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"il tempo della speranza" di Francesco Perre PDF Stampa E-mail
Scritto da salvatore fabiano   

Ho letto con interesse l’opera di Francesco Perre  dedicata alla Belvedere che non c’è più. Racconti, fatti narrati da protagonisti, dati, emozioni, osservazioni storiche.

Non saprei su quale dei variegati aspetti  appuntare di più la mia attenzione. E’ tutto un susseguirsi di sensazioni che non mi lascia il tempo dell’immediata riflessione. Mi coinvolge passionalmente e basta.

Un unico filo conduttore individuo con immediatezza: conoscere, far conoscere ed istoriare un periodo di passaggio della nostra civiltà, dall’arretratezza medievale al benessere moderno emergente, vissuto in un piccolo paese del Sud Italia. Franco ha voluto tratteggiare le realtà produttive del secolo scorso, già in gran parte estinte, affinché ne resti il segnale. Ha inteso far conoscere, attraverso interviste ai protagonisti di quella stagione, cosa muoveva la gente in quell’affannoso ricercare il benessere. Non importa se si trattava di imprenditori, a volte illuminati ed a volte meno,  o di gente umile, a volte supina ed a volte ribelle. Se si trattava di uomini avidi, di gente di buon cuore, di  antichi contadini od operai che volevano sopravvivere col lavoro ovvero di giovani, a volte ragazzini come Enzo o Totonno, smaniosi di avere qualche soldo in tasca ed imparare quanto sarebbe poi servito per vivere con dignità. Una società in movimento, insomma.

Quel mondo statico che per secoli si era perpetuato in gesti ed abitudini, ora si muove e vuole partecipare al progresso; lo fa con l’iniziativa pionieristica di alcuni operatori economici, ma poggiando sulla voglia di riscatto e di affrancamento dalla miseria di tanti contadini, artigiani e giovani emergenti che vogliono vivere meglio dei loro predecessori.

Si lavora con sacrifici in termini di impegno fisico e di lontananza dalla famiglia, dalla propria casa e dalla propria terra. Si recidono radici ed affetti, si guarda con speranza in avanti ed agognando un mondo migliore. Non per tutti il risultato sarà soddisfacente, però!

Sono oltremodo felice di essere stato citato per la mia collaborazione. Non ho faticato molto a far riemergere dalla mia memoria quanto direttamente vissuto nel primo quarto di secolo della mia esistenza nel mio “Borgo Antico”. Non ho esitato a mettere a disposizione di Franco, amico d’infanzia ed oltre, ogni cosa posseduta come ho fatto con chi me lo ha chiesto in passato  e sono pronto a farlo con chiunque me lo chiedesse in futuro. Ho utilizzato qualche mio vecchio amico dei tempi passati, delle cui vicissitudini umane ero edotto, per fargli narrare la propria storia.

Nelle nostre biblioteche personali un giorno qualcuno troverà le pagine di quest’opera, tanti dati sull’attività umana della piccola epoca e ne sarà grato a chi le ha scritte.

Interessanti anche i cenni ad alcune vicende politiche locali. L’uso del nostro territorio, da Franco trattato certo con benevolenza, ma che fa capire anche a chi quel periodo di intensa urbanizzazione non l’ha vissuto, cosa di negativo si è prodotto e cosa invece poteva essere fatto di meglio nell’interesse della collettività. Vicende come quella di Ciriaco Martorelli, uomo tutto d’un pezzo che, sebbene calzolaio-contadino incolto, ha scritto pagine di grande rilievo sociale e politico. Il ribellarsi ai soprusi, alla demagogia di un sistema e, nel contempo, vivere con dignità la vita di padre premuroso, affettuoso e serio. L’ho frequentato e potrei dire di più. Molto di più! Uno che in me ha lasciato il segno positivo, sebbene lo avessi tanto temuto nella fanciullezza. Salvatore Fabiano - 28.12.2014

 

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