabrese attuativa della legge n. 56  di riforma della amministrazione territoriale se vuole procedere alla attuazione congiunta delle riforme Delrio e Madia (nuova disciplina dei spl e delle partecipate) cosa dovrebbe considerare o preventivamente valutare?

La disposizione che deve essere considerata è l’art. 13, comma 1 e comma 2 della disciplina Madia dei spl, la cui applicazione è esclusa, si ripete, per alcuni settori sulla base all’art 3 dello stesso (rubricato “ambito di applicazione”).

Infatti lo schema del 20 gennaio - diverso sul punto da quello circolato nei giorni precedenti - all’art. 13, comma 1 dispone che i servizi pubblici locali di interesse economico generale:  “sono organizzati per ambiti oppure i bacini territoriali ottimali e omogenei individuati dalle regioni, che ne definiscono il perimetro, anche al fine di favorire i processi di aggregazione dei gestori, e ne istituiscono designano gli enti di governo stessi”.

La dimensione degli ambiti o bacini – secondo il decreto - non può essere inferiore a quella del territorio provinciale, salvo che non si siano perimetrali degli ambiti (‘Distretti’) di dimensioni inferiori (art. 13, comma 2) sulla “base della normativa previgente”.

Le regioni italiane, e dunque anche la Calabria, per pianificare al meglio l’organizzazione e lo svolgimento dei servizi pubblici a rete (e cioè per “massimizzare l’efficienza”, e per innescare “economie di scala”), non possono individuare specifici bacini territoriali di dimensione inferiore di quella provinciale, ma possono individuare ‘Distretti’ (bacini territoriali) di dimensione superiore motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a princìpi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio.

Il testo precedente quello del Consiglio dei Ministri del 20 gennaio indicava che i ‘Distretti’ fossero perimetrabili “in base a princìpi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza  e  in base alle specifiche caratteristiche morfologiche dello stesso”.

Il testo precedente indicava che i ‘Distretti’ fossero perimetrabili da parte delle Regioni anche su proposta dei Comuni e “previa lettera di adesione dei Sindaci interessati o delibera di un organismo associato e già costituito ai sensi dell'articolo 30 del testo unico enti locali”.

Questa era precisamente la soluzione della legge del 2011 -più flessibile per le determinazioni politiche sugli organi di governo dei bacini- con riferimento al già citato art. 3 bis della legge 148 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 L. 14.09.2011, n. 148) della cui tacita abrogazione  (in quanto in conflitto con la norma Madia di cui all’art. 13 citato) non possiamo a questo punto dubitare.

Tutto questo specificato sulla perimetrazione ex lege dei bacini territoriali ottimali e omogenei (ato), prima di arrivare alle conclusioni sulla attuazione in Calabria delle riforme in parola vorrei soffermarmi un momento sul concetto generale di ‘Distretti amministrativi’ ovvero di ‘Distretti per i spl’.

Cosa sono o sarebbero se qualche Regione ordinaria li volesse realizzare?

Se ad esempio la Calabria li volesse applicare per aggregare diversamente le aree territoriali delle attuali 5 province calabresi di cui tre sono minuscole, una è media con presenza di “Città metropolitana”, ed una è molto molto vasta, forse troppo vasta per essere un vero Distretto ottimale?

Sul concetto di ‘Distretti amministrativi’, ovvero di ‘Distretti per i spl a rete’, direi che le ispirazioni per la futura “catena normativa di riforma” possono essere di due tipi.

Diciamo “catena normativa di riforma” perché evidentemente non si tratta di una sola semplice legge, ma di una serie di più articolata passaggi normativi con una attività implementativa affatto semplice (come d’altra parte sono oramai molti processi di riforma di interi settori).

La prima ispirazione la andrei a trarre da uno dei primi testi costituzionali italiani, la Costituzione del Regno di Sicilia del 1812.

La seconda ispirazione la andrei a trarre dall’esempio dei cd. “eco-distretti”.

Uno dei primi testi costituzionali italiani è infatti la Costituzione siciliana del 1812 che operava una divisione della Sicilia in 23 distretti (a fronte dei tre “valli” stabiliti in precedenza). La Sicilia – si specifica - in quell’anno si era temporaneamente staccata dal Regno di Napoli per complicate vicende storiche legate ai rapporti tra i Borboni e Napoleone Bonaparte. Nella Costituzione siciliana del 1812 (che recuperava fra l’altro istituti amministrativi e parlamentari normanni di auto-governo affatto primitivi), il Parlamento dell’Isola abolì l'antica suddivisione amministrativa della Sicilia stabilendo l'istituzione di 23 distretti che, direcente, nel 2013, sono in qualche modo stati riecheggiati dalla riforma delle vecchie ‘Province regionali’ siciliane avviata, ma non conclusa, del Governo regionale presieduto da Rosario Crocetta (con terminologie di più varia estrazione).

I distretti del 1812 vennero delimitati dallo studioso Giuseppe Piazzi, astronoma, che nel perimetrarli, tenne conto delle caratteristiche naturali, economiche e demografiche delle varie zone dell'Isola utilizzando i criteri indicati con formule lessicali degne di nota.

Nella Costituzione del 1812 per delimitare i distretti e stabilirne i capoluoghi il Piazzi stabiliva infatti:

“1) che i limiti di ogni distretto sieno quegli stessi che presenta la natura del terreno, come fiumi, monti e valli;

2) che ciascun distretto o comarca possa guardarsi da un capitan d'armi con dodici uomini;

3) che i luoghi più pericolosi e più esposti restino nei confini delle comarche, e situati in modo che facilmente un capitano possa colà chiamare man forte dal vicino;

4) che i fiumi principali, impraticabili d'inverno, non separino le parti della medesima comarca;

5) che le popolazioni più cospicue e più favorite dalle circostanze locali ne siano i capoluoghi;

6) che quelle vaste solitudini formate dall'unione di molti feudi, lagrimevoli testimoni di una barbara, mal intesa cupidigia, non debbano per quanto è possibile, percorrersi dal colono, che vorrà recarsi al capoluogo”.

Attualizzando il lessico del primo ottocento in un lessico da novecento, potremmo dire che questi criteri riecheggiano direttamente un principio, ante litteram, di “buon andamento”, ovvero “di differenziazione”  ovvero “di prossimità”? Parrebbe proprio di si.

La seconda ispirazione della legge regionale attuativa della Delrio potrebbe essere tratta invece da uno degli  esempi più significativi di innovazione tecno-amministrativa che in Italia deve congiungere competenze istituzionali, managerial-aziendali e politologiche, e cioè gli “Eco-distretti” di cui anche in Calabria si inizia ragionare da parte della Regione.

L’occasione della attuazione congiunta delle due riforme in itinere attraverso la catena normativa di riforma prima richiamata, in questo senso, può e deve avere chiari e dettagliati obiettivi di modernizzazione, di bonifica e di sviluppo di nuove politiche pubbliche attive

per il lavoro con tutto quanto ciò comporta in termini di necessaria attività ordinaria di pianificazione e gestione del “ciclo integrato dei rifiuti”.

L’attività ordinaria di pianificazione deve prevedere essenzialmente la “chiusura del ciclo dei rifiuti” dentro gli Eco-distretti, e tale chiusura deve essere garantita, e anzi deve essere basata, su tutte le essenziali iniziative impiantistiche necessarie a trasformare i rifiuti (urbani e speciali) da problema di ordine sanitario e pubblico in ‘risorsa economica’ che crea e non distrugge lavoro. Iniziative impiantistiche e aree industriali attrezzate sono entrambi elementi essenziali per progettare e perimetrare  i confini gestionali degli “Eco-distretti”. Gli “eco-distretti” di cui la Calabria deve dotarsi devono infatti, in questa precisa direzione, progettare e perimetrare i confini gestionali e aziendali delle “filiere del recupero” di tutti i materiali. In tali filiere (tipiche della strutturazione per distretti economici “in senso marshalliano”) deve essere progettata e realizzata, nel dettaglio, la riconversione dei materiali/rifiuti in ingresso e la trasformazione in “prodotto” di tutti i rifiuti differenziati raccolti all’interno degli stessi eco-distretti.

Non mi soffermo oltre sul punto (che pure meriterebbe), se non per generalizzare il tema e per dire che la perimetrazione dei “nuovi ato” e poi l’individuazione dei soggetti di governo degli stessi sono la vera sfida alla quale la legge regionale attuativa della riforma Derio, in accoppiata con l’attuazione della “riforma Madia”, è chiamata.

Tante, troppe, sono le arretratezze e le incrostazioni nel campo delle gestioni dei spl in Calabria … Tante, troppe, sono le arretratezze e le illegittimità nel campo della tariffazione dei servizi idrici – solo per fare un macrospcopico esempio - che l’ente/società di gestione regionale SORICAL sta attualmente compiendo, allegramente, nei suoi rapporti con le amministrazioni comunali le quali subiscono vessazioni e tariffazioni abnormi e scorrette sulla base di quanto l’Autorità nazionale di garanzia dei spl stabiliscono già da alcuni anni. Per rimanere all’esempio del “caso SORICAL”, della massa di crediti che vanta e delle sue tariffe che pratica qui può solo segnalarsi che costituisce una vicenda amministrativa-gestionale molto grave (da oltre 12 anni!) che i cittadini e gli operatori economici calabresi subiscono pagando con le loro tasche (alcuni eludendo ed evadendo i pagamenti delle tariffe). E tutto ciò … mentre gli impianti idrici nel loro complesso sono al collasso e lo “spreco idrico” è da record in Italia!

Venendo ora alle conclusioni della Comunicazione, possiamo in definitiva ritenere che, in Calabria come in Italia, le norme della riforma Madia, in combinato con la riforma Delrio, irrigidiscono l’operazione di riforma dei spl e la “centralizzano”. Cioè la verticalizzano in capo alla Stato e alla Regione adempiente. Le stesse norme centralizzano la riforma agendo in ultima battuta sulle aziende partecipate di erogazione dei servizi pubblici governate e controllate sempre più “dall’alto” ciò perché la normativa punta con evidenza “a favorire i processi di aggregazione dei gestori” e dunque di industrializzazione del settore.

Ciò non è un male in sé, se il processo di aggregazione dei gestori seguisse degli obiettivi di effettiva, efficace ed innovativa ‘politica industriale’ (magari con tocco “green”!).

Ciò non è un male in sé, in quanto la frantumazione e la polverizzazione dei spl ha creato e crea i noti problemi di cattiva gestione, corruzione ed infiltrazione di capitali criminali e mafiosi.

Anche in Calabria una riduzione del numero delle aziende di servizio pubblico (private e partecipate) può ridurre la cattiva gestione, la corruzione e le infiltrazione di capitali criminali nel settore dei spl.

Il modello della riforma Madia (in combinato con la riforma Delrio) non prevede  però - deve poi sottolinearsi - un controllo “dal basso” dell’erogazione dei servizi in termini di cd. social auditing. Nonostante ciò è possibile ritenere che una riforma democraticamente e costituzionalmente avanzata del settore spl (nel rispetto dell’art. 43 della Cost.it.) deve porsi il tema – sempre più centrale - del social auditing, così come il tema dei “Bilanci sociali” e dei “Bilanci Ambientali” (che alcune Province italiane redigevano prima della loro soppressione per asfissia finanziaria!) che sono espressivi di una amministrazione pubblica “al servizio della Nazione” (ex art 98 Cost. it.).

L’operazione di riforma è stata dalle nuove norme “centralizzata” anche a sfavore dei Comuni in quanto non è più prevista la ipotesi per la quale Regioni italiane possono individuare specifici bacini territoriali di dimensione inferiore a quella provinciale motivando la scelta “anche su proposta dei Comuni e previa lettera di adesione dei Sindaci interessati o delibera di un organismo associato e già costituito” (ai sensi dell'articolo 30 del Tuel, Testo unico enti locali). Certo sul punto resta il nodo, che qui non si può che richiamare, dell’effettivo funzionamento dei CAL regionali come organi consultivi dei Consigli regionali (ex art.123 Cost. it.).

In definitiva, e per chiudere la Comunicazione, se la Regione Calabria intende individuare specifici bacini territoriali di dimensione diversa (e superiore) da quella provinciale, deve motivare la sua scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a princìpi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio. Ciò implica un problema abbastanza serio per la maxi-area vasta di Cosenza, ma non per le altre “aree vaste”, di cui una è anzi una “Area vasta metropolitana” (Città metropolitana e Ente di area vasta hanno stessa logica e infatti la prima sostituisce la seconda).

Infine permettete di aggiungere il caveat finale (necessario data la sede del dibattito).

Se la Regione Calabria – che nelle parole del suo Presidente e vice-Presidente è consapevole del momento storico - non procederà secondo la tempistica nazionale alla individuazione dei nuovi bacini territoriali ottimali e omogenei si applicheranno da parte del Governo (ex art. 120 II comma) i poteri sostitutivi statali di cui all’art. 8 della legge “La Loggia” (l. n. 131 del 2003).

Se i Comuni Calabresi, dal canto loro, non aderiranno entro due mesi agli enti di governo di cui al comma 1 dell’art. 13 del Decreto Madia, la Regione sulla base del comma 6 dello stesso articolo dovrà (non potrà) esercitare i poteri sostitutivi regionali sugli enti comunali inadempienti, previa congrua diffida (e a pena di sostituzione statale ex art. 8 della legge “La Loggia”).

L’esito per la Calabria come per altre regioni deboli del Paese (che non scordiamolo è arretrato nel settore dei spl come in altri settori!), per il momento, appare abbastanza evidente (a chi osservi con freddezza e lucidità il corso degli eventi normativi) in termini di rischio, di prospettiva e di configurazione di un modello normativo, almeno astrattamente, cogente.

Se la Calabria e l’Italia vogliono essere un paese e una regione ‘europea’ alla stregua della Francia della Germania e delle loro regioni, devono cercare di migliorarsi avendo a riferimento i modelli prescritti di “buona amministrazione” e di “economie tecnologicamente avanzate”.

Se i rifiuti riempiono le strade urbane ed extraurbane, e il mare non è balneabile per scarichi fognari non depurati (e cioè per difetti gestionali dei spl), la Calabria non merita di essere regione europea come lo sono altre regioni mediterranee di altri Paesi della Ue (Francia, Spagna, Croazia Grecia, Malta ed altri). Walter Nocito

Comunicazione al Seminario congiunto Università Calabresi - Regione Calabria

“Le riforme del governo territoriale in Calabria” (Università della Calabria, Aula Magna, 23 febbraio 20016)

More info su Seminario:

http://www.unical.it/portale/portaltemplates/view/view.cfm?58937

http://www.regione.calabria.it/index.php?option=com_content&task=view&id=18610&Itemid=136

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