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crisi dello Stato nazionale, governo dell’economia e tutela dei diritti fondamentali PDF Stampa E-mail
Scritto da silvio gambino - walter nocito   

Pubblichiamo la Relazione al Seminario interdisciplinare “Crisi dello Stato nazionale, governo dell’economia e tutela dei diritti fondamentali” (Università di Messina, 7 maggio 2012).

Sommario: 1. Lo Stato sociale, acquis storico-costituzionale e attualità. Alcune premesse. – 2. Rapporti tra Stati costituzionali, crisi finanziaria degli Stati e diritti fondamentali: un approccio necessariamente complesso. – 3. La crisi dello Stato italiano e la crisi finanziaria in atto: una epitome del superamento della sovranità economica e politica? – 4. Diritti fondamentali e cittadini: un ‘transito’ indolore verso una politica senza sovranità?

1. Lo Stato sociale, acquis storico-costituzionale e attualità. Alcune premesse

Gli stimoli che il titolo del nostro Convegno fornisce al costituzionalista sono vari e densi, in quanto riguardano il cuore della teoria e della scienza gius­costituzionalistica, che l’analisi che svolgeremo si prefigge di sviluppare con riguardo alla prospettiva italiana.

La complessa architettura del costituzionalismo contemporaneo alla quale si legano le conquiste di civiltà e di giustizia sociale raggiunte appare oggi in corso di scomposizione sotto l’influsso di una moltitudine di forze e di tendenze che fanno vacillare quel sistema di  forme e quel sistema di limiti propri dello Stato costituzionale che apparivano, solo mezzo secolo fa, salde e definitive perché appropriate ad una democrazia costituzionale concepita come patrimonio di ciascuno e di tutti.

Lo ‘Stato sociale’, lo ‘Stato sovrano’, lo ‘Stato dei partiti’, manifestazioni storiche di quella forma di Stato che coniuga libertà ed equità, pluralismo sociale e pluralismo dei poteri, coinvolgono nella loro crisi quei princìpi e quei valori che rappresentano l’impalcatura del costituzionalismo del secondo dopo-guerra. La ‘crisi dello Stato’ si rivela, in questo scenario evolutivo, una crisi profonda e complessa perché variegata e poliedrica; una crisi di forme e di sostanza, di strumenti e di obiettivi, di princìpi organizzativi non sempre rivedibili e di princìpi costituzionali inderogabili. La discrasia tra mezzi e fini che corrode l’architettura

ideale del costituzionalismo democratico risulta particolarmente evidente e intensa nel processo (in atto) di destrutturazione dello Stato sociale, storicamente conformato ad un peculiare Welfare State assistenziale sia in Italia che in altri Paesi europei riguardati dalla crisi dell’ultimo quadriennio (Europa mediterranea).

Speranza per molti, mezzo di sopravvivenza per tanti, privilegio per alcuni, lo Stato sociale nella esperienza italiana rivela una sua caratteristica genetica: quella di uno Stato che proclama i diritti di tutti ma senza poterne assicurare l’effettività1.

La crisi dello Stato non rappresenta solo il fallimento di un governo politico dell’economia che vanta il merito storico di aver consentito l’equilibrio e il progresso sociale in regime capitalistico (‘l’incivilimento del conflitto’), ma rappresenta anche la decomposizione (almeno tendenziale) di uno Stato costituzionale che assume la dignità dell’uomo come suo punto di partenza storico-culturale, fissando una scala di princìpi supremi come base della dignità della persona e come linea direttrice del proprio sviluppo.

I diritti sociali, principio e fine dello Stato sociale si qualificano in tale ottica come ‘diritti costituzionalmente protetti’2, pur registrando tutti i limiti del condizionamento finanziario (limiti alla spesa pubblica). Le prestazioni corrispondenti allo Stato sociale “non si configurano come adempimenti di obblighi tassativi, bensì come misure discrezionali e spesso fortemente potestative

o addirittura come benefici octroyés3. Si scopre, così, che quello stesso Welfare, che era nato per rendere fruibile la libertà, finisce, con l’evanescenza dei diritti sociali, per rendere fragile la sua democrazia.

Se la destrutturazione della sovranità e la decadenza dello Stato sociale hanno alterato i tratti dello Stato costituzionale, la diminuita capacità d’intervento e di controllo dell’economia – almeno a partire dal Trattato di Maastricht – ha finito per privare le stesse forze politiche e sindacali organizzate, nonché i parlamenti nazionali, dei “tradizionali bersagli verso cui dirigere i loro colpi per indirizzare e correggere la crescita economica sulla base di interessi e visioni del mondo non prettamente economicistiche”4. Si è accentuata, così, negli ultimi due decenni, quella crisi degli attori e degli istituti della rappresentanza politica nella quale è

possibile leggere anche il declino dello Stato contemporaneo come ‘Stato dei partiti’ e del modello di democrazia partecipativa che ne sta alla base.

La crisi della sovranità, la decadenza del Welfare, la débacle del Parteienstaat, così, hanno alterato i tratti di questa forma di Stato e di questa democrazia con evidenti conseguenze per il positivo perseguimento delle finalità statali, per il reale funzionamento delle istituzioni formali, per l’effettiva realizzabilità delle libertà individuali e collettive, in breve per l’effettivo esercizio delle funzioni stabilizzatici, regolative e redistributive dello Stato costituzionale.

D’altra parte, fra le funzioni dello Stato appare centrale quella della giurisdizione ed in particolare della giurisdizione costituzionale, spesso trasformatasi in garanzia di ultima istanza. Appare lecito interrogarsi, in tale quadro, sul futuro di questo Stato e della sua Costituzione5. Appare anche lecito chiedersi se le stesse Corti costituzionali, che in passato si erano distaccate “dal modello giurisdizionale di garanti e di custodi di presunti valori costituzionali stabili e relativamente permanenti per divenire mediatrici e moderatrici di conflitti sociali, e soprattutto di quelli che non riescono a trovare nelle sedi istituzionali di formazione della volontà politica un’effettiva e incontrastata soluzione”6, oggi siano in grado di svolgere un ruolo di “legislatore positivo parallelo e complementare” a quello parlamentare, secondo quello schema teorico definito la ‘Costituzione dei custodi’7.

La crisi della statualità contemporanea rappresenta qualcosa di più e di diverso di un momento di difficoltà dello Stato comparabile a ciò di cui parlava Santi Romano all’inizio del secolo scorso8, in quanto ha posto e pone in gioco aspetti della presente civiltà giuridica considerati come patrimonio (assunto come definitivamente) acquisito, un acquis storico-costituzionale assistito perfino dalla qualificazione di ‘clausola di eternità’9.

La crisi della statualità, in altri termini, ha infranto e tuttora inficia la storica pretesa di limitare il potere attraverso il diritto, riaprendo, con l’evanescenza dei diritti sociali, vecchie questioni di libertà e nuovi problemi di democrazia10.

Tali trasformazioni dello Stato tendono a creare una ‘costituzione materiale’ sempre più distante da quella formale e a trasformare quest’ultima in un “ordinamento parziale”11, in una rete che imbriglia solo una parte dei poteri e delle tendenze che determinano il reale funzionamento dello Stato e la stessa effettività dell’ordinamento democratico. La stessa prestazione fondamentale di unità costituzionale, cioè la Costituzione intesa come atto e come processo, sarebbe venuta meno: da “atto creativo” essa si sarebbe trasformata in “testo responsivo”12, in un testo, cioè, nel quale cercare le soluzioni ai problemi che sorgono nel corso della vita costituzionale; quasi un archivio storico-ideale, in grado di fornire informazioni e indicazioni di provenienza e di direzione.

Se è vero che la crisi dello Stato ha aperto una crisi profonda della Costituzione sia nel suo aspetto progettuale che in quello garantistico, è parimenti vero che non è venuto a mancare quel bisogno di ordine, di certezza13 e di sicurezza14 che ne ha giustificato (e ne giustifica) l’esistenza, nonché il carattere normativo.

La necessità di pervenire ad un equilibrio tra conservazione e innovazione costituzionale ed i richiami ad un sistema costituzionale europeo spiegano come, nella concretezza della sovranità, la Costituzione non da tutti e non sempre sia colta come momento integrante della società e come principio ordinatore dei poteri e delle istituzioni15.

La decostituzionalizzazione16, da tempo, è infatti una tendenza in atto, in Italia come in altre significative esperienze; alla stessa si oppongono forme diffuse di conservatorismo (‘patriottismo’) costituzionale e parallelamente di iper­costituzionalizzazione17.

Si tratta di tendenze diverse e contrastanti, ma anche di tendenze che perseguono non ingenuamente, non irriflessivamente, una speranza di futuro per la Costituzione e per il governo democratico della società18.

2. Rapporti tra Stati costituzionali, crisi finanziaria degli Stati e diritti fondamentali: un approccio necessariamente complesso

Nel quadro teorico e storico appena richiamato, ci soffermeremo sui rapporti tra Stati costituzionali, ‘crisi finanziaria’ degli Stati e tutela dei diritti fondamentali, richiamando di seguito il (recente) dibattito scientifico sul rapporto tra potere politico, globalizzazione ed esperienze giuridiche.

Tale tematica, da più di un ventennio, costituisce, come è noto, un ‘interesse comune’ tra giuristi, storici, economisti, filosofi e politologi, cioè tra gli scienziati sociali che – criticamente – riflettono sulla realtà sociale in trasformazione, e riflettono sulle categorie, e sulle strumentazioni metodologiche, che quella realtà permettono di comprendere, di valutare ed eventualmente di trasformare19.

Se ciò è vero, qualunque analisi del rapporto tra crisi finanziaria degli Stati costituzionali e tutela dei diritti fondamentali costituzionali (di attualità già a partire dal tornante storico del 1989, almeno in termini politici e geopolitici) non può che essere un’analisi parziale, limitata e forse anche carente di un adeguato ‘grado di definizione’ (almeno nelle condizioni di conoscenza attuali).

Ciò anche se si collocasse il discorso sulle vecchie/nuove frontiere gius­costituzionali e filosofiche, per le quali il tema del potere/poteri pubblici, del potere/poteri privati, della globalizzazione, delle esperienze giuridiche e dei loro rapporti possa o debba svolgersi alla luce delle teorie (filosofiche e gius­costituzionali) della post-statualità, o della sovra-statualità o addirittura dell’a­statualità20.

Tali teorie sono colte da tempo come le dimensioni (quella sovra-statale in particolare) che, euristicamente e dogmaticamente, meglio ‘riflettono’ le realtà (e sulle realtà, sociali e istituzionali) oggi in (compulsiva) trasformazione.

Ampia saggistica, nell’ultimo ventennio, ci ha ripetuto, infatti, che il mito del ‘sistema chiuso’ dello Stato è oggi superato, così come, per i due secoli precedenti,

altrettanto ampia saggistica ci aveva ripetuto come quel mito fosse il ‘modello del diritto moderno’ imposto dalla territorialità21. Come può comprendersi, entrambi i miti – in quanto miti – sono stati declamati ma mai compiutamente attuati negli ordinamenti europei22.

La dottrina italiana23 che, a cavallo della fine del secolo scorso, si è occupata del rapporto tra diritto, diritti e globalizzazione, appare, in linea maggioritaria, consapevole delle limitatezze sopra cennate e si è dimostrata – salvo casi di ‘irenismo’ acritico24 – attenta a non proporre letture ‘chiuse’ ed ultimative del tema.

Per tali ragioni l’analisi che segue si propone una riflessione in fieri sugli assetti politico-istituzionali degli ordinamenti statuali contemporanei, riguardandoli in un’ottica comparata ed attenta ad alcuni limitati ‘casi’ e ‘profili’ istituzionali ritenuti maggiormente significativi.

Fra i casi più significativi, è da ricomprendere il “caso italiano” e l’attuale declinazione della forma di Governo che ha dato luogo, da ultimo, ad un Governo

definito ‘tecnico’ e di ‘emergenza’ o ‘di transizione’25. Di ‘transizione’ – si deve specificare – dando per noto tutto il dibattito, scientifico e non solo, cui si fa comunemente riferimento allorquando si è utilizzato, nel ventennio 1991-2011, il lemma della ‘transizione italiana’26; lemma ritenuto idoneo a ricomprendere tanto il dato giuridico-istituzionale, quanto il dato politico-istituzionale e cioè la ‘Costituzione materiale’ (o vivente) del Paese.

Invero, nella (lunga) crisi politica e finanziaria (europea) in corso, presentano profili di particolare interesse anche il caso spagnolo, quello greco, nonché quello tedesco e quello francese (con il noto ‘asse franco-tedesco’, di lunga tradizione comunitaria e da ultimo in fase di ridefinizione). Il tutto letto alla luce del più significativo dei ‘casi istituzionali’, per chi voglia riflettere sulle dinamiche delle forme di Stato contemporanee e cioè il caso (prima incerto, ma ora – alla luce della crisi – molto meno) dell’ordinamento euro-unitario27. Un caso definibile, sia pur problematicamente, come “quasi-statuale”  o anche come ordinamento “post­statuale”, nel senso di ordinamento a-statuale o, almeno, oltre o senza lo Stato28. E ciò in relazione al fatto che tale ordinamento ‘invererebbe’ – secondo teoriche sempre più diffuse – non solo un multilevel government ma anche un multilevel costitutionalism29, ovvero un costituzionalismo “senza popolo” e “senza Stato”, basato su politiche euro-unitarie e su “tradizioni costituzionali comuni”30.

Il tema è ben noto per doverlo richiamare in questa sede, e d’altra parte la più attenta saggistica gius-costituzionalistica (e anche quella politologica) ha ampiamente solcato tali fronti della indagine scientifica31.

Invero, il giurista ed in particolare il costituzionalista, innanzi al tema del nostro Convegno, è indotto a ragionare non solo intorno ai classici paradigmi scientifici della propria disciplina, ma viene anche stimolato a “ri-tematizzare” le categorie giuridico-costituzionali che compongono il bagaglio concettuale (la box of tools) ritenuto indispensabile ai fini di una valida e rigorosa analisi scientifica. Tale bagaglio concettuale, alla luce della variegata, e per molti versi contraddittoria fenomenologia giuridica ricompresa nella cd. globalizzazione, appare in via di rivisitazione ad opera di una (larga) parte della dottrina giuridica (ma anche di quella politica ed economica)32. Ci si vuole riferire, in altri termini, a quella parte della dottrina che, a vario titolo e con vari fini, ha accettato la ‘sfida intellettuale’ consistente, in prima battuta, nella verifica della ‘tenuta’ delle tradizionali categorie fondative del diritto pubblico33 e costituzionale a fronte dei rapidissimi processi di trasformazione (tecnologica34, economico-sociale, geopolitica); in seconda battuta, (consistente) in una loro ri-tematizzazione utile tanto ai fini analitico-descritttivi quanto ai fini analitico-prescrittivi. Da tenersi – questi ultimi – sempre in debita considerazione, nonostante le interessate teorie relative al ‘declino degli intellettuali pubblici’, che solo in pochi appaiono attualmente in grado di poter adeguatamente contrastare su entrambe le sponde dell’Atlantico (Habermas e Darhendorf35 in Europa e R.A. Posner36 in America).

Tali fini, infatti, devono ancora mantenere una propria consistenza, ove si pensi alle scelte – dimostratesi poi fallimentari – della Convenzione europea e del Trattato di Roma del 2004, già incompleti e insoddisfacenti nello stessa loro fase genetica (il dialogo fra Grimm e Habermas37 e le teoriche di Weiler)38.

Nella ri-tematizzazione delle tradizionali categorie del diritto pubblico e costituzionale ha trovato ricorrente utilizzo la dizione “cantieri costituzionali”39, ritenuta maggiormente efficace con riguardo alle sedi europee e nazionali di decisione politico-istituzionale, mentre, in relazione alle scelte multi-nazionali, trans-nazionali e inter-nazionali, il tema rispetto al quale la dottrina non si è sottratta può riassumersi nella dizione di “istituzioni e regole della globalizzazione”40. Tali istituzioni e regole sono sempre più percepite, entrambe, da parte di una nascente opinione pubblica globale come necessarie ed anzi indispensabili ai fini della crescita e dello sviluppo sostenibile delle varie arie geografiche del mondo. Si pensi solo ai recenti sviluppi negli ordinamenti dei Paesi sud-americani, ai cd. Bric, ad alcuni Paesi asiatici, ad alcuni Paesi del nord Africa, al sub-continente indiano, alla Cina (nuova superpotenza)41.

Nell’opera di rivisitazione del “bagaglio concettuale” del costituzionalista attento alle aperture internazionali con ottica inter-disciplinare, d’altra parte, sono da ricomprendersi non solo i dati, le categorie, gli istituti e le nozioni relative agli assetti ed ai processi istituzionali strettamente intesi, ma anche le tematiche (con le relative categorie e nozioni) diverse dal mero dato istituzionale (forma di Stato e forma di governo), ma allo stesso comunque connesse (ed in primis al dato della finanza pubblica e dei mercati finanziari privati, la cui crisi – da implosione – è all’origine della crisi in atto dal 2008)42.

Le tematiche (gius-costituzionalistiche) in via di ri-tematizzazione da parte di studiosi sono almeno tre:

a) processi di trasformazione “nel” e “del” sistema delle fonti, ed in particolare le trasformazioni di quelle fonti ritenute centrali, quali la stessa Costituzione, ma anche la legge statale (o nazionale). Si pensi – a mò di mera esemplificazione – al superamento del legi-centrismo43 e agli sviluppi del diritto giurisprudenziale44 e del soft law45.

b) le interrelazioni stesse tra le istituzioni pubbliche, da un lato, e tra queste ultime e quelle private, dall’altro. Tali relazioni istituzionali pubblico-privato, o Stato-mercato – oltre al delicato problema della delimitazione dei confini tra government e governance46 – pongono alcune questioni tipiche del giurista (ma non estranee al filosofo e all’economista), relativamente all’individuazione di alcune

nozioni ‘mobili’, quali quelle di interesse generale, di interesse pubblico, di interesse collettivo, di interesse privato47, di interesse comunitario48, di ‘beni comuni’49 e infine degli stessi ‘diritti fondamentali’50 . Anche tale nozione, d’altra parte, e ancora di più quella dei diritti umani51, da quest’ultima distinta, è giuridicamente ‘mobile’ alla luce dei processi di globalizzazione (ma di fondamentale rilievo ai fini della sussistenza della categoria della sovranità).

c) Un’ultima tematica costituzionalistica attualmente oggetto di ri-tematizzazione è quella della rappresentanza politica52, intesa come presupposto tanto di ogni valida teoria democratica, tanto di ogni assetto democratico dei poteri pubblici e privati (e perciò da ritenersi come nozione-cardine delle moderne democrazie costituzionali). Tale ultima tematica appare di centrale rilievo, anche alla luce dello stato confusionario nel quale versa il sistema dei partiti nazionali e territoriali53. Dati i nuovi contesti (tecnologico-produttivi e politico-istituzionali), le analisi delle ‘nuove forme di aggregazione e di rappresentanza degli interessi’54 nelle società complesse (o anche “società del rischio”55) costituiscono un “interesse comune” tra giuristi, economisti, politologi, filosofi  e storici.

Se queste sono solo alcune delle possibili “aree d’interesse” del costituzionalista relatamente all’ampio tema del Convegno, di seguito ci si potrà soffermare solo sulle più recenti e più significative problematiche relative agli assetti ed ai processi istituzionali che si svolgono nei “cantieri costituzionali” europei ed italiani.

Invero, più che a “cantieri costituzionali” europei, per come ben si poteva dire un decennio orsono, oggi – alla luce della crisi finanziaria e politica europea e delle soluzioni in fieri che si stanno elaborando ed attuando (in primis, il Trattato meglio noto come Fiscal Compact) – sarebbe più congruente parlare di un “cantiere europeo”, unitario rispetto al diritto della UE e al quadro operativo di riferimento (e rispetto alle nuove Istituzioni ‘post-Lisbona’, BCE56 e Commissione57).

Tali problematiche riguardano il tema dell’evoluzione, sempre più accelerata, delle forme di Stato ma riguardano anche il tema dell’evoluzione/trasformazione delle forme di governo (tra Parteinstaat, tecnocrazie e populismi crescenti58).

Queste ultime nella vita degli Stati europei contemporanei stanno registrando torsioni rapide ancorché, forse, meno lineari rispetto all’evoluzione delle forme di Stato, in quanto maggiormente sottoposte a ‘retaggi storici’ e condizionamenti interni ed esterni al sistema politico nazionale, ed in particolare ai cicli e ai momenti elettorali (elezioni francesi, greche, serbe, olandesi nel 2012, e italiane e tedesche nel 2013)59.

Entrambe le forme (di Stato e di governo) subiscono gli effetti della crisi ma, allo stato, la forma di governo registra più evidenti torsioni e distorsioni fra il dato costituzionale e la prassi, fra costituzione formale e costituzione vivente60.

Sul punto, si deve sottolineare come la cd. ‘transizione italiana’ evidenzi specificità e problematicità che la rendono, per molti aspetti, non pienamente raffrontabile o assimilabile ai casi degli altri ordinamenti statali europei, come aveva potuto già notare, fra gli altri, Sabino Cassese, che ha evidenziato le ‘carenze’ dello Stato italiano “introvabile”61.

La stessa “ingegneria costituzionale comparata”62 – che nel ventennio 1991-2011 ha avuto ampia fortuna nel dibattito pubblico sulle soluzioni e sugli sbocchi della ‘transizione italiana’ – perde di utilità in considerazione di tali specificità e diventa disutile allorquando, a fronte di astratte coerenze istituzionali, si pongono in considerazione i dati reali della specificità italiana, anche sotto taluni delicati profili, quali – solo per fare qualche esempio – le variabili di finanza pubblica (deficit e debito)63, ovvero il controllo giurisdizionale di legalità (a fronte della pervasività del fenomeno criminale e corruttivo64), ovvero la ri-articolazione della ‘leva tributaria’, ovvero ancora l’inadeguatezza del sistema competenziale in materia di diritti civili e sociali dei cittadini comunitari ed extra-comunitari65.Anche qui è ben noto il dibattito scientifico (che ancora rimane aperto in sede politica e legislativa ad oltre dieci anni dalle revisioni costituzionali del 1999/200166) per doverlo richiamare come discrimen tra una forma di Stato democratico-sociale (keynesiana o post-keynesiana che sia67) e una forma di Stato democratico-liberal­liberista che dis-perde (o per alcuni ‘trasforma’ ... vedasi le retoriche della sussidiarietà68) gli elementi della socialità e della solidarietà interpersonale, intergenerazionale69 e interterritoriale70.

Altrettanto noto è il discrimen tra una forma di Stato che costituzionalmente dispone del principio di uguaglianza come principio di effettività e una forma di Stato che ha, costituzionalmente ed assiologicamente, il principio di non discriminazione e di responsabilità individuale come canone ordinante i rapporti tra soggetti e tra questi e le istituzioni.

Sul tema delle forme di Stato, la notazione delle esperienze comparate dell’ultimo ventennio consente di evidenziare la ri-dislocazione in linea verticale dei pubblici poteri ed il rafforzamento di una tendenza alla loro ri-articolazione su distinti, ma comunicanti, livelli di governo, per cui la dimensione definitoria degli assetti istituzionali pare potersi riassumere nel multilevel system of Government71, sia nella letteratura politologica72 che in quella giuridica73.

Sul tema delle forme di governo, invece, uno dei più significativi “temi alla frontiera” (comune a tutte le diverse esperienze europee) è costituito dal ri­articolarsi dei rapporti tra poteri rappresentativi-elettivi, poteri esecutivi e poteri “non elettivi”, ovvero “neutri” o ‘tecnici’74, ovvero – sottolineandone i profili di criticità costituzionale – ‘tecnocratici’75.

Il tema è abbastanza noto per doverlo riassumere specificando quanto i costituzionalisti maggiormente critici hanno già rilevato in termini di legittimazione e di legittimità di istituzioni e procedure che non siano direttamente collegate ai circuiti di produzione degli indirizzi politici76.

Una ulteriore complicazione dei modelli, o delle forme, di governo (che ha riguardato e riguarda, com’è noto, il caso italiano in forma particolarissima), deriva poi dalla considerazione di quelle forme di potere note – da Orson Welles in poi – come “quarto potere”, e cioè il potere del cd. “complesso mass-mediatico”, delle quali, però, in questa sede non si può tener conto77.

3. La crisi dello Stato (italiano) e la crisi finanziaria in atto: una epitome del superamento della sovranità economica e politica?

Svolta questa panoramica su cosa la ‘crisi dello Stato’, in termini politico-costituzionali, può significare in relazione alla forma Stato democratico-costituzionale, e dunque anche in relazione alla tutela dei diritti fondamentali, concentriamo ora l’attenzione sul tema che – oggi, in Italia, ma anche in numerosi altri Stati europei e in particolare nei cd. Pigs, – in forma ed in grado prevalente, catalizza (o almeno rischia di) ogni discorso validamente fondato sulla forma di Stato in primis, ma anche sulla forma di governo.

Il tema è costituito dai rapporti tra la specifica ‘crisi dello Stato’, intesa come crisi del debito pubblico degli Stati (debiti sovrani), la ‘crisi di governo’ della UE e la crisi finanziaria internazionale78 dovuta alla ri-dislocazione delle aree monetarie frutto delle globalizzazione degli scambi ma soprattutto dei disequilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati (e quindi dei divari competitivi fra Stati e fra territori)79.

Di tale tessuto di rapporti di seguito evidenziamo il primo, mentre non approfondiremo l’ultimo legame (tra crisi UE e crisi finanziaria internazionale) in quanto altra Relazione, da parte di un economista, meglio potrà ipotizzare se l’euro,

al di là del dato istituzionale, abbia strutturalmente una forza tale da resistere alle crisi finanziarie e valutarie in corso80.

Quid iuris?, invece, in Italia ed in Europa, quanto al tema dei rapporti tra democrazia politica, democrazia economica e specifica ‘crisi dello Stato nazionale’, intesa come ‘crisi del debito pubblico’ manifestatasi nel quinquennio 2006-2011 ed acuitasi per alcuni Stati europei nell’estate 2011 (a ridosso – si noti – della nuova architettura europea derivante dal Trattato di Lisbona).

Il dato costituzionalmente nuovo è la formazione e l’azione del Governo Monti (variamente qualificato come ‘Esecutivo di emergenza nazionale’, o anche ‘Esecutivo del Presidente’ o ancora ‘Esecutivo di mandato’)81. Nell’azione di tale Esecutivo è rientrata, infatti, la rinegoziazione della governance economica della UE, e con essa l’approvazione (in attuazione del Patto Fiscale europeo) della Legge cost. 20 aprile 2012 n. 1 (‘Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale’).

Sulla natura e sul mandato (presidenziale o parlamentare) dell’Esecutivo presieduto da Monti, Senatore a vita e unico parlamentare tra i Ministri, è necessario richiamare, sia pure in breve, il quadro costituzionale che vincola gli atti costituzionali relativi alla formazione dei Governi della Repubblica. L’art. 92 Cost., anzitutto, dispone che il Presidente della Repubblica (“eletto dal parlamento in seduta comune dei suoi membri” ai sensi dell’art. 83) nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. L’art. 94 dispone inoltre che “il governo deve avere la fiducia delle due Camere”, mentre “i membri del governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono”, secondo l’art. 64 Cost.

Alla luce di queste previsioni vincolanti della Costituzione, la tesi della ‘sospensione’ della democrazia costituzionale non sarebbe dunque accoglibile, in quanto il Governo Monti nasce ed opera nel quadro dei poteri, delle prerogative e dei limiti costituzionali (pur difettando di una legittimazione elettorale diretta, in forza della sopravvenienza della situazione di asserita ‘emergenza finanziaria nazionale’). Il Governo Monti costituisce, dunque, un dato costituzionalmente nuovo, in ragione di un’altra motivazione non riferibile né alla sua natura (non pacificamente definibile) né alla sua composizione.

Qual è la motivazione alla base della natura costituzionalmente ‘nuova’ dell’azione del Governo Monti? Quale il proprium costituzionalmente più

significativo che il circuito di attivazione dell’indirizzo politico (formazione e attivazione essendo distinte) inveratosi con tale ‘Esecutivo di emergenza nazionale’ evidenzia all’analisi attenta del costituzionalista?

Il dato costituzionalmente nuovo – pur in forma ancora dinamica ed in progress – è costituito dalla determinazione (sostenuta dai partiti della maggioranza parlamentare) di revisionare la Costituzione (ottenendo una larga maggioranza tale da escludere il ricorso al referendum ex art. 138 Cost.) e di modificare ed integrare gli artt. 81, 97, 117 e 119 del testo vigente per mezzo della legge cost. n. 1 del 2012, con l’ipotesi di un consenso sulla riapertura del processo di revisione costituzionale relativo alla forma di governo82.

La rubricazione della legge, invero, non corrisponde al contenuto della stessa e cioè all’equilibrio finanziario fra entrate e spese. Ed infatti i nuovi commi I e II dell’art. 81 Cost. dispongono: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le  entrate  e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e  delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”, mentre il nuovo comma VI dell’art. 81 Cost. dispone: “Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali  e  i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del  debito  del complesso  delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con  legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”. Ad integrazione del testo di tale ultimo comma, l’art. 5 comma 1, lettera g) della legge dispone che la legge di attuazione di cui al comma VI disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, “le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di  cui alla lettera d) del presente comma, anche in deroga all’articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli  altri livelli  di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti  civili e sociali”.

La revisione dell’art. 81 Cost., espressione di un vero e proprio indirizzo politico-costituzionale del Governo d’emergenza (e operata sulla scorta di un principio di necessità, a sua volta dovuto al rispetto delle ‘aspettative dei mercati’83 e delle Istituzioni finanziarie dell’Unione84) appare finalizzata a vincolare (quanto rigidamente si vedrà) l’ordinamento italiano al rispetto di parametri macro-economici prefissati normativamente dai trattati, in particolare vietando – salvo rare eccezioni e imponendo una procedura aggravata – il ricorso all’indebitamento quale strumento di politica economica85.

In una prima riflessione sulla portata prescrittiva di queste formule s’impone di evidenziare l’effetto combinato fra le previsioni di cui al II co. dell’art. 81 (“Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”) e quelle dell’art. 5, comma 1, lett. d), che qualifica “eventi eccezionali” le gravi recessioni economiche, le crisi finanziarie e le gravi calamità naturali”, operazione dalla quale risultano numerosi effetti problematici in sede di attuazione (soprattutto legislativa). Invero, ancora prima dell’approvazione parlamentare delle legge cost. n. 1 del 2012, era stato già lucidamente colto i limiti più evidenti della riforma costituzionale consistenti in un’ammissione di impotenza della politica e nel rischio di un sovraccarico del controllo giurisdizionale (Corte conti e Corte costituzionale soprattutto)86.

La riforma costituzionale, d’altra parte, incide sulla forma di Stato regionale (artt. 117 e 119 Cost.) con una norma integrativa in base alla quale, ai sensi di quanto previsto dal già richiamato art. 5, comma 1, lett. g), la garanzia dei ‘livelli essenziali delle prestazioni’ e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali non sarebbe più costituzionalmente dovuta, ma meramente condizionata. Un’affermazione – quest’ultima – meritevole comunque di più attenta meditazione, a fronte delle competenze del Giudice delle leggi e comunque dei ‘controlimiti’ opponibili dallo stesso ad eventuali condizionamenti costituzionali dei princìpi e delle disposizioni fondamentali ab externo.

Il punctum crucis della riforma che la dottrina non può non porsi attiene, pertanto, ai margini di discrezionalità nella formazione di un indirizzo di politica economica e finanziaria che agisca sul lato della spesa pubblica in funzione anticiclica87. Nei termini critici della dottrina prima richiamata è stato sottolineato come “… i nuovi vincoli costituzionali di bilancio potrebbero comportare il rischio di limitare grossolanamente l’intervento pubblico nell’economia, riducendone le capacità di finanziamento ed eliminando la possibilità per lo Stato di farsi, anche solo occasionalmente, intermediario finanziario”88.

Uscendo dal ‘letto di Procuste’ della valutazione/qualificazione dell’azione di revisione guidata dal Governo Monti, che ha costituzionalmente operato una mutazione89 della forma di Stato, ciò che maggiormente rileva nella valutazione delle forme e delle condizioni della tecnicizzazione dell’indirizzo politico (e del circuito di attivazione dello stesso) è stato ed è il percorso che ha connesso – e che connette – la specifica ‘crisi dello Stato’, intesa come crisi del deficit e del debito pubblico degli Stati, con la ‘crisi’ di governo della UE nel quadro della crisi finanziaria e valutaria mondiale.

Descrivendo sommariamente il quadro di tale rapporto, e dunque il quadro delle nuove forme della sovranità economica e politica (quella estera e quella militare rimanendo esterne alla presente analisi) degli Stati europei, e degli Stati deboli in particolare, possiamo evidenziare un quesito che metodologicamente appare utile porsi ai nostri fini. Il quesito concerne la questione se tale articolato e complesso processo, confluito nel Fiscal Compact e nella revisione costituzionale di cui sopra, sia qualificabile come una epitome del superamento della sovranità economica e politica degli Stati ‘deboli’ (finanziariamente e costituzionalmente deboli). Questi ultimi rischiano di vedere mutata la loro forma di Stato, perdendo, con graduazione differenziate e crescenti, le loro sovranità nei confronti della UE e delle istituzioni sovranazionali, secondo un processo che evoca, fra l’altro, percorsi svolti negli anni ’70 e ’80 da alcuni Paesi del terzo mondo.

Tra gli effetti della crisi economico-finanziaria in atto da almeno due anni (a partire almeno dalla prima crisi greca del 2010 ed acuitasi nel 2011) deve infatti segnalarsi quello di aver indotto una significativa, sempre più percepita, trasformazione degli assetti di governo dell’Unione europea con effetti (ancora in fieri) sulla disciplina dei trattati UE90.

Valutando tali trasformazione degli assetti dell’Unione, deve evidenziarsi come la crisi in atto abbia fatto emergere le insufficienze e le debolezze dei sistemi di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e i limiti di un assetto di governance economica europea91 che “vede la politica monetaria collocata in via esclusiva al livello dell’Unione a fronte di politiche economiche che sono, al contrario, oggetto di un travagliato coordinamento”92. Unitamente ad altri fattori esogeni rispetto alla UE di natura valutaria, l’asimmetria appena richiamata ha originato, negli Stati più deboli, situazioni di forte criticità finanziaria, portando al rafforzamento di alcune strategie di integrazione nonché al varo, da parte del Consiglio UE, di nuovi e – per vari aspetti – inediti strumenti d’integrazione.

L’Unione europea, in particolare, ha varato diversi (almeno sette) strumenti, dei quali l’ultimo (che richiameremo) caratterizza l’intero processo, imponendo una

dinamica istituzionale marcatamente ‘bi-laterale’, rigoristica, con effetti significativi sul mutamento della forma di Stato. Alla luce di tale ultimo strumento – il Fiscal Compact – non pare eccessivo affermare, infatti, che si rompe il principio di uguaglianza fra gli Stati membri dell’UE, in quanto lo Stato più forte a livello europeo (la Germania, sostenuta dalla Finlandia e dall’Olanda) potrà sorvegliare ed imporre misure restrittive sui bilanci degli Stati finanziariamente deboli93. Il caso greco del 2010 costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato; in esso infatti si evidenzia il regime concreto di disparità di rapporti fra gli Stati membri, che supera finanche il pur discutibile ‘metodo intergovernativo’.

Gli strumenti di cui si è dotata l’Unione per contrastare la crisi vanno dal Six Pack al Patto “Euro plus”, dal Semestre europeo ai Fondi salva Stati: EFSF (European Financial Stability Facility), dalla Long Term Refinancing Operation (LTRO) e dalla Main Refinancing Operation (MRO), alla proposta (fortemente contrastata) di emissione di Eurobonds e di emissione di Eurobills, ed infine allo strumento costituzionalmente più significativo, e cioè il Fiscal compact.

Ciascuna e tutte tali misure sono state e sono tuttora oggetto di dibattito pubblico (economico94 e istituzionale95) nei Paesi dell’Eurozona.

In particolare, la procedura del cd. Semestre europeo è stata integrata (a seguito della crisi dell’estate 2011) dalle norme del “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria” (‘Fiscal compact’) che hanno introdotto un regime di stretto rigore finanziario per gli Stati membri della U.E. e dell’Eurozona finalizzato, alla convergenza delle politiche fiscali e di bilancio (art.4)96 .

Nel Fiscal Compact, accanto al più significativo perseguimento dell’obiettivo dell’abbattimento del debito degli Stati nella misura del parametro rigido comunitario nel ventennio, altra novità di rilievo sta nell’aver sancito che l’obiettivo del ‘Pareggio di bilancio’ (o meglio dell’equilibrio di bilancio) debba essere trasposto negli Stati membri in disposizioni vincolanti e di natura permanente, “preferibilmente costituzionale, o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio”97 (art. 3.2 del Trattato).

Lo stesso Trattato, all’art. 14.2, stabilisce, infine, che l’accordo entrerà in vigore il 1° gennaio 2013, qualora almeno dodici Stati dell’Eurozona lo abbiano ratificato, con ciò producendosi effetti di non lieve momento per la vita politico-istituzionale ed economico-finanziaria degli Stati.

Disarticolando l’Unione Europea in più gruppi di Stati, tali effetti rischieranno di comportare una sostanziale dis-integrazione del progetto originario dell’Unione, delineando ipotesi di una Europa ‘a cerchi concentrici’, ovvero di una Europa à la carte, ovvero ancora di una Europa ‘a geometria variabile’, ovvero di una Europa ‘a più velocità’, scenari – questi ultimi – che da tempo molti, in Europa e fuori di essa, hanno temuto/sperato98.

4. Diritti fondamentali e cittadini: un “transito” indolore verso una politica senza sovranità?

Utilizzando la nota teorica dell’anti-sovrano99, possiamo ora proporre qualche riflessione sui diritti fondamentali e la cittadinanza sociale, nonché sulla vexata quaestio della sovranità nell’era della tecnicizzazione dell’indirizzo politico, cioè della tecnocrazia.

Lo sviluppo delle istituzioni sovranazionali e internazionali, la crisi in atto (europea e nazionale) possono infatti essere letti nel prisma classico della scienza costituzionalistica intesa come dottrina politica della separazione/limitazione dei poteri e della garanzia delle libertà individuali e collettive. Tematiche – queste

ultime – che definiscono il costituzionalismo moderno e l’esperienza giuridica continentale, a partire dall’art. 16 della Déclaration des droits de l’homme et du citoyen, del 1789.

Se è pur vero che la “sovranità ha fatalmente subìto un processo di erosione conseguente alla crisi di quello Stato nazionale del quale aveva accompagnato la nascita”100, è altrettanto vero che, con la crisi in atto, le istituzioni sovranazionali ed internazionali hanno assunto ruoli, natura e funzioni di rilievo ‘materialmente’ costituzionale. È cambiata la costituzione materiale, ma è anche cambiata l’interpretazione della costituzione formale.

Osservazioni critiche in tale prospettiva sono state svolte da quella autorevole dottrina che ha osservato come “i padroni del mondo simbolico nel quale oggi viviamo … dobbiamo andare a cercarli in quella formidabile compenetrazione, in quel sistema di governo della finanza mondiale nel quale confluiscono innumerevoli soggetti in competizione fra loro … cementati dall’appartenere alla medesima macchina di potere nazionale, sopranazionale, tendenzialmente mondiale per la quale è stata coniata la parola di finanzcapitalismo, una macchina che opera imperativamente … sotto l’ombrello ideologico della ‘libertà dei mercati’ e che non ha a sua volta sopra di sé un governo ma forme invisibili e pur reali di governance101.

Ed infatti il peso crescente dei condizionamenti imposti dalla globalizzazione (economica e giuridica) ha determinato – nell’ultimo ventennio – lo sviluppo di un “Anti-sovrano” che si affianca e tende a surrogare, nelle fasi di crisi, il Sovrano legittimo. Si tratta, come ha lucidamente sottolineato Massimo Luciani, di un “un quid che si contrappone in tutto e per tutto al ‘Sovrano’ che abbiamo conosciuto sinora”; definito Anti-sovrano nella misura in cui “non dichiara la propria aspirazione alla discrezionalità dell’esercizio del proprio potere, ma – anzi – cerca di presentare le proprie decisioni come logiche deduzioni da leggi generali oggettive, quali pretendono d’essere quelle dell’economia e dello sviluppo”102.

Nel quadro della retorica della “fine della sovranità”, in altri termini, l’Anti­sovrano consisterebbe – durante le fasi di funzionamento ordinario dei mercati – nel complesso dei mercati finanziari e dei poteri tecnici; nei momenti di crisi è la tecnocrazia103.

Nella cornice della retorica della “fine della sovranità”, tuttavia, la crisi della sovranità costituirebbe un problema solo per gli Stati, ma non per gli individui, in quanto sarebbe nella naturale evoluzione delle cose104 l’idea di “un ‘transito’ indolore verso una politica senza sovranità”, nella quale il cittadino – per come sottolinea ancora Luciani – “cederebbe volentieri il passo al cosmopolita”105.

Se però da tale quadro/cornice ci distacchiamo per accostarci a prospettazioni costituzionalistiche focalizzate sulla effettività delle garanzie dei diritti fondamentali, soprattutto sociali, è da affermarsi che la crisi della sovranità – alla luce della crisi in atto (europea, finanziaria, statale ma anche territoriale) – costituisce un problema non solo per gli Stati, ma anche per gli individui.

Se ‘lette’ con ‘vigile spirito critico’106, tali crisi svelano che la ‘crisi della sovranità’107 non costituisce un problema solo per gli Stati (o almeno lo è solo nell’ambito della politica e della geo-politica) ma è anzitutto un problema costituzionalmente pregnante per i cittadini e per il loro statuto di cittadinanza108. Come si fa bene rilevare, “l’idea che la crisi della sovranità sia un problema solo per gli Stati non è accettabile … esso è un problema innanzitutto per le persone … senza sovranità, infatti, i loro diritti politici (e non solo) non sono garantiti e le politiche redistributive non si possono attuare”109.

In altri termini, la questione non starebbe nel convenire o meno sulla bontà e sull’adeguatezza delle misure individuate dai governi europei per far fronte alla crisi finanziaria in atto quanto piuttosto nel prendere atto di come la cornice regolativa esterna agli Stati vincoli la disponibilità decisionale e finanziaria dei governi e dei parlamenti nazionali nel governo della spesa pubblica compatibile e rispettoso dei princìpi costituzionali (sotto il prelievo tributario e della progressività costituzionalmente prevista). Tuttavia, resta un problema aperto ed è quello dell’esistenza di una significativa spesa pubblica improduttiva (armi, rendite finanziarie, privilegi, corruzione e maladministration) e di come gli indirizzi e le responsabilità politiche all’interna della forma di Stato e di governo del Paese possano indirizzare e governare le scelte (le politiche pubbliche) che quella spesa pubblica possano ridurre od aumentare, a scapito del godimento dei diritti dei cittadini e della qualità della vita.

La crisi dello Stato sociale risiede, in breve, nel condizionamento finanziario esterno delle politiche pubbliche redistributive chiamate a dare attuazione al progetto costituzionale dell’eguaglianza e della giustizia sociale (comprensiva della riduzione della spesa pubblica improduttiva).

A fronte di tale condizionamento della discrezionalità legislativa e di bilancio degli Stati, imposta (o auto-imposta) dalle istituzioni europee, il rischio evidente, dunque, è che i diritti, e non necessariamente solo quelli sociali, non disporranno di risorse pubbliche idonee a sostenere i corrispondenti servizi pubblici attuativi delle funzioni pubbliche.

A fronte di un simile scenario di riduzione delle risorse pubbliche disponibili risulta compromessa la stessa giustiziabilità dei diritti fondamentali (sociali e non). Tale rischio appare ancora più evidente quando si rifletta all’attuazione delle discutibili previsioni accolte nel novellato art. 81, VI co., Cost., che rinvia alla legge il compito di disciplinare, per il complesso delle amministrazioni pubbliche, le modalità che lo Stato nelle fasi avverse del ciclo economico deve seguire per concorrere “ad assicurare il finanziamento da parte degli altri livelli di governo dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali”.

Un simile condizionamento impatta negativamente sulla stessa esigibilità dei diritti fondamentali, trasformandoli in ‘diritti finanziariamente condizionati’ e scaricando sui giudici di ultima istanza (Corte costituzionale, Corte di cassazione, Corte di Giustizia dell’Unione Europa) la decisione sul bilanciamento fra sostenibilità finanziaria ed effettività del godimento del diritto sociale.

Il rischio evidente, in altri termini, non è tanto è la riscrittura di un “modello sociale europeo” – mai effettivamente costruito e praticato110 – quanto piuttosto l’impatto svalutativo del rigorismo europeo sul welfare nazionale e sull’insieme dei diritti sociali.

In tale quadro, inveratosi in Grecia, il diritto alla salute e all’assistenza sociale, il diritto all’istruzione, i diritti previdenziali e i diritti del lavoro (pubblico e privato) non possono che registrare regressioni costituzionali nella misura in cui il rigore delle politiche di bilancio limita la spesa delle ammistrazioni (e il godimento in termini di soddisfazione dei ‘bisogni essenziali’) non in tutti i Paesi ma nella sola parte più debole dell’Europa.

Alla luce del complesso delle richiamate misure di coordinamento fiscale europeo (in primis del Fiscal Compact), la crescita della disuguaglianza riguarda così non solo gli Stati ma i cittadini europei, articolandoli in cittadini di seria A, cittadini di serie B e cittadini di serie C.

Alle mutazioni della costituzione economica ed al rischio di una cesura (nella forma di Stato) e di un’asimmetria fra fatto e diritto, fra costituzione formale e costituzione materiale, fra norma costituzionale e prassi legislativa concorrono poi, su un distinto livello, le attuali regressioni costituzionali nel campo del diritto e dei diritti del lavoro e dei rapporti fra impresa, lavoratori e rappresentanze sindacali e datoriali.

I problemi si pongono su due piani, quello interno e quello europeo, atteso che la Carta di Nizza, ora incorporata nei trattati UE, non conforma uno standard europeo di garanzie nel campo dei rapporti di lavoro con i relativi bilanciamenti111.

Permane così e s’ispessisce l’interrogativo se si possa o meno riconoscere alla sola Corte di Giustizia UE l’interpretazione in ultima istanza delle garanzie previste nei Trattati europei e nelle Costituzioni nazionali, relativamente al bilanciamento fra diritto del lavoro (come diritto sociale), e libertà economiche (libera di concorrenza e ‘libertà di stabilimento’)112.

Deve poi porsi l’interrogativo se la Carta europea dei diritti fondamentali e il suo utilizzo in quanto parametro di giudizio da parte della Corte di Giustizia non incorra, nelle fasi di crisi, nel rischio di letture svalutative delle Costituzioni nazionali (il diritto di sciopero, il diritto sindacale, il diritto di negoziazione collettiva, ecc.) che non sarebbero (non dovrebbero essere) permesse alla stessa luce delle clausole orizzontali della Carta di Nizza (art. 53).

Previsioni normative – queste ultime – che obbligherebbero (obbligano) il Giudice costituzionale di ogni singolo Paese membro a far valere le garanzie dei controlimiti, al pari di quanto si prevede per il rispetto delle identità nazionali, politiche e costituzionali (art. 4.2. TUE).

Se quanto sottolineato, sia pure in modo essenziale, risultasse convincente, deve chiedersi quale sarà la sorte delle ‘clausole di eternità’113 poste alla base del costituzionalismo europeo del secondo dopo-guerra. Deve chiedersi quale sarà la sorte del processo di integrazione europeo che, per essere costituzionalmente appagante, deve fondarsi sul “patrimonio costituzionale europeo” e su di un ‘bilanciamento diseguale’ – garantito dalle Costituzioni e dalle Corti costituzionali degli Stati – tra i diritti economici e i diritti sociali, in altre parole, tra interesse sociale e interesse del mercato114.

Per chiudere la riflessione, possiamo far nostro il passaggio conclusivo di una recente Relazione di Luciano Gallino sul “modello sociale europeo”115, elaborata prima che il Trattato sul Fiscal Compact fosse negoziato e stipulato dai governi europei. In quella sede, lo studioso del finanzcapitalismo sottolineava come: “I costi dell’essere umano sono così elevati, così imprevedibili per ogni persona, così onerosi per le famiglie e per la persona quando non si riesce a coprirli, da richiedere che la responsabilità di sopportarli sia assunta dalla società nel suo insieme, ovvero dallo Stato, come uno degli scopi più alti della politica, anziché essere accollata senza remore né mediazioni al singolo individuo”.

Diversamente opinando, ed applicando la logica rigoristica del Fiscal compact, le disposizioni costituzionali in tema di diritti fondamentali (in particolare di quelli sociali) rischiano di diventare false promesse, se non vere e proprie ‘menzogne’. Vere e proprie ‘menzogne’ – è da dirsi – non in tutti gli ordinamenti europei ma solo nei Paesi deboli dell’Eurozona.

D’altra parte, nell’ordinamento federale tedesco – come ci ricorda da ultimo la magistrale ‘sentenza Lisbona’ del Bundesverfassungsgericht – il legame fra diritti fondamentali, sovranità parlamentare e sovranità dello Stato è talmente saldo da porsi come non superabile da parte dei trattati internazionali116.

Se questi sono i problemi di ordine politico-costituzionale sollevati dalla crisi finanziaria e dalle risposte del Fiscal Compact, appare di grande ragionevolezza la prospettiva disegnata di recente (13 marzo 2012) dall’“Appello per una Convenzione Costituente Europea”, sottoscritto, in vista delle elezioni europee del 2014, da intellettuali e autorevoli uomini politici e capi di Stato europei. Tale “Appello” (che registra tra i primi firmatari Giuliano Amato e Ulrich Beck) ripropone il tema di un ‘Trattato costituzionale per la crescita’, che si prefigga di superare tanto i limiti e le debolezze del Trattato di Lisbona (giudicato “chiaramente inadeguato per far fronte all’inaspettata crisi internazionale”), tanto “i costi della non-Europa”. L’Appello propone due iniziative ai soggetti europei del decision making. La prima è la richiesta di partecipazione del Consiglio europeo “alla seduta plenaria del Parlamento europeo del 10 settembre 2012” (data del sessantesimo anniversario della prima Assemblea europea), con contestuale richiesta al Parlamento europeo di un Rapporto sulla riforma del Trattato di Lisbona, da approvarsi “in tempo utile prima delle elezioni europee del 2014”. La seconda iniziativa consiste invece nella convocazione, “dopo le elezioni europee ma prima della fine del 2014”, di una Convenzione costituente sulla base del Rapporto predisposto.

A fronte della crisi di governo politico dell’Unione, l’Appello sollecita “scelte di natura costituzionale volte a garantire un processo di decisione politica, economica e fiscale, rafforzando la democrazia europea e l’efficacia del sistema istituzionale dell’Unione”117.

Nel suo mix tra realismo e idealismo europeo, l’Appello ci appare convincente e ampiamente condivisibile, in quanto crea una precisa agenda politica della UE, una vera e propria road map, cogliendo l’obiettivo storico, oggi non ulteriormente rinviabile, di una ri-legittimazione politica, istituzionale e economica dell’azione, delle istituzioni e della ‘sfera pubblica europea’118.

Insomma, l’Unione europea e l’Italia devono uscire dal limbo in cui oggi versano, vittime entrambi della crisi. Silvio Gambino - Walter Nocito (Unical)

Pur costituendo frutto di una riflessione comune, la redazione dei paragrafi 1 e 4 è di Silvio Gambino e la redazione dei paragrafi 2 e 3 è di Walter Nocito.

 

note

1 Cfr. i saggi di G.U. Rescigno, “La distribuzione della ricchezza nazionale”, di P. Leon, “La distribuzione della ricchezza socialmente prodotta e di E. Pugliese, “Le prestazioni sociali”, in M. RUOTOLO (a cura di), La Costituzione ha sessant’anni: la qualità della vita sessant’anni dopo, Napoli, 2008.

2 Sul tema sia permesso citare anche S. GAMBINO, Stato e diritti sociali fra Costituzioni nazionali e Unione europea, Napoli, 2009.

3 Cfr. L. FERRAJOLI, Stato sociale di diritto, 1982, n. 1, p. 44; di recente, cfr. anche S. GAMBINO, Stato e diritti sociali, Napoli, 2009.

4 Cfr. A. CANTARO, “Dopo la democrazia dei partiti”, in Democrazia e diritto, 1995, n. 2. Di recente, sul punto, cfr. almeno M. DOGLIANI, 1998, “Il partito come strumento della separazione della politica dall’economia”, in Democrazia e diritto, 2011, nn. 1-2, p. 491 ss.

5 Si vedano i saggi in G. ZAGREBELSKY, P.P. PORTINARO, J. LUTHER, Il futuro della Costituzione, Torino, 1996.

6 Cfr. F. MODUGNO, “La Corte costituzionale oggi”, in G. LOMBARDI, Costituzione e giustizia costituzionale, Rimini, 1985.

7 Cfr. P.P. PORTINARO, “Dal custode della costituzione alla costituzione dei custodi”, in G. GOZZI, (a cura di), Democrazia, diritti, costituzione. I fondamenti costituzionali delle democrazie contemporanee, Bologna, 1997.

8 Sul punto, cfr. P. GROSSI, “‘Lo Stato moderno e la sua crisi’ (a cento anni dalla prolusione pisana di Santi Romano)”, in ID., Introduzione al Novecento giuridico, Bari-Roma, 2011, p. 41 ss.

9 Cfr. M. DOGLIANI, “Clausole di eternità e revisione totale nel pensiero di Peter Häberle”, in S. GAMBINO, G. D’IGNAZIO, La revisione costituzionale e i suoi limiti fra teoria costituzionale diritto interno esperienze straniere, Milano, 2007.

10 Luigi Ferrajoli ha parlato in tema di ‘poteri selvaggi’ (cfr. I poteri selvaggi. La crisi della democrazia italiana, Bari-Roma, 2011).

11 Cfr. D. Grimm, “Il futuro della Costituzione”, in G. ZAGREBELSKY, P.P. PORTINARO, J. LUTHER, Il futuro della Costituzione, Torino, 1996, p. 163.

12 Cfr. G. Zagrebelsky, “Storia e Costituzione”, in G. ZAGREBELSKY, P.P. PORTINARO, J. LUTHER, Il futuro della Costituzione ... cit., p. 74.

13 Cfr. A. BENEDETTI, Certezza pubblica e ‘certezze’ private. Poteri pubblici e certificazioni di mercato, Milano, 2010.

14 Cfr. A. GARAPON, Lo Stato minimo. Il neoliberalismo e la giustizia, Milano, 2012, p. 59 ss.

15 Da ultimo, sul mutamento costituzionale, cfr. anche L. CARLASSARE, Nel segno della Costituzione. La nostra Carta per il futuro, Milano, 2012.

16 Fra gli altri, cfr. anche S. GAMBINO, “La revisione della Costituzione fra teoria costituzionale e tentativi (falliti) di ‘decostituzionalizzazione’. Limiti sostanziali e ‘costituzione materiale’”, in S. GAMBINO, G. D’IGNAZIO, La revisione costituzionale … cit.

17 Cfr. P.P. PORTINARO, “Il grande legislatore e il custode della Costituzione”, in Il futuro della costituzione ... cit., passim.

18 Sull’attualità di un ‘futuro per la Costituzione’ nell’ottica di un ‘umanesimo nuovo’ cfr. L. CARLASSARE, Nel segno della Costituzione … cit., p. 201-215.

19 Sul tema, cfr. anche i saggi contenuti in P. FANTOZZI, Potere politico e globalizzazione, Soveria Mannelli, 2004.

20 Ripercorrono le varie posizioni del dibattito scientifico, nazionale e internazionale, M. CROCE,

A. SALVATORE, Filosofia politica. Le nuove frontiere, Bari-Roma, 2012, p. 73 ss. (e in particolare per le teorie costituzionali “senza lo Stato”, p. 113 ss.). Sul punto cfr. anche, di recente, P. GROSSI, Introduzione al Novecento giuridico, Bari-Roma, 2012.

21 Cfr. A. DI MARTINO, Il territorio: dallo stato-nazione alla globalizzazione. Sfide e prospettive dello stato costituzionale aperto, Milano, 2010.

22 Per un’ampia ricostruzione del tema, cfr. A. GENTILI, ‘La sovranità nsei sistemi giuridici aperti’, in Politica del diritto, 2, 2011, p. 181 ss. Sul tema, rimane classica la lettura di P. Grossi, Mitologie giuridiche della modernità, Milano, 2001.

23 Nell’ampia letteratura italiana sul tema della “globalizzazione e diritto”, si vedano, almeno, A. BALDASSARRE, Globalizzazione contro democrazia, Bari-Roma, 2002; U. ALLEGRETTI, Diritto e Stato nella mondializzazione, Troina, 2002; A. SPADARO, Dai diritti «individuali» ai doveri «globali». La giustizia distributiva internazionale nell'età della globalizzazione, Soveria Mannelli, 2005; N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Bari-Roma, 2004; ID., Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Bari-Roma, 2002; GUARINO G., Il governo del mondo globale, Firenze, 2000; SCODITTI E., La costituzione senza popolo, Bari, 2001. Per ulteriori valutazioni di natura giuspubblicistica (sia sotto il profilo costituzionalistico che sotto quello amministrativistico) adde i saggi (fra gli altri di Dogliani, Ferrara e Merusi) contenuti in S. CASSESE, G. GUARINO (a cura di), Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, Milano, 2001; dello stesso CASSESE si veda anche la raccolta di saggi La crisi dello Stato, Bari-Roma, 2002. Di grande interesse, ma con profilo prevalentemente sociologico, si veda anche FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna, 2000; Id., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, Bologna, 2002; Id., Diritto sconfinato, Bari-Roma, 2006. Interessanti anche, in prospettiva filosofico-politica, MARRAMAO G., “L’Europa dopo il Leviatano. Unità e pluralità nel processo di costituzionalizzazione”, in Teoria politica, 2001, p. 53 ss.; i saggi contenuti in P. BARCELLONA (a cura di), Nuove frontiere del diritto. Dialoghi su giustizia e verità, Bari, 2001. Imprescindibile, per ogni riflessione teorica, HABERMAS J., La costellazione postnazionale. Mercato globale, nazioni e democrazia, Milano, 1999.

24 Ben rilevati e criticamente valutati da M. LUCIANI, “Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico”, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, p. 1643 ss, e prima ancora sottolineati in ID., ‘L’antisovrano e la crisi delle costituzioni’, in Rivista di Diritto Costituzionale, 1996, p. 124 ss. (anche in AA.VV., Scritti in onore di Giuseppe Guarino, Tomo II, Padova 1998). Con diversa prospettiva, cfr. G. SILVESTRI, Lo Stato senza principe. La sovranità dei valori nelle democrazie pluraliste, Torino, 2005.

25 Sul tema, per una prima lettura, cfr. A. RUGGERI, “Art. 94 della Costituzione vivente: ‘Il Governo deve avere la fiducia dei mercati’. Nota minima a commenta della nascita del Governo Monti”, in www.federalismi.it (n. 23 del 2011). In prospettiva nettamente critica, cfr. il saggio storico-economico di G. SAPELLI, L’inverno di Monti. Il bisogno della politica, Milano, 2012, per il quale le categorie politico-costituzionali utili per la valutazione della natura del Governo Monti sono da individuarsi nella “dittatura romana” (p. 61 ss.). Secondo lo storico costituzionale romanista Luigi La Bruna, quest’ultima nasceva come “strumento messo a disposizione dei ceti oligarchici per preservare il loro potere contro le pretese della plebe” (nel capitolo del suo manuale significativamente titolato Adversum plebem dictator, richiamato da Sapelli).

26 Cfr. i saggi contenuti in S. LABRIOLA, Ripensare lo Stato, Milano, 2003; cui adde i saggi e le analisi con taglio giuridico e politologico contenuti in S. CECCANTI e S.VASSALLO (a cura di), Come chiudere la transizione, Bologna, 2004.

27 E multis, F. PALERMO, La forma di Stato dell’Unione europea. Per una teoria costituzionale dell’integrazione sovranazionale, Padova, 2005; G. DELLA CANANEA, L’Unione Europea. Un ordinamento composito, Bari-Roma, 2003; C. AMIRANTE, Unioni sovranazionali e riorganizzazione costituzionale dello Stato, Torino, 2001; M. FRAGOLA, Temi di diritto dell’Unione europea, Milano, 2008 e da ultimo, dello stesso A., Nozioni di diritto dell’Unione europea, Milano, 2012.

28 Cfr. L. TORCHIA, “Una Costituzione senza Stato”, in Dir. pubbl., 2001, p. 423 ss.; P. COSTANZO,

L. MEZZETTI, A. RUGGERI, Lineamenti di diritto costituzionale dell’Unione europea, Torino, 2010. Di interesse anche i saggi contenuti in A. BONACCHI (a cura di), La Costituzione senza Stato, Bologna, 2002, cui adde U. DE SIERVO (a cura di), La difficile Costituzione europea, Bologna, 2001.

29 Sul tema, e multis, S. PANUNZIO (a cura di), I costituzionalisti e l’Europa. Riflessioni sui mutamenti costituzionali nel processo d’integrazione europea, Milano, 2002; I. PERNICE, F. MAYER, “La Costituzione integrata dell’Europa”, in G. ZAGREBELSKY (a cura di), Diritto e Costituzione nell’Unione europea,

Roma-Bari, 2003; P. BILANCIA, E. DE MARCO, La tutela multilivello dei diritti. Punti di crisi, problemi aperti, momenti di stabilizzazione, Milano, 2004; AA.VV., Annuario 1999. La Costituzione europea, Padova, 2000; S. GAMBINO, “Costituzionalismo multilevel, diritti fondamental e Unione Europea’, in G. D’IGNAZIO (a cura di), Multilevel constitutionalism tra integrazione europea e riforme degli ordinamenti decentrati, Milano, 2011. Sul punto cfr. anche CHESSA O., “La tutela dei diritti oltre lo Stato. Fra ‘diritto internazionale dei diritti umani’ e ‘integrazione costituzionale europea”, in R. NANIA, P. RIDOLA (a cura di), I diritti costituzionali, Torino, 2001.

30 Per una panoramica sul tema, cfr. PIZZORUSSO A., Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, 2002; S. GAMBINO (a cura di), Costituzione italiana e diritto comunitario. Princìpi e tradizioni costituzionali comuni. La formazione giurisprudenziale del diritto costituzionale europeo, Milano, 2002; M. SCUDIERO (a cura di), Il diritto costituzionale comune europeo. Principi e diritti fondamentali, Napoli, 2002, Voll. 3; S. GAMBINO (a cura di), Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, Costituzioni nazionali, diritti fondamentali, Milano, 2006; A. RUGGERI, “Tradizioni costituzionali comuni e controlimiti, tra teoria delle fonti e teoria della interpretazione”, in P. FALZEA, A. SPADARO, L. VENTURA, La Corte costituzionale e le Corti, Torino, 2003; dello stesso A., cfr. anche “Dinamiche della normazione e valori, nella prospettiva di una ricomposizione multilivello del sistema delle fonti”, in G. D’IGNAZIO, Multilevel constitutionalism tra integrazione europea e riforme degli ordinamenti decentrati, Milano, 2011.

31 Con approccio giuridico, cfr. i saggi in L. MOCCIA (a cura di), Diritti fondamentali e cittadinanza dell’Unione Europea, Milano, 2010; A. CANTARO (a cura di), Il costituzionalismo asimmetrico dell’Unione. L’integrazione europea dopo il Trattato di Lisbona, Torino, 2010. Con approccio politologico, fra gli altri, S. FABBRINI, “Oltre Lisbona: l’enigma costituzionale dell’integrazione europea”, in Rivista italiana di scienza politica, 2009, n. 39, p. 349-381.

32 Cfr. B. AMOROSO, Per il bene comune. Dallo Stato del benessere alla società del benessere, Reggio Emilia, 2009.

33 Di recente, cfr. A. LUCARELLI, “Crisi e ricostruzione del diritto pubblico”, in ID, Il diritto pubblico fra crisi e ricostruzione, Napoli, 2009. Con riguardo ai profili amministrativistici delle evoluzioni in atto, cfr. anche G. ROSSI, Potere amministrativo  e interessi a soddisfazione necessaria. Crisi e nuove prospettive del diritto amministrativo, Torino, 2011, in part. p. 63 ss.

34 Per tutti, cfr. S. RODOTÀ, Tecnologia e diritti, Bologna, 1995.

35 Cfr. R. DAHRENDORF, Quadrare il cerchio. Benessere economico, coesione sociale e libertà politica, Bari-Roma, 1998. Dello stesso A., di recente, nell’ampia produzione tradotta in lingua italiana, si veda, Dopo la democrazia, Bari-Roma, 2001; J. HABERMAS, La costellazione … cit.; J. HABERMAS, Il ruolo dell’intellettuale e la causa dell’Europa, Milano, 1999 .

36 Del quale, si vedano le tesi espresse in “Public intellectuals. A study of decline”, Cambridge, 2001.

37 Cfr. D. GRIMM, “Una Costituzione per l’Europa?” e J. HABERMAS, “Una Costituzione per l’Europa? Osservazioni su Dieter Grimm”, ambedue in G. ZAGREBELSKY, P.P. PORTINARO, J. LUTHER (a cura di), Il futuro della Costituzione, Torino, 1996, p. 339 ss.

38 Cfr. WEILER, La Costituzione dell’Europa, Bologna, 2003.

39 Ne discuteva già nella fasi di avvio G. FLORIDIA, Il cantiere della nuova Europa. Tecnica e politica nei lavori della Convenzione europea, Bologna 2003; C. PINELLI, “E’ ancora aperto il cantiere della nuova Europa”, in Scritti in memoria di G. Floridia, Napoli, 2009, p, 551 ss.

40 Per tutti si veda M.R. FERRARESE Le istituzioni … cit., in part. p. 57 ss.; Id., M.R. FERRARESE, Prima lezione di diritto globale, Bari, 2012; con approccio più ‘prescrittivo’, cfr. U. ALLEGRETTI, Diritto e Stato... cit. Molto problematico, A. BALDASSARRE, Democrazia contro... cit.

41 Cfr. U. MATTEI, L. NADER, Il saccheggio. Regime di legalità e trasformazioni globali, Milano, 2010.

42 Cfr. P.R. KRUGMAN, Il ritorno dell’economia della depressione e la crisi del 2008, Milano, 2009 e dello stesso A., Fuori da questa crisi, adesso!, Milano, 2012. Da ultimo, approfondita ricostruzione in L. GALLINO, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino, 2011.

43 Cfr. di recente, M. DOGLIANI (a cura di), Il libro delle leggi strapazzato e la sua manutenzione, Torino, 2012; i saggi contenuti in F. MODUGNO (a cura di), Trasformazioni della funzione legislativa. I “vincoli” alla funzione legislativa, Milano, 1999; cui adde i saggi contenuti in F. MODUGNO (a cura di) (2000), Trasformazioni della funzione legislativa. II. Crisi della legge e sistema delle fonti, Milano, 2000; dello stesso

A. si veda la voce “Fonti del diritto (gerarchia delle)”, in Enc. dir. (Aggiornamento I), Milano, 1997. Cfr. il noto saggio di ZAGREBLESKY G., Il diritto mite. Leggi, diritti, giustizia, Torino, 1992 (su cui cfr. G. AZZARITI, “La Costituzione e i suoi critici. Riflessioni sul diritto mite”, in G. AZZARITI, Forme e soggetti… cit., p. 59); A. RUGGERI A. (2001), “La ricomposizione delle fonti in sistema, nella Repubblica delle autonomie, e le nuove frontiere della normazione”, in Le Regioni, n. 4, 2002, p. 699 ss.; sul tema, si veda anche M. FIORAVANTI, Costituzione, Bologna, 1999, in part. p. 71 ss.

44 RAN HIRSCHL, Towards juristocracy: the origins and consequences of the new constitutionalism, Harvard, 2004.

45 Fra gli altri, cfr. i saggi in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, Torino, 2009; ivi in posizione critica, cfr. R. Bin, “Soft law no law”.

46 Per una interessante (ed utile) ricostruzione della nozione, in chiave politologica, C. DONOLO, L’arte del governare, Roma, 2012; cfr. anche MAYNTZ R., “La teoria della ‘governance’: sfide e prospettive”, in Rivista trimestrale di scienza politica, 1999, n. 1, p. 3 ss.

47 Fra gli altri, G. COLAVITTI, Rappresentanza e interessi organizzati, Milano, 2005; sulle grandi imprese, in part. con approccio politologico, cfr. C. CROUCH, Il potere dei giganti, Bari-Roma, 2011.

48 Per una introduzione al tema, in prospettiva politologica, cfr. L. ORNAGHI, S. COTELESSA, Interesse, Bologna, 2001.

49 Cfr. U. MATTEI, E. REVIGLIO, S. RODOTÀ (a cura di), Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprietà pubblica, Bologna, 2007; A. LUCARELLI, “Note minime per una teoria giuridica dei beni comuni”, in Quale Stato, 2007, n. 4.

50 Cfr. la raccolta di saggi di L. FERRAJOLI, I diritti fondamentali, Bari-Roma, 2001. Di recente, sui profili della società multiculturale e dei diritti fondamentali cfr. i saggi contenuti in N. FIORITA e

D. LOPRIENO, La libertà di manifestazione del pensiero e la libertà religiosa nelle società multiculturali, Firenze. 2009.

51 Sui diritti umani, da ultimo, cfr. A. CASSESE, L’esperienza del male, Bologna, 2011.

52 Cfr. B. ACCARINO, Rappresentanza, Bologna, 1998. Per un’attenta ricostruzione gius­costituzionalistica della nozione, cfr. anche G. MOSCHELLA, Rappresentanza politica e costituzionalismo. Teoria e giurisprudenza costituzionale: un’analisi comparatistica, Rimini, 2000. Per un’analisi in prospettiva comparatistica della tematica dei rapporti fra forme di governo, forme di rappresentanza e sistemi elettorali, cfr. anche i saggi contenuti in S. GAMBINO (a cura di), Forme di governo e sistemi elettorali, Padova, 1995.

53 Fra gli altri, nella vasta letteratura, da ultimo, cfr. anche S. GAMBINO, “Forma di governo e living Constitution. L’esperienza italiana nell’ottica comparatistica”, in corso di pubblicazione in Liber amicorum in onore di Carlo Amirante, Napoli.

54 Cfr. G. COLAVITTI, Rappresentanza e … cit.

55 Cfr. BECK U., La società del rischio, Roma, 2000. Nella letteratura gius-pubblicistica cfr. anche A. BARONE, Il diritto del rischio, Milano, 2006.

56 Cfr. J.P. FITOUSSI, Il dittatore benevolo. Saggio sul governo dell’Europa, Bologna, 2003.

57 Cfr. P. HÄBERLE, “El Tratado de Reforma de Lisboa de 2007”, G. GUARINO, “Análisis y crítica del “Eurosistema” desde la perspectiva del Tratado de Lisboa”, G. MAESTRO BUELGA, “El Tratado de Lisboa y la Constitución económica”, M. LÓPEZ ESCUDERO, “El Banco Central Europeo en el Tratado de Lisboa”, tutti in Revista de Derecho Constitucional Europeo, 2008, n. 9. Nella letteratura italiana cfr. almeno G. BUCCI,Costituzione italiana, BCE e Patto di stabilità”, in F. GABRIELE, M.A. CABIDDU (a cura di), Governance dell’economia e integrazione europea, Milano, 2008;

M. DEGNI, “Costituzione europea, BCE e Patto di stabilità”, in M. PAGLIARECCI (a cura di), Diritto, politica ed economia dell’Unione, Torino, 2007; C. PINELLI, T. TREU, La costituzione economica: Italia, Europa, Bologna, 2010 ed infine i saggi in F. BASSANINI, G. TIBERI, Le nuove istituzioni europee, Bologna, 2010.

58 Cfr., A. Spadaro, “Costituzionalismo versus populismo. Sulla c.d. deriva populistico-plebiscitaria delle democrazie costituzionali contemporanee”, in AA.VV., Scritti in onore di Lorenza Carlassare, Napoli, Vol. V, 2009; S. GAMBINO, “Tendenze evolutive del parlamentarismo, fra (crisi dei) partiti politici, “governo debole” e riforme elettorali (partigiane)”, in A. JELLAMO, F. RANIOLO, D. THERMES, I volti della democrazia, Acireale, 2012.

59 Fra gli altri, cfr. L. TRUCCO, Democrazie elettorali e Stato costituzionale, Torino, 2011.

60 Questa torsione è ben colta da A. Ruggeri (nel suo “Art. 94 della Costituzione vivete … cit, pg. 2 ss.), per il quale “la domanda bruciante è se siamo già immersi fino al collo dentro allo stato di

61 Per tutti, S. CASSESE, Lo stato introvabile. Modernità e arretratezza delle istituzioni italiane, Roma, 1998); di recente, dello stesso A., L’Italia: una società senza Stato?, Bologna, 2011. Umberto Allegretti ha definito il modello italiano come “modello stato-centrico a centro debole” (così in Profilo di storia costituzionale italiana. Individualismo e assolutismo nello Stato liberale, Bologna, 1989, p. 231 ss.). Di recente, dello stesso A. cfr. “Forme costituzionali della Storia unitaria: monarchia e Repubblica”, in Rivista AIC, 2, 2012, cui adde, in part. M. FIORAVANTI, “Costituzione, amministrazione e trasformazione dello Stato”, in A. SCHIAVONE (a cura di), Stato e cultura giuridica in Italia dall’Unità alla Repubblica, Bari-Roma, 1990.

62 Cfr., per tutti, SARTORI G., Ingegneria costituzionale comparata, Bologna, 2004.

63 Cfr. A. BRANCASI, “Le decisioni di finanza pubblica secondo l’evoluzione della disciplina costituzionale”, in C. PINELLI, T. TREU (a cura di), La costituzione economica: Italia, Europa, Bologna, 2010, pp. 347-374.

64 Fra gli altri, P. DAVIGO, G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Bari-Roma, 2007. Sia consentito rinviare anche a S. GAMBINO, “Conflitti d’interesse, magistratura e potere politico”, in Il Ponte, 2002, n. 4.

65 Cfr., i saggi contenuti in S. GAMBINO, G. D’IGNAZIO (a cura di), Immigrazione e diritti fondamentali, Milano, 2009.

66 Cfr., di recente, W. NOCITO, Dinamiche del regionalismo italiano ed esigenze unitarie, Milano, 2012 p. 245 ss.

67 Usa tra gli altri tale dizione G. DI PLINIO, “Sulla costituzione economica. Contributo per una teoria degli effetti costituzionali dell’economia”, Working paper, 8/2008. In tema cfr. almeno F. GALGANO, La costituzione economica, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, vol. I, Padova, 1977; S. CASSESE, La nuova costituzione economica, Roma-Bari, 2012; V. ATRIPALDI, “La costituzione economica tra ‘patto’ e ‘transizioni’”, in AA.VV. (a cura di), Governi ed economia. La transizione istituzionale nella XI legislatura, Padova 1998.

68 Fra gli altri cfr. anche D. D’ALESSANDRO, Sussidiarietà, solidarietà e azione amministrativa, Milano, 2004.

69 Cfr. R. BIFULCO, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici della responsabilità intergenerazionale, Milano, 2009; i saggi in A. D’ALOIA, R. BIFULCO (a cura di), Un diritto per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, Milano, 2008.

70 Fra gli altri, F. PUZZO, Il federalismo fiscale, Milano, 2001. Sul processo di attuazione del federalismo fiscale, e multis, cfr. anche E. JORIO, “L’attuazione del federalismo fiscale”, in AA.VV., Il federalismo fiscale, Rimini, 2009.

71 Per una ricostruzione, cfr. G. MARKS, L. HOOGHE, K. BLANK, “European integration from tha 1980’s: from State-centric v. Multi-level Governance”, in Journal of Common Market Studies, 1996, n. 3, p. 341 ss.; per un approccio più teorico, nella letteratura anglosassone, si veda R. RODES, “The new Governance: Governing without government”, in Political Studies, 1996, n. 4; cui adde la raccolta di saggi di G. TEUBNER, La cultura del diritto nell’epoca della globalizzazione, Milano, 2005; dello stesso A. cfr. anche, di recente, Nuovi conflitti costituzionali. Norme fondamentali dei regimi transnazionali, Milano, 2012.

72 Cfr. F. SHARPF, Governare l’Europa, Bologna, 1999. Da ultimo, si veda, ID., “Verso una teoria della multi-level governance in Europa”, in Rivista italiana di Politiche pubbliche, 2002, n. 1, p. 11 ss.;

R. MAYNTZ, “La teoria della ‘governance’ : sfide … cit.

73 Cfr. J.H.H WEILER, The Costitution of Europe, Cambridge, 1999; si veda anche ID., “L’Unione e gli Stati membri: competenze e sovranità”, in La Costituzione europea. Annuario AIC, Padova, 1999,

p. 4 ss. Sul tema cfr. anche, e multis, G. GERBASI, “Il principio di coesione economica e sociale tra

governante multilivello, esigenze partenariali/collaborative e (conseguenti) trasformazioni delle modalità di funzionamento del potere”, in G. D’IGNAZIO, Multilevel constitutionalism tra integrazione europea e riforme degli ordinamenti decentrati, Milano, 2011; infine, cfr. anche A.M. RUSSO, Pluralismo territoriale e integrazione europea: asimmetria e relazionalità nello Stato autonomico spagnolo, Napoli, 2010.

74 Nell’ampia letteratura sulla regolazione dell’economia e sui poteri neutri, cfr. M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, 2008; Id (1995), “Autorità indipendenti”, in Enc. Giur., 1995; M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005; M. PASSARO, Le autorità indipendenti, Torino, 1996; M. MANETTI, “Autorità indipendenti: tre significati per una costituzionalizzazione”, in Studi in onore di Leopoldo Elia, Milano, 1999, p. 893 ss.; S. NICCOLAI, I poteri garanti della Costituzione e le autorità indipendenti, Pisa, 1996; G. MORBIDELLI (a cura di), Le autorità indipendenti nei sistemi istituzionali ed economici, Firenze, 1997. Per una ricostruzione di largo respiro teorico si veda, infine, A. PREDIERI, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze, 1997); M. ANTONIOLI, Mercato e regolazione, Milano, 2001. Da ultimo, cfr. anche F. LUCIANI (a cura di), Le autorità indipendenti come istituzioni pubbliche di garanzia, Napoli, 2011.

75 In termini critici, cfr. M. DEGNI, “Costituzione europea, BCE e Patto di stabilità”, in G. COLOMBINA, F. NUGNES (a cura di), Istituzioni, diritti, economia. Dal Trattato di Roma alla Costituzione europea, Pisa, 2004; G. BUCCI,La sovranità popolare nella trappola delle reti multilevel”, in www.costituzionalismo.it, 1, 2008 e dello stesso A., “Costituzione italiana, BCE e Patto di stabilità”, in F. GABRIELE, M.A. CABIDDU (a cura di), Governance dell’economia e integrazione europea, Milano, 2008. Infine, C. AMIRANTE, Costituzionalismo e costituzione nel nuovo contesto europeo, Torino, 2003; i saggi contenuti nel numero monografico (“Sovranità ed economia nel processo di integrazione europea”) di Rassegna di diritto pubblico, 2011, n. 1, nonché G. AZZARITI, “Brevi note su tecnici, amministrazione e politica”, in ID., Forme e soggetti della democrazia pluralista, Torino, 2000, p. 129 ss..

76 Per tutti, cfr. M. LUCIANI, ‘Integrazione europea, sovranità statale e sovranità popolare. Norme e idee’, in Istituto Enciclopedia Italiana, XXI secolo. Norme e idee. Vol I, 2009, p. 338 ss.; vedi anche ID, “La produzione della ricchezza nazionale”, in Scritti in onore di Michele Scudiero, Tomo III, Napoli, 2008, p. 1181-1205; G. FERRARA, “L’indirizzo politico dalla nazionalità all’apolidia”, in L. CARLASSARE (a cura di), La sovranità popolare nel pensiero di Esposito, Crisafulli, Paladin, Padova, 2004. Vedi anche i saggi in F. GABRIELE, M.A. CABIDDU (a cura di), Governance dell’economia e integrazione europea, vol. 1. Processi di decisione politica e sovranità economica, Milano, 2008. In direzione meno critica, cfr. G. SILVESTRI, “La parabola della sovranità. Ascesa, declino e trasfigurazione di un concetto”, in Rivista di diritto costituzionale, 1996. Più in generale, per una riflessione sulla questione della legittimazione costituzionale dele istituzioni comunitarie, fra gli altri, cfr. anche S. GAMBINO,

“Integrazione comunitaria e legittimazione costituzionale”, in Scritti in memoria di G. Floridia, Napoli, 2009, p. 551 ss. Con approccio di politica economica, cfr. L. BARCA, M. FRANZINI (a cura di), Legittimare l’Europa. Diritti sociali e crescita economica, Bologna, 2005.

77 Cfr. per tutti, A. PACE, “Considerazioni preliminari” al Commento all’Art. 21. La libertà di manifestazione del proprio pensiero, in A. PACE, M. MANETTI, Art. 21, in A. PIZZORUSSO (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 2006, p. 1 ss. Cfr. inoltre P. STANCATI, Il diritto fondamentale comunitario alla libera manifestazione del pensiero: profili critici”, in Politica del diritto, 2005, n. 3.

78 Sulla finanza internazionale e ‘l’universo inflazionario dei derivati’ cfr. G. DI GASPARE, Teoria e critica della globalizzazione finanziaria. Dinamiche del potere finanziario e crisi sistemiche, Padova, 2011. Sul tema molto trascurato in dottrina delle agenzie di rating, cfr. ora C. PINELLI, “L’incontrollato potere delle agenzie di rating”, in Costituzionalismo.it (2012, n. 2) e L. Ammannati, “Mercati finanziari, società di rating, autorità e organismi di certificazione”, in www.amministrazioneincammino.it (2011, n. 8). 79 Cfr, di recente, M. MARINI, “La crisi dei debiti sovrani: origini soriche e riforme strutturali”, in C. AMIRANTE, S. GAMBINO (a cura di), L’esperienza della Repubblica di Weimar: cultura, politica ed economia, Cosenza, 2012 (in corso di stampa), cui adde anche M. ONADO, Finanze senza paracadute, Bologna, 2012.

80 Cfr. B. AMOROSO, Euro in bilico, Reggio Emilia, 2011; M. DEGNI, P. DE IOANNA, La voragine. Inghiottiti dal debito pubblico, Roma, 2012.

81 Lo ha rilevato prontamente T. GAZZOLO, “L’attuale Governo e la costruzione della legittimità politica”, in Nomos, 2012, n. 1.

necessità, a sua volta dovuto al rispetto delle ‘aspettative dei mercati’83 e

82 Il testo di revisione costituzionale (cd ABC), attualmente in fase di approvazione parlamentare, contiene proposte di modifica degli artt. 56, 57, 58, 70, 73, 74, 92, 94 e 126 (testo unificato del

d.d.l. cost. unificato nn. 24, 216, 894, 1086 e altri, leggibile anche in astrid-online.it) ed è oggetto di un (molto) limitato dibattito pubblico, con prese di posizione di alcune sole associazioni di ‘difesa della Costituzione’.

83 Antonio RUGGERI parla di una “doppia fiducia”, in quanto a quella parlamentare si aggiungerebbe la “fiducia dei mercati”, rispetto alla quale “quella che viene dalle assemblee elettive gioca un ruolo non di primo piano: sta sullo sfondo e presiede alle vicende interne di

natura politico-istituzionale per quel tanto (ormai invero assai poco…) che residua a beneficio di una sovranità nazionale in stato di palese sofferenza, in via di superamento, sempre che non sia andata già del tutto smarrita” (in “Art. 94 … cit., p. 1).

84 In tema, cfr. i saggi contenuti in M.T. SALVEMINI, F. BASSANINI (a cura di), Il finanziamento dell’Europa. Il bilancio dell’Unione e i beni pubblici europei, Firenze, 2010.

85 Tra i primi commenti sul tema cfr. A. BRANCASI, “L’introduzione del principio del cd. pareggio di bilancio: un esempio di revisione affrettata della Costituzione”, e D. CABRAS, “L’introduzione del cd pareggio di bilancio: una regola importante per la stabilizzazione della finanza pubblica”, ambedue in Quaderni costituzionali, 2012, n. 1, p. 108 ss.; F. BILANCIA, “Note critiche sul cd. Pareggio di bilancio”, Rivista trimestrale di diritto tributario, 2012. Commentando il progetto di revisione, la dottrina più critica ha potuto notare come “alcune delle misure in via di introduzione addirittura nel testo della Costituzione possano rappresentare un azzardo e che, comunque, meriterebbero di essere portate all’attenzione dell’opinione pubblica. Una così radicale incisione sullo Stato sociale, infatti, non potrebbe avvenire all’insaputa dei cittadini, laddove l’entrata in vigore di alcune di queste disposizioni produrranno il venir meno di ogni potere discrezionale del Parlamento nella elaborazione e nella gestione in futuro delle scelte di politica economica” (G. FERRARA, “Lettera-appello ai parlamentari sull’approvazione dell’Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale”, in www.riforme.info/democrazia-costituzionale).

86 Prima ancora del ‘limitato’ dibattito parlamentare in tema, Valerio ONIDA ha osservato problematicamente in tal senso: “… siccome il vincolo non può essere assoluto e rigido, alla fine chi può giudicare se quella manovra è rispettosa o meno della Costituzione, tenendo conto di tutte le circostanze e delle possibili deroghe? Come si fa a valutare per esempio se si rispetta adeguatamente il ciclo strutturale? Sono valutazioni tecniche non facili, tipicamente di politica finanziaria, che vengono così spostate sugli organi giurisdizionali” (in Il Manifesto, 8 settembre 2011).

87 Da ultimo riflette su questi temi, anche in relazione alla forma di governo, G. RIVOSECCHI, “Il governo dei conti pubblici fra art. 81 della Costituzione, vincoli europei e crisi economico-finanziaria globale”, in Liber amicorum in onore di Carlo Amirante (in corso di stampa). Con riguardo ai profili comparati relativi ai casi italiano e tedesco di revisione costituzionale in materia di bilancio e di costituzione finanziaria, cfr. R. BIFULCO, “Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell’Unione. A proposito della riforma costituzionale sull’equilibrio di bilancio”, in Rivista AIC, 2012, n. 2; dello stesso A. cfr. anche “Il pareggio di bilancio in Germania: una riforma costituzionale post-nazionale? (nella stessa Rivista, 2011, n. 3).

88 Cfr. G. FERRARA, “Lettera-appello … cit. Ad approvazione parlamentare della legge costituzionale avvenuta, lo stesso A. ha icasticamente osservato “Con tale approvazione un altro demerito si accompagnerà a quelli sciaguratamente ottenuti dal nostro paese in tema di regimi politici. Il demerito di aver inventato un nuovo tipo di Costituzione. A quelle scritte, consuetudinarie, flessibili, rigide, programmatiche, pluraliste, liberali, democratiche, lavoriste, si aggiungerà la Costituzione abdicataria, una costituzione-decostituzione. Un ossimoro istituzionale che preconizza una recessione seriale che, partendo dalla neutralizzazione della politica, porterà alla compressione dei diritti e poi alla dissoluzione del diritto, sostituito dalla mera forza del dominio economico” (G. FERRARA, ‘Regressione costituzionale’, in www.astridonline.it, 18 aprile 2012).

89 Cfr. G. JELLINEK, Mutamento e riforma costituzionale, Lecce, 2004 (ed. or. 1906).

90 Sul punto, di recente, E. PAPARELLA, “Le carte dell’Europa riscritte dalla crisi”, in

www.ingenere.org.

91 Posizioni critiche sulla European governance in C. AMIRANTE cfr. Dalla forma Stato alla forma mercato, Torino, 2008, in part. pp. 68-102, ove l’A. argomenta circa l’‘anestesia’ dei sistemi costituzionali degli Stati membri.

92 Cfr. E. PAPARELLA, “Le carte dell’Europa riscritte dalla crisi… cit.; N. LUPO, ‘Costituzione europea, pareggio d bilancio ed equità tra le generazioni. Notazioni sparse’, in www.astridonline.it; vedi anche R. DE MARIA, “Aspettando la costituzionalizzazione del principio del “pareggio di bilancio”, in www.forumcostituzionale.it.

93 Cfr. F. BILANCIA, “Note critiche sul cd. ‘Pareggio di bilancio’ … cit.

94 In posizione critica, cfr. A. MAJOCCHI, “Dopo il Fiscal compact la crescita!”, in www.csfederalismo.it; cfr. anche M. DEGNI, P. DE IOANNA, La voragine. Inghiottiti dal debito pubblico, Roma, 2012.

95 Cfr. M. MADURO, “The euro’s crisis of democracy”, paper 4 agosto 2011, in www.project­sndacate.org; G. NAPOLITANO, “L’incerto futuro della governance europea”, in Quaderni costituzionali, 2012, n. 1, il quale, sottolineando il pravelere fra gli Stati membri della logica contrattuale e assicurativa su quella comunitaria-solidaristica, arriva a parlare di “fuga nel diritto internazionale coperta da appositi emendamenti al TFUE”, alla luce della integrazione di una nuova disposizione nel corpo dell’art. 136 del TFUE.

96 Cfr. G. NAPOLITANO, “La nuova governance economica europea: il meccanismo di stabilità e il Fiscal compact”, in Giornale di diritto amministrativo, 2012, n. 5 p. 461 ss.; vedi anche E. CHITI, “Le risposte alla crisi della finanza pubblica e il riequilibrio dei poteri dell’Unione”; infine, cfr. S. FABBRINI, “Le implicazioni istituzionali della crisi dell’euro” entrambe in Giornale di diritto amministrativo (rispettivamente, 2011 p. 311 ss., e 2012 p. 96 ss.), le note di G. PITRUZZELLA, “Chi governa la finanza pubblica in Europa?”, in Quaderni costituzionali, 2011, n. 4; D. MORANTE, “Note in tema di ‘Fiscal Compact’”, www.federalismi.it; E. JORIO, “Pareggio di bilancio: le ricadute (o le implicazioni) sui comuni e sul sistema sanitario”, in federalismi.it.; Dickmann R., “Le regole della governance economica europea e il pareggio di bilancio in Costituzione”, www.federalismi.it, 15 febbraio 2012.

97 Sul punto si è evidenziato come l’avverbio “preferibilmente” avrebbe potuto essere interpretato nel senso che non vi sarebbe un obbligo di costituzionalizzare il vincolo di bilancio; tuttavia si è opportunamente notato che “vi è da chiedersi se, più che il vincolo normativo, non saranno ragioni di opportunità politica ad indurre gli Stati alla revisione costituzionale” (E. PAPARELLA, “Le carte dell’Europa … cit ...). Una dettagliata ricostruzione è operata da F. NUGNES, “Il Fiscal compact. Prime riflessioni su un accordo ricognitivo”, in www.forumcostituzionale.it

98 Per una riflessione teorica a tutto campo, cfr. J. HABERMAS, Questa Europa è in crisi, Bari-Roma, 2012 e U. BECK, E. GRANDE, L’Europa cosmopolita, Roma, 2006. Da ultimo, cfr. U. BECK, La crisi dell’Europa, Bologna, 2012.

99 Cfr. M. LUCIANI, “L’antisovrano e la crisi delle costituzioni”, in Rivista di Diritto Costituzionale, 1996, 124 ss.; ID., ‘Sovranità’, in ItalianiEuropei, 2011, n. 7, p. 164-165; dello stesso A. cfr. anche “Tramonto della sovranità e diritti fondamentali”, in Critica marxista, 1993, n. 5, p. 20 ss.

100 Cfr. M. LUCIANI, “Sovranità … cit.; E. CHELI, “La sovranità, la funzione di governo e l’indirizzo politico”, in G. AMATO, A. BARBERA, Manuale di diritto pubblico, voll. II, Bologna, 1997.

101 così G. ZAGREBELSKY, Simboli al potere. Politica, fiducia, speranza, Torino, 2012, p. 87.

102 Cfr. M. LUCIANI, “Sovranità … cit., p.  164.

103 La letteratura in materia è prevalentemente politologica e anglosassone. Nella letteratura italiana, cfr. D. MONE, Qualità normativa tra tecnocrazia ed effettività della democrazia rappresentativa, Napoli, 2011 (e bibliografia ivi citata), nonché i saggi contenuti in L. CHIEFFI (a cura di), Rappresentanza politica,gruppi di pressione, élites al potere, Torino, 2006.

104 In termini nettamente critici rispetto alla natura dell’esperienza giuridica nell’epoca delle costituzioni erose dalla globalizzazione e dalla tecnicizzazione cfr., L. PATRUNO, “La “natura delle cose”’, in Archivio di diritto e storia costituzionali (www.dircost.unito.it); il riferimento classico per il tema rimane sempre N. BOBBIO, “La natura delle cose”, in ID., Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano, 1965, pp. 197 ss; di recente vi ritorna R. BIFULCO, “Per un uso ragionevole della natura della cosa”, in Scritti in onore di Michele Scudiero, Tomo I, Napoli, 2008.

105 Cfr. M. LUCIANI, “Sovranità … cit., p.  164.

106 Spirito critico che Federico CAFFÉ suggeriva, ammonendo che: “nel lavoro scientifico, le difficoltà maggiori sorgeranno non tanto dallo sforzo di progettualità innovativa da compiersi per la realizzazione di un intervento pubblico efficiente, quanto dal vigile spirito critico necessario nell’esame metodico delle rielaborazioni, politicamente pressanti o filosoficamente accattivanti, di idee vecchie” (in “Il neoliberismo contemporaneo e l’eredità intellettuale di Francesco Ferrara”, in Riv. inter. di sci. eco. e comm., 1985).

107 Sulle trasformazioni della nozione di sovranità rimandiamo, in particolare, a L. FERRAJOLI, La sovranità nel mondo moderno, Roma-Bari, 1997; G. SILVESTRI, “La parabola della sovranità … cit.; G. SILVESTRI, Lo Stato senza principe … cit.. Sull’autunno della sovranità cfr. anche M. LA TORRE, Cittadinanza e ordine politico. Diritti, crisi della sovranità e sfera pubblica: una prospettiva europea, Torino, 2004.

108 Cfr. AA.VV., Diritti di welfare. Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Bologna, 2010 (in particolare sull’effettività dei diritti nella crisi del welfare cfr. i saggi di E. Rossi e di L. Pepino, M. Campedelli).

109 Cfr. M. LUCIANI, “Sovranità … cit., p.  164. Lo stesso A. svolge una simile riflessione in forma più articolata in M. LUCIANI, “Costituzione, istituzioni e processi di costruzione dell’Unità  nazionale”, Relazione al Convegno Sviluppo capitalistico e unità nazionale. Le forme economiche, politiche e culturali dell’unità nazionale e della sua crisi, Roma, 25-27 maggio 2011 (ora anche in Scritti in onore di Jorge Miranda, in corso di pubblicazione).

110 Federico Mancini parlava in proposito di “frigidità sociale” dell’Europa (così in “L’incidenza del diritto comunitario sul diritto del lavoro degli Stati membri”, in RDE, 1989, n. 3). Sul punto cfr. anche S. GAMBINO, “I diritti sociali e l’Unione Europea”, in La cittadinanza europea, 2008, 1-2.

111 Nell’ampia bibliografia, cfr. almeno S. GIUBBONI, Diritti sociali e mercato. La dimensione sociale dell’integrazione europea, Bologna, 2003; C. SALAZAR, “I diritti sociali nella Carta dei diriti fondamentali dell’U.E.: un ‘viaggio al termine della notte’?”, in G. FERRARI (a cura di), I diritti fondamentali dopo la Carta di Nizza. Il costituzionalismo dei diritti, Milano, 2001; G. Zagrebelsky, Diritti e Costituzione nell’U.E., Roma-Bari, 2003; G. BRONZINI, “Il modello sociale europeo”, in F. BASSANINI, G. TIBERI, Le nuove istituzioni europee. Commento al nuovo Trattato europeo, Bologna, 2008.

112 Cfr. G. AZZARITI, “Le garanzie del lavoro tra costituzioni nazionali, carta dei diritti e Corte di giustizia dell’Unione europea”, in C. SALVI (a cura di), Diritto civile e principi costituzionali europei e italiani, Torino, 2012.

113 Cfr. M. DOGLIANI, “Clausole di eternità e … cit.

114 Cfr. S. GAMBINO, “Constitutionnalismes nationaux et constitutionnalisme européen: les droits fondamentaux sociaux dans les Pays membres de l’Union Européenne, la Charte des droits et l’identité constitutionnelle nazionale”, in federalismi.it., 2012, n. 6.

115 Cfr. L. GALLINO, “Il modello sociale pilastro dell’unità europea”, in www.eguaglianzaelibertà.it; cfr. anche A. BAYLOS GRAU, “Crisi, modello europeo e riforma del lavoro”, in Lavoro e diritto, 2010, n. 3.

116 In tema cfr,. almeno, V. BALDINI, “Il rispetto dell’identità costituzionale quale contrappeso al processo d’integrazione europea. (La ‘sentenza Lisbona’ del Bundesverfassungsgericht ed i limiti ad uno sviluppo secundum Constitutionem dell’ordinamento sopranazionale”, in Rivista AIC, n. 00 del 2.7.2010; A. CANTARO, “Democrazia e identità costituzionale nel Lissabon Urteil. L’integrazione protetta”, in Teoria e diritto dello Stato, 2010; B. GUASTAFERRO, “Il rispetto delle identità nazionali nel Trattato di Lisbona tra riserva di competenze statali e ‘controlimiti europeizzati’”, in www.forumcostituzionale.it; S. ALOISIO, “Il futuro dell’integrazione europea dopo il Lissabon Urteil”, in AUSE, 2011, 2 ; M. LUCIANI, “Il Bundesverfassungsgericht e le prospettive dell’integrazione europea”, in www.astrid.eu; M. CHITI, “Am Deutschen Volke. Prime note sulla sentenza del BundesVerfassungsGericht del 30 giugno 2009 sul Trattato di Lisbona e la sua attuazione in Germania”, in www.astrid-online.it; G. GUARINO, “La sentenza del Bundesverfassungsgericht del 30 giugno 2009. Sulla costituzionalità del Trattato di Lisbona e i suoi effetti sulla costruzione dell’Unione europea”, in www.astrid-online.it; L.S. ROSSI, “Integrazione europea al capolinea?”, www.affariinternazionali.it.

117 Disponibile anche in http://www.movimentoeuropeo.it/

118 D’altra parte, come si fa bene osservare con riguardo al rapporto fra Europa e Italia, “quando si parla di Europa l’atteggiamento oscilla fra l’ostilità e l’acritica compiacenza. Ma non sono più tempi di peana pro o contro l’Europa, ma di battaglie, di critiche inflessibili, di nuove costruzioni … Il tanto invocato interesse nazionale in verità coincide perfettamente – e drammaticamente – con quello europeo” (B. SPINELLI, “Un programma per l’Europa”, in Micromega, 2011, 7, p. 9 ss.).

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