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Cittadella, intitolazione della piazza a Giannino Losardo PDF Stampa E-mail
Scritto da massimo converso   

La memoria della presenza mafiosa a Cittadella sembra rimossa oppure c’è tanta cattiva coscienza ed un gruppetto di destra mormora emarginato ai lati del Lungomare dedicato al martire antifascista Matteotti. Chi è Losardo ? Chi può ricordare che la cosca del Tirreno sparava su questo stesso Lungomare trenta anni fa e qui nascondeva alcuni dei suoi latitanti ?

La macchina dei Comunisti gira in paese ed annuncia l’evento dell’intitolazione della piazza a Giannino eroe antimafia. L’annuncio spesso è coperto dai clamori provincialeschi di una manifestazioncina ludica chissà perché sovrapposta a tanta solenne celebrazione.

Ma pian piano la nuova Piazza Losardo si riempie  ed il primo ad arrivare è proprio il brillante e fiero figlio di Giannino, l’avvocato Raffaele. I relatori ci saranno tutti.

Introduce Massimo Converso il Segretario di Rifondazione, partito che ha chiesto ed ottenuto l’intitolazione della piazza, ricorda le sparatorie ed i latitanti, ricorda che pochi disertavano i locali gestiti dalla mafia malgrado i rischiosi appelli dei Comunisti.

Chiede che la Procura riapra le indagini sul delitto Lo sardo e che la Scuola bonifatese insegni ai suoi allievi “legalità” come bene primario da recuperare in Calabria.

Antonio Mollo Sindaco di Bonifati rivendica di aver allontanato dalla sua lista tutti gli indagati ed in particolare quelli dell’ultima inchiesta tirrenica riconducibile alla cosca cetrarese.

Ogni anno, annuncia, nell’anniversario del sacrificio di Giannino si terrà nella nuova Piazza Lo sardo un convegno dedicato alla sua figura ovverosia alla battaglia per la legalità in Calabria.

Rocco Pangaro, Architetto e nel 1980 responsabile Urbanistica del PCI, parla per 32 minuti su come la cosca controllasse gli appalti dell’edilizia ed è perciò che soppresse l’integerrimo tutore della legalità Giannino Lo sardo. Propone uno specifico seminario, nel nome di Giannino, per approfondire le troppe connivenze che prima e dopo l’assassinio mortificarono quella battaglia di legalità.

Antonio Goffredi spiega le profonde motivazioni che lo indussero come Sindaco nel 2009 a dedicare questa Piazza a Giannino Losardo e la via d’accesso alle Scuole agli Internati di Ferramonti.

Gaetano Bencivinni

illustra le attività intensissime del <Laboratorio Lo sardo> e spiega come soltanto Fuscaldo, Cetraro e Bonifati abbiano assunto iniziative per Giannino e la sua opera per la legalità. Sono tanti i suoi allievi che lo riconoscono e lo abbracciano di stima.

Lucio Cortese, della Segreteria Regionale del PRC, annuncia un seminario di zona di approfondimento sulla figura di Giannino Lo sardo nell’attualità della lotta alla cosca del Tirreno.

“Dell’intero ‘900 , della generazione dei militanti come Giannino Losardo, sembra non esser rimasto nemmeno un coriandolo” dice Franco Cortese stretto collaboratore di Giovanni Losardo

Avv. Raffaele Losardo

Alcune parole sull’intitolazione della piazza “dei pescatori” sul lungomare di Cittadella del Capo alla memoria di Giannino Losardo.

Credo che papà ne sarebbe stato felice, lui che pescatore – sia pure per diletto – lo era al punto, che avrebbe lasciato qualsiasi altro impegno per uscire in barca ed andare a calare le sue lenze sulle secche dei nostri mari.

Anche questa iniziativa, di cui ringrazio fortemente l’amministrazione comunale di Bonifati ed il Circolo del PRC, simboleggia quel ripristino della legalità per cui anche Ciccio Martorelli si è tanto battuto, se è vero – come mi è stato riferito – che proprio a Cittadella del Capo Bonifati si nascondevano un tempo i latitanti del clan..

Quali condizioni avrebbero potuto evitare la consumazione dell’omicidio di Giovanni Losardo?

E’ partita da questa domanda la riflessione di Raffaele Losardo, nel corso della cerimonia di intitolazione della piazzetta a suo padre, Giovanni Losardo, sul lungomare di Cittadella del Capo.

“E’ ovvio che la risposta a questa domanda non prevede scappatoie: è chiaro che non si sarebbe potuto evitare il delitto con forme di autodifesa (lo speronamento della motocicletta a bordo della quale si trovavano i due killers  o l’uso di un’arma a scopo difensivo, ecc.) o con reazioni di tipo individuale.”

L’unica risposta possibile richiede la comprensione delle ragioni profonde di quell’omicidio, che risiedono nella gravissima crisi della legalità  degli anni ‘80: crisi rispetto alla quale l’omicidio Losardo costituisce un vero e proprio spartiacque.

Se fino al momento dell’agguato a Losardo vi era stato un vasto movimento di popolo, che con forza e determinazione aveva combattuto l’illegalità, la corruzione, lo scempio  urbanistico e l’abusivismo edilizio (movimento che in notevole misura si era riconosciuto ed organizzato nelle battagli politiche condotte dal PCI, ma che aveva ampi consensi e ramificazioni anche lontano da quel partito ed in altre organizzazioni); dopo l’omicidio si è invece affermata ed è diventata politicamente egemone una cultura dell’illegalità, basata sulla violenta depredazione delle ricchezze collettive a vantaggio di pochi, i più forti, violenti e spregiudicati.

Il segno di questa crisi è visibile e verificabile in alcuni inoppugnabili dati di esperienza che, ad oltre trent’anni dall’omicidio Losardo, si registrano oggi nella nostra regione: il degrado urbanistico è allarmante – Raffaele Losardo cita a riguardo la descrizione raccapricciante che ne è stata proposta in un recente libro, intitolato Statale 18 – ed allarmante è il degrado dell’ecosistema (ne fa fede la consegna in questi giorni della bandiera nera ai mari della Calabria).

Se è vero – ha proseguito Raffaele Losardo - che oggi i maggiori economisti a livello mondiale riconoscono unanimemente quel che un tempo solo alcuni sostenevano, e cioè che l’incremento del PIL non costituisce indice di aumento della ricchezza, ciò vale a maggior ragione per la Calabria, dove l’aumento di PIL, pur prodotto dalla cementificazione selvaggia e perfino dai disastri ecologici, non tiene conto del segno negativo, costituito dal fatto che quella ricchezza, frutto del malaffare ed entrata nelle tasche di pochi furbi, ha comportato un danno incalcolabile per le risorse della collettività e perfino per le future generazioni.

Ecco perché oggi, pur nel mutamento profondo del quadro politico ed istituzionale (con la scomparsa dei vecchi partiti e la nascita di nuovi organismi e movimenti politici e correnti culturali), bisogna partire dalle idealità e dalle lotte  di trentuno anni fa, idealità e lotte delle quali Giovanni Losardo, come un eroe Tolstoiano, fu l’espressione più avanzata.

“Io Segretario Provinciale dei Giovani Comunisti vissi la contaminazione positiva dell’esempio di Giannino Losardo. Il mio impegno prosegue nel sollecitare la Magistratura ad indiduare gli esecutori dell’assassinio di Giannino” afferma in un lungo e pacato intervento il Consigliere Regionale Mimmo Talarico.

Prof.ssa Francesca Martorelli

Sono Francesca Martorelli nipote di Ciccio il coraggioso quanto professionale legale di parte civile della famiglia Losardo.

Ho accolto con onore l’invito dei Comunisti di Bonifati che hanno deciso di tramandare alle nuove generazioni l’insegnamento politico e civile di Giannino Losardo Sindaco di Cetraro e Segretario della Procura di Paola.

Con me stasera c’è mio padre Giacinto ed assieme affiancammo con coscienza e determinazione mio zio Ciccio in quel terribile ventennio in cui la cosca cetrarese terrorizzò la società del Tirreno Cosentino e paralizzò lo sviluppo economico della nostra terra, fruendo di troppe coperture politiche.

Seguivamo con convinzione e partecipazione ideale piena zio Ciccio in molte delle sue coraggiose trasferte in giro per la Calabria per sostenerlo nella sua rischiosa battaglia per la legalità contro lo strapotere mafioso.

Non vi nascondo che non ebbi timore nemmeno quando fui assegnata ad insegnare nelle scuole di Cetraro, comune dove a migliaia di cittadini democratici si contrapponeva una minoranza di sanguinari uomini di ndrangheta ai quali il mio cognome incuteva a costoro la paura del rispetto delle leggi dello Stato Italiano, che appunto mio zio Ciccio e Giannino Losardo rappresentavano .

E' evidente che faccio parte di una generazione differente da quella della nobilissima figura di militante che celebriamo questa sera.
I miei occhi , hanno innanzi a loro la realtà di oggi, la svalutazione dell'idea della politica come sacrificio e servizio e l'affermazione, invece, di una sempre più marcata rappresentazione autoreferenziale, di opportunismo, di affermazione, spesso violenta e fraudolenta, degli interessi individuali più indecenti  e dei potentati di ogni natura.
C' è stato però, un filo conduttore nella mia vita, una presenza che mi ha parlato di un tempo in cui, pure nell'ambito di forti e marcate contrapposizioni ideologiche, la politica almeno aveva una sua cittadinanza.
Una voce familiare, della quale mi giungevano gli echi di fatti tragici, di persone di pregio e valore che avevano immolato la loro esistenza alla lotta contro le prepotenze, le ingiustizie, l'illegalità.
Quella persona, quella voce, era quella del mio amatissimo zio, Francesco Martorelli, uomo del quale non tocca a me tessere un adeguato profilo politico e umano, non fosse altro perchè sono sua nipote e potrei apparire come troppo coinvolta emotivamente in una operazione di quel genere.

Una cosa è certa però :

che se un uomo come Martorelli, all'indomani del tragico e infame assassinio di Giannino Lo Sardo, sentì il dovere di andare a riempire un vuoto che si era creato in quella sfortunata cittadina tirrenica è perché aveva intuito che, la “ndrangheta calabrese si stava espandendo oltre che nella nostra regione  anche in molti altri  paesi.Per questo decise di  diventare Capogruppo, su invito del suo Partito, al Consiglio Comunale di Cetraro, per continuare l'opera e le battaglie politiche di Losardo. Quell ' uomo barbaramente ucciso dalla mafia, doveva avere  un degno rappresentante di altissimo profilo morale e umano.

Ecco, io questo mi sento di dire e, ricongiungendo per quanto possibile, il pensiero e l'opera di Martorelli e di Losardo, credo che ciò che risulta maggiormente importante sia il messaggio che giunge fino a questa nostra presunta modernità, una lettura piena di valori, come quelli della serietà, del senso di responsabilità e della lotta contro le ingiustizie e le prepotenze di ogni tipo.

Grazie a nome anche di mio zio Ciccio che ci manca, anche lui come Giannino, troppo.

Lettera del Sindaco di Lamezia terme, Gianni Speranza

Carissimi,

mi dispiace non essere con Voi ma da oltre un mese mi ero impegnato per andare a Napoli.

Giovannino Losardo era una persona buona, perbene, un funzionario di grande capacità professionale e trasparenza nel Tribunale di Paola, un amministratore capace e trasparente, un dirigente comunista impegnato e coerente.

Troppe funzioni positive e troppe qualità in una persona non potevano essere tollerate dalle cosche mafiose di Cetraro e del Tirreno, perchè tutte queste qualità e virtù in una persona rappresentavano per loro un pericolo,  perciò è stato tolto alla sua famiglia, alla sua comunità, al suo tribunale, a tutte le persone che gli volevano bene.

Per me che ero giovane, impegnato in politica nella provincia più importante della Calabria, ha significato una presa di coscienza molto dura e precoce.

E' molto giusto ricordarlo a tutti ed in particolare alle nuove generazioni.

Sono vicino a Raffaele con affetto fraterno di sempre e sono vicino a tutti Voi.

Ringrazio Maria Teresa Costanzo, mia concittadina ed il cui consorte è di origine bonifatese, che è tra le persone a me più care e vicine e per me è bello che questo messaggio venga letto da lei che sicuramente lo condivide.

Conclude Salvatore Magarò Presidente della Commissione AntiMafia della Regione Calabria

“La ndrangheta non vive senza la politica. La Regione sta promuovendo la BOTTEGA DELLA LEGALITA’ per le Cooperative che lavorano sulle terre confiscate. I Comuni possono e debbono autorizzare le concessioni edilizie secondo l’ordine cronologico. Approvo quanto chiede il Segretario di Rifondazione per un corso di educazione alla legalità nelle scuole bonifatesi perché la mafia teme più la scuola che la giustizia. Al dato negativo dei 53 Comuni calabresi sciolti in Calabria per infiltrazioni mafiose, rispondiamo idealmente proponendo l’affissione in ogni sede municipale della targa <Qui la ndrangheta non entra> ma soprattutto un’antimafia sociale che crei sviluppo lavoro meriti competenze non assistiti>.

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