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costituzione, ‘ritorno alla politica’ e ‘ritorno della povertà’ PDF Stampa E-mail
Scritto da walter nocito   

Ipotesi di ricerca e partizione della Relazione -  L’ipotesi di ricerca prescelta che oggi si presenta parte da un assunto che è forse corretto esplicitare. L’ipotesi ha natura storico-ricostruttiva, in quanto assume che tanto in Ita­lia quanto in Europa (nella Ue),

siamo in presenza di un tren­ten­nio di “tra­sfor­ma­zioni isti­tu­zio­nali”, e di “trasformazioni del diritto”, che coinvolgono, e forse travolgono, il con­cetto di Costi­tu­zione rigida come anche altre usuali categorie costituzionalistiche (…).

“Il tempo – e i tempi - delle Costi­tu­zioni” , dall’Italia all’Europa e dall’Europa all’Italia, stanno cambiando e la crisi economico-finanziaria in atto dal 2008 (quindi da ben 6 anni!), sta svolgendo il ruolo di detonatore di una serie di tra­sfor­ma­zioni relative ai diritti di ‘cittadinanza sociale’ (i cd. diritti sociali ‘costosi’, relativi alla salute, all’istruzione, all’assistenza, al lavoro, alla formazione professionale, all’abitazione, all’ambiente sano, ed in definitiva i diritti ‘alla vita degna’).

Le ‘tra­sfor­ma­zioni costituzionali’ alle quale ci si riferisce in questa Relazione sono però solo quelle interne essendo ben chiaro a tutti che l’analisi di quelle europee richiederebbe un’ampiezza di sforzi al momento non programmati.

Ma perché ci riferiamo ad un ‘tren­ten­nio’ di tra­sfor­ma­zioni (giuridico-isti­tu­zio­nali)?

Perché è ben noto come la prima Com­mis­sione bica­me­rale per le riforme costi­tu­zio­nali, la cosid­detta «Com­mis­sione Bozzi» comin­ciò i pro­pri lavori nell’autunno del 1983, mentre l’approvazione del «Pro­getto Altiero Spi­nelli», da parte del Par­la­mento euro­peo (un vero incipit per l’integrazione politica del continente europeo!), avvenne nel feb­braio dell’anno suc­ces­sivo (era il 14 febbraio 1984, data in Italia legata ad altro evento di politica interna … il “taglio della scala mobile” …  a quei tempi atto normativo tipicamente nazionale …).

Proprio questi due fatti hanno segnato l’avvio ad una «tran­si­zione costituzionale» (ma anche politica e economica) che, tanto in Ita­lia quanto in Europa, a molti osservatori, appare ancora oggi ben lungi dall’essersi con­clusa.

Anzi la crisi in atto ha reso gli sviluppi di questa tran­si­zione più problematici e più controversi rispetto ai temi topici del costituzionalismo europeo ed italiano.

(…)

In questa presentazione, opererò una distinzione tra una parte descrittiva e una parte prescrittiva dell’intervento.

In chiave descrittiva, sia pur per brevi cenni richiamerò la pregressa e attuale giurisprudenza costituzionale sul rapporto (di contrasto?) tra l’insaziabilità dei diritti fondamentali e la limitatezza delle risorse finanziarie, nonché alcune fonti di studio utili ad approfondire tale di rapporto di contrasto/bilanciamento…

In chiave prescrittiva, il tema del contrasto tra  la ‘rigidità costituzionale’ dei diritti e la limitatezza delle risorse finanziarie sarà posto a confronto con due ipotesi-proposte che nel dibattito pubblico sono state avanzate e che meritano considerazione.

Ciò al fine di saggiare quale delle due sia più utile e corretta per dare sostanza alle giuste pretese di rigidità affinché permanga valido il carattere normativo della Costituzione (forte o debole che sia, interpretata che sia sistematicamente o meno).

Per carattere normativo forte della Costituzione sistematicamente interpretata ai fini della sua attuazione, deve intendersi quell’opzione per la quale la Costituzione esprime una forza normativa “sempre uguale a se stessa” e per la quale la sua forza non è solo delle sue singole norme puntualmente intese ma è del loro interpretarsi combinato secondo  criteri sistematici.

Chiave descrittiva della ricerca

In relazione alla giurisprudenza sul rapporto tra diritti e risorse finanziarie si deve ricordare che nel penultimo Convegno dell’A.i.c. (Associazione dei costituzionalisti italiani, a Padova, nel 2013) si è svolta tra i principali costituzionalisti un’ampia riflessione introdotta dalla prof.ssa Salazar (membro della ‘Commissione dei Saggi per le riforme’ nominata nel 2013 dal Governo Letta), e le cui conclusioni sono state tratte dalla prof.ssa Califano, attualmente membro dell’Autorità nazionale per la Privacy).

Il tema in parola, in tempi di spending review e di limitatezza delle risorse finanziarie, è divenuto centrale più ancora che nei anni precedenti (...)

Per un primo approccio al tema si segnala in particolare un “Quaderno di giurisprudenza costituzionale” (pubblicato nel maggio 2013, disponibile sul sito della Corte costituzionale) al quale ora si può rinviare come documento di grande utilità.

Tale Quaderno prende in considerazione le numerose decisioni che hanno riguardato i giudizi di costituzionalità in via principale (tra Stato-regioni), nelle quali la Corte ha dovuto misurarsi con i temi del contenimento della spesa pubblica e della rigorosa osservanza dell’obbligo di copertura finanziaria delle spese. Il Quaderno si concentra anche sulle decisioni che contengono enunciati direttamente riferibili alla tutela dei diritti individuali e alle ‘compatibilità finanziarie’ riferiti all’ultimo trentennio.

Gli estratti dalle decisioni della Corte in tema di tutela dei diritti e vincoli finanziari sono organizzati ‘per materia’ (in relazione alla previdenza, al sistema sanitario, all’assistenza, all’accesso degli stranieri alle prestazioni assistenziali, al trattamento retributivo dei lavoratori pubblici, all’istruzione, all’occupazione, alle imposte).

Volendosi con più attenzione soffermare sui profili storico-descrittivi della giurisprudenza della Corte Costituzionale, può invece ricordarsi  che fino agli anni ottanta, il tema delle compatibilità economiche non appariva centrale nella sua giurisprudenza. In coerenza con il contesto politico di quegli anni, la Corte frequentemente ampliava la platea dei destinatari di benefici e provvidenze economiche attraverso il principio di eguaglianza.

In letteratura, nel 2004 una dottrina attenta alla normatività del testo costituzionale (il prof. Claudio De Fiores) ha sottoposto gli orientamenti della Corte a una analisi diacronica di un certo interesse ai nostri fini. Successivamente, la prof.ssa Salmoni ha riflettuto in tema di “Equilibrio finanziario, vincoli comunitari e giurisprudenza costituzionale” pervenendo ad un’analisi altrettanto interessante ai nostri fini.

Nella giurisprudenza degli anni ottanta in materia di vincoli finanziari, la Corte era solita negare il rilievo valoriale all’art. 81 della Costituzione, ragion per cui a fronte di disposizioni contrastanti con le istanze sociali sottese ad alcune disposizioni costituzionali (e in particolare agli artt. 36 e 38 Cost., su lavoro, previdenza ed assistenza), era a quest’ultime che il Giudice accordava una tutela prevalente (omettendo di riferirsi al limite delle risorse).

Tale primo orientamento era precompreso dalla Corte come conforme ai più autorevoli orientamenti dottrinali di quel tempo – come il Maestro Costatino Mortati – secondo i quali: “poiché la maggiore spesa, per il fatto di essere richiesta dall’osservanza di un imperativo costituzionale, assume carattere obbligatorio, spetta alla responsabilità del Governo e del Parlamento disporre le variazioni di bilancio necessarie per ottemperarvi” (…)

Il richiamo ai ‘vincoli’ posti dalla Costituzione all’indirizzo politico-finanziario è presente in alcune significative decisioni nelle quali la Corte afferma che “contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso” (sentenza n. 217/1988).

Queste parole “lette col senno di poi” – è da notarsi – colpiscono molto chiunque le legga, ma sono oggi del tutto impronunciabili!

Negli anni successivi, 1990/92 - gli anni del “dopo Maastricht” e del post-‘Patto di Stabilità’ - la situazione costituzionale italiana cambia, nel senso che i bilanciamenti e gli orientamenti (espressi e pre-compresi) della Corte, e prima del legislatore, cambiano di molto (...).

In poche e semplici parole, nel corso degli anni novanta, gli orientamenti per i quali ci “sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso”, rispetto al passato, si invertono.

Nella nuova fase storico-politca e nel nuovo contesto europeo, i mutamenti della finanza pubblica e privata (che si identificano sempre più), così come i mutamenti dell’economia che si finanziarizza, impongono al legislatore e poi alla Corte una diversa considerazione dei ‘vincoli finanziari’ e dei ‘limiti di spesa’.

Nella giurisprudenza emerge l’orientamento secondo cui “l’operatività del principio di eguaglianza non è unidirezionalmente e necessariamente diretta ad estendere la portata di una disciplina più favorevole evocata come tertium comparationis, ma può dispiegarsi anche nel senso di rimuovere l’ingiustificato privilegio di una disciplina più favorevole rispetto a quella indicata a comparazione” (sentenze nn. 62 del 1994, 421 del 1995).

Il punto di svolta - due anni prima di Maastricht - è rappresentato dalla sent. n. 455 del 1990, in tema di ‘diritto alla salute’. Tale sentenza è considerata il leading case dell’orientamento della Corte sui cd. “diritti sociali condizionati”,  ed è significativa nell’iter argomentativo in quanto la struttura del bilanciamento ivi operato varia rispetto al passato.

Secondo la Corte tale locuzione (diritti condizionati) «non implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione a una puramente legislativa, ma comporta che l’attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione: bilanciamento che è pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte nelle forme e nei modi propri all’uso della discrezionalità legislativa». In tal modo “gli imperativi finanziari sottotesi alla ‘logica rigorista’ di Maastricht tendevano a divenire non solo parte integrante dell’indirizzo politico statale, ma elemento strutturale e condizionante dello stesso giudizio di ragionevolezza operato dalla Corte” (De Fiores, 2004).

Ad avvalorare tali argomenti critici verso il Constitutional Reasoning della Corte sono da sottolineare i ripetuti richiami alla “inderogabile esigenza di contenimento della spesa pubblica” (sentt. nn. 240/1994 e 361/1996); al “quadro della politica economica generale e delle concrete disponibilità finanziarie” (sent. n. 226/1993); e al cd. “limite delle risorse disponibili” (sentt. nn. 30/2004; 457/1998; 226/1993; 119/1991).

(…)

Venendo all’oggi (post-crisi del 2008), la Corte non ha ancora assunto una presa di posizione molto netta sulle scelte politico-normative relative alle politiche statali incentrate esclusivamente e drasticamente sul rigore finanziario, a differenza di quanto accaduto in altri Paesi, ed in particolare di quanto è accaduto in Portogallo dove il Tribunale Costituzionale ha prodotto invece una significativa “giurisprudenza della crisi”.

Comparando seppur in via fugace la “giurisprudenza della crisi” italiana con quella portoghese deve notarsi come la Corte italiana – a differenza del Tribunale lusitano – ancora non abbia enfatizzato il sostanziale contrasto tra le esigenze di garanzia e tutela del “nucleo duro” dei diritti di cittadinanza e le politiche incentrate sul rigore, forse perché le misure “anti-crisi” italiane, pur ‘aspre’, non sono state così ferree come quelle adottate in quel Paese (o in Grecia, caduta sotto la scure del Memorandum della Trojca o Troika, che è la nota commissione composta dai vertici di Fondo monetario internazionale, della BCE e della Unione Europea che si riunisce per esaminare, e con metafora medica per ‘curare’, la posizione dei paesi con gravi problemi di bilanci decidendo per le vie brevi le misure di aggiustamento da adottare da parte del governo nazionale per attenuare le ricadute sull’economia europea e internazionale).

(…)

Chiave prescrittiva della ricerca

Abbiamo già detto che il tema del contrasto tra ‘rigidità costituzionale’ dei diritti e limitatezza delle risorse può essere utilmente ai nostri fini posto a confronto con due ipotesi che di recente sono state avanzate.

Per la prima ipotesi emergono due ‘auspici’ dichiarati come necessità costituzionali.

Da una lato, la necessità di definizione nazionale delle priorità relative ai diritti fondamentali (ne parlano sia la Salazar che altri Saggi governativi, sia la Califano nella sintesi del Convegno padovano).

D’altro lato il “ritorno” della politica a livello sovranazionale ed europeo (un vero e proprio “new-deal europeo” da molti operatori politici invocato da alcuni anni in qua) con la costruzione di una dimensione federale a livello europeo.

Al Convegno padovano del 2013 (nella Relazione di sintesi) si è infatti sostenuto che:

“È stato del resto puntualmente osservato come le disuguaglianze che si costruiscono sulle dimensioni più tradizionali (genere, generazione, classe sociale) non si sono ridotte, ma risultano invece aggravate dalla precarietà nelle condizioni lavorative e da un welfare sempre più inadeguato e inefficiente. Ancora una volta è la ricerca di un equilibrio di sintesi tra istanze di eguaglianza e di solidarietà con altri valori inseriti nel contesto costituzionale a rappresentare il punto nodale. In una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo se non si possono escludere riduzioni o arretramenti delle tutele, non ci si può esimere, al contempo, dal fissare e mantenere una linea essenziale di garanzia del diritto costituzionalmente protetto, rispettando un principio gradualistico per cui l’eventuale incisione sui diritti sociali dovrebbe essere l’ultimo anello di una catena legislativa di intervento ... Torna in proposito la necessità di definizione delle priorità relative alla tutela dei diritti fondamentali quale impegno programmatico di governo e parlamento che si sostanzia nella selezione degli obiettivi ineludibili e in una politica dei redditi idonea a realizzare una più equa distribuzione della ricchezza” (cfr. L. Califano Relazione di sintesi, Aic, 2013).

Su tale prima ipotesi/proposta potremo avanzare alcune valutazioni di seguito, ma solo dopo aver esposta la seconda ipotesi utile ad una analisi di natura prescrittiva.

Per la seconda ipotesi avanzata, prima e al di quà di un “ritorno della politica” a livello nazionale e sovranazionale (e quindi prima di una definizione nazionale delle priorità relative ai diritti), la crisi politica e d economica in corso condurrebbe – tramite passaggi che qui si possono saltare - alla doverosità di un rinforzo della dimensione normativa del complessivo testo costituzionale in funzione e in direzione di un costituzionalismo che sia normativo e garantista.

Un costituzionalismo per il quale – sulla base delle riflessioni proposta da Luigi Ferrajoli, da Lorenza Carlassare, da Gaetano Azzariti e da altri ancora - la dottrina dovrebbe voler prendere sul serio la ‘normatività forte’ della Costituzione.

L’opzione cui ci si sta riferendo prende la Costituzione sul serio” nel senso che la identifica come un progetto (normativo e politico) che impone agli operatori del diritto una funzione non sovrapponibile alle altre.

E cioè alla politica spetta la sua attuazione legislativa, alla giurisdizione spetta la sua applicazione nell’interpretazione e nella censura delle leggi vigenti ma invalide, e infine, alla scienza giuridica spetta la critica del diritto illegittimo perché prodotto, o non prodotto, in contrasto con i diritti costituzionalmente stabiliti (e ciò al fine di superare nel primo caso le antinomie, cioè le violazioni costituzionali ‘per commissione’, e nel secondo caso le lacune, cioè le violazioni costituzionali ‘per omissione’).

In tale seconda ipotesi, cui chi scrive aderisce, la rigidità costituzionale dei diritti (in rapporto alla limitatezza delle risorse) induce a riflettere della doverosità di utilizzare non solo la classica categoria della ‘rigidità’, ma anche le categorie della ‘resistenza costituzionale’ ed (eventualmente)... della ‘resilienza’ costituzionale.

In tale ottica i quesiti da porsi per meglio delimitare il problema, e poi agire di conseguenza, sarebbero i tre seguenti:

a) “fin quanto la rigidità costituzionale può essere attenuata, nel senso di temporaneamente derogata ovvero gradualizzata, senza cessare di essere rigida?;

b) “fin quanto la rigidità può essere attenuata nel senso di cui sopra senza diventare ‘resistenza’ nel contenuto essenziale/nucleo duro?;

c) “fin quanto la rigidità può essere attenuata nel senso di cui sopra, senza diventare ‘resilienza’ costituzionale?

I quesiti posti attengono alla ‘Constitutional adaptability’ – concetto che ora si può solo evocare – ma che in letteratura è stato riproposto al World Congress of the IACL (svoltosi nel giugno 2014, presso la Università di Oslo) da parte di due studiosi greci (il Prof. Xenophon Contiades e il Dr. Alkmene Fotiadou del Centre for European Constitutional Law, di Atene) in un loro Paper presentato al Workshop dedicato a Oslo a ‘Constitutions and financial Crisis’ (il Paper, dal titolo “Constitutional adaptability: bouncing back after the financial crisis”, è disponibile sul web, nel sito dell’Università di Oslo).

Ritorno alla  politica e ritorno della povertà

Avvicinandoci ora alle conclusioni dell’intervento veniamo alla chiarificazione del dilemma che oggi si propone: “ritorno alla politica” vs. “ritorno della povertà”?

Su questo dilemma - credo - si possa riflettere per opinare consapevolmente in favore o contro la presunta necessità di “definizione nazionale delle priorità relative ai diritti fondamentali”.

In altri termini, se si accettasse (come molti farebbero) l’ipotesi di definizione politico-parlamentare-governativa “delle priorità nazionali relative ai diritti fondamentali” il rischio di flessibilizzazione (e di politicizzazione) dei diritti sociali fondamentali sarebbe molto elevato …

(…)

E infatti con la crisi - in Italia come in altri paesi europei – nell’arene costituzionali nazionali  sono tornati i “poveri” ragion per cui i veri quesiti sulla base dei quali poter avviare una discussione proficua possono essere oggi i seguenti: ma questa “definizione nazionale delle priorità” costituisce un via adeguata per affrontare (con il ‘ritorno della politica’) il più che evidente “ritorno della povertà”? E quindi per affrontare il modo di influire di tale “ritorno dei poveri” – poveri in senso materiale - sulla complessiva dinamica dei diritti fondamentali di cittadinanza …?

(…)

Non si opera di certo una mistificazione della realtà se si vuole qui sottolineare come, in molti Paesi ma in Italia in forma per noi preoccupante, … è ritornato, prepotentemente, alla ribalta un mondo che sembrava scomparso trenta e venti anni fa grazie alla diffusione del benessere materiale, o che almeno era confinato in aree sociali ristrette, o ristrettissime (gli ‘emarginati’, gli esclusi nella società “dei due terzi”).

Tale mondo  - i “poveri in senso materiale”, la “working poor class” -  come ci ricordano tra gli altri Stefano Rodotà, e Marco Revelli, come anche i dati Istat e i dati e le analisi dell’ultimo Rapporto della Svimez –  non è affatto scomparso, ma anzi cresce ogni giorno di più non solo tra gli immigrati di prima generazione, ma tra i cittadini italiani cha come si sul dire “cadono in povertà” in forza di uno o più episodii di vita (crisi aziendale, licenziamento individuale, mobbing, età, divorzio, malattia, ecc..) così come si “cade in malattia”…

In Francia, a tal proposito, alcune istituzioni pubbliche e alcuni centri universitari hanno condotto un'ampia ricerca comparativa sulla situazione e le prospettive dei diritti sociali e delle vecchie e nuove povertà sulle quali dovrebbero agire i diritti sociali, ed hanno sintetizzato il problema di fondo che qui si vuole solo segnalare con la seguente - assai efficace – formula interrogativa: «Droits des pauvres, pauvres droits?» citata da Stefano Rodotà, in un articolo pubblicato sulla Rivista di diritto privato nel 2012.

Marco Revelli, politologo torinese, in questa stessa direzione ai primi segni della crisi (che poi si è aggravata), ha potuto a buon ragione titolare un suo interessantissimo libro con il titolo Poveri noi (Einaudi, Torino, 2010).

A commento di tale libro, nota, e noi con lui, Rodotà: “davvero poveri tutti: ovviamente quelli che vivono concretamente la condizione della povertà, ma anche quelli che avvertono non solo il disagio personale, ma l’inaccettabilità sociale di un mondo nel quale, attraverso la povertà, vengono negate la dignità e l'umanità stessa delle persone. E proprio attraverso questo dato di realtà possiamo comprendere meglio il significato profondo delle parole che aprono la nostra Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Quando il lavoro non c'è, quando viene negato o sfigurato, è lo stesso fondamento democratico di una società ad essere messo in pericolo”.

(…)

Venendo ora alla nostra posizione di sintesi sul dilemma prospettato, in presenza di un crescente ‘ritorno della povertà materiale’, l’ipotesi di un ‘ritorno alla politica’ per come prospettato si può prestare ad essere oggetto, ad avviso di chi scrive, di un rischio di una pericolosa flessibilizzazione dei diritti sociali fondamentali … ragion per cui l’opzione in parola, qualora accettata (e poi praticata da forze politiche di natura liberista e conservatrice) si può prestare ad una attenuazione della rigidità costituzionale che può divenire, sia in ipotesi di temporanea deroga sia in ipotesi di graduata e territorializzata differenziazione, una perdita secca di rigidità dei diritti sociali … e dunque,  in altri e più precisi termini, una perdita secca di uguaglianza costituzionale dei cittadini (… o almeno una perdita secca di un ‘obiettivo egalitario’ dei pubblici poteri della Repubblica!)

Dunque, alle date condizioni di contorno (evidentemente politiche e politico-internazionali), la “Constitutional adaptability in the age of crisis” può essere solo una mera forma di ‘resilienza’ o resistenza costituzionale se si rinuncia in tutto alla ‘normatività forte’ della Costituzione, normatività per la quale la Costituzione costituisce un progetto (normativo e politico) che impone agli operatori del diritto (legislatore, giurisdizione e dottrina) una loro distinta e precisa funzione.

Nella crisi economica attuale (tanto lunga da essere divenuta per molti paesi una vera e propria ‘depressione’ più che una crisi), e in una fase di continuate politiche di tagli alla spese pubbliche di natura sociale,  l’unico punto di riferimento certo continua ad essere offerto dalla Costituzione che può e deve continuare a orientare le scelte pubbliche, nonostante il carattere incontrovertibile che da molti Soloni è stato assegnato alle ‘regole auree’ della scienza economica dominante (monetarista, neo-classica e ‘rigorista’).

Forse, a sommesso avviso di chi scrive, la Costituzione italiana, anche in the age of crisis”, se letta con profondità di coscienza e con apertura alla sperimentazione può ancora costituire un oggetto degno di ‘con-siderazione’, cioè ‘con-siderevole’ nel senso latino, e colto, del termine (cum = insieme, e  sidera =stelle, da cui il verbo ‘Considerare’-“considerare qualcosa” = esaminarlo come si farebbe con gli astri da cui si vuol trarre un auspicio, inserirlo nel contesto di un celeste quadro siderale …).

Considerevole prescrittivamente anche nel senso in cui il grande economista/filosofo inglese John Maynard Keynes invitava i suoi contemporanei vittime della crisi del ’29 (che era depressione!) a sbloccarsi, e a “respirare la vita”…

Nelle sue (indimenticabilmente) provocatorie parole:

“la paura e il dubbio e precauzioni di tipo ipocondriaco ci stanno bloccando al chiuso. Abbiamo invece bisogno del respiro della vita. Non c’è nulla di cui aver paura. Al contrario. Il futuro ci riserva molta più ricchezza e libertà economica e opportunità di vita di quante non ne abbiamo mai godute in passato.  Non c’è alcuna ragione per non sentirci audaci, aperti alla sperimentazione, attivi e alla ricerca delle possibilità.

Là di fronte a noi, a bloccare la via non ci sono altro che un po di anziani signori, stretti nei loro abiti talari, che hanno bisogno di essere trattati con un pò di amichevole irriverenza e buttati giù come birilli”. Walter Nocito

(Estratto dalla Relazione  al Seminario P.R.I.N. (Progetto di ricerca di  interesse nazionale finanziato Miur), svoltosi in Unical, il 3-4 Dicembre 2014.

Titolo del Prin: “Democratic Institutions and Public Administrations of Europe: Cohesion and Innovation in the time of Economic Crisis”)

 

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