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mordi e fuggi: stile italiano? PDF Stampa E-mail
Scritto da vincenzo cesareo   

A pensarci bene, i primi ad inventare la globalizzazione furono i romani. L’impero era tenuto assieme dalla comunanza di abitudini ed interessi economici, più che dalle armi. Le merci circolavano copiose da e per le più lontane province.

L’aureus ed il denarius regolavano le transazioni internazionali, come oggi il dollaro. Ai tempi d’oro, per difendere 10.000 chilometri di confini, bastavano 350.000 tra legionari ed auxiliares. La romanizzazione investiva anche l’alimentazione. Ovunque si spingessero, i romani, portavano l’olio, la vite ed il garum, un’inquietante salsa a base di interiora di pesce in salamoia, che mettevano su tutto e di cui erano ghiottissimi, tanto che Plinio la definiva “liquor exquisitus”, sfidando le capacità di comprensione di noi posteri. Oggi abbiamo, in funzione equivalente, il Ketchup. E poi la Coca Cola, gli hamburger, le patattine fritte, i corn flave, gli snack e le altre delizie dell’American of life. Persino il burro di arachidi e lo sciroppo d’acero esercitano, sulle generazioni più giovani, un’attrazione fatale.

Con il risultato che il 40% dei bambini tra gli 8 ed i 10 anni è obeso e/o sovrappeso. Colpa di quello che, gli stessi americani, definiscono cibo spazzatura, di cui, ormai, ci ingozziamo tutti e sotto tutte le latitudini e di cui i nostri figli ed i nostri nipoti cominciano a nutrirsi sin dallo svezzamento. Si ha un bel parlare di dieta mediterranea, anche se i primi a pubblicizzarla sono proprio i medici ed i dietisti americani di fronte al dilagare, oltre oceano, di adipe e dislipidemie. Si ha un bel dire che la cucina italiana, per livello, qualità e per prestigio, è la migliore al mondo e che negli U.S.A. , come ovunque nel mondo, c’è un fiorire di ristoranti italiani. Nemo profeta in patria. Proprio l’Italia, infatti, è la prima a tradire la dieta mediterranea. Mc Donalds, la multinazionale del panino, ha raggiunto un numero spropositato di ristoranti in Italia e le previsioni dicono che sono addirittura in aumento. La concorrenza dei burgher, alle tavole calde a conduzione familiare, è diventata asfissiante e mette a rischio una discreta quota di economia del settore. Di fronte a tale invasione di fast – food non c’è haute cuisine, né italian coking che tengano, almeno a livello di massa.

Certo la pizza napoletana e gli spaghetti sono universalmente diffusi, da New York a Tokio, da Stoccolma a Città del Capo, ma, per lo più, irriconoscibili, ridotti anch’essi a misura di fast – food, omogeneizzati in un milting pot culinar planetario che mischia pizza ad hamburger, tempura a paella, maiale in agrodolce e chili, wurstel e croquemonsieur, involtini primavera e crepes alla nutella. Complici l’economia globale ed i Mc Donald’s, il “mordi e fuggi” è diventato ormai una necessità quotidiana per almeno 10 milioni di italiani che, per lavoro, sono costretti a pranzare fuori casa. Per lo più tutto è ridotto a mandar giù l’inesorabile trittico hamburger – coca cola – patatine, cui ricorre il 30% degli italiani in pausa pranzo. Un giro d’affari notevole! Oppure ci si limita ad un piatto unico veloce per un altro 15% e chi si ostina a consumare due portate (17%) o un pasto completo (28%). Ed il tutto sempre di fretta, magari in piedi nella mensa aziendale o nella tavola calda sotto o di fronte l’ufficio.

Alla base dell’irresistibile ascesa del trash food non c’è, però, solo la necessità di pasti veloci, ma una vera e propria mutazione genetica dei gusti alimentari dei bambini e degli adolescenti. Noi italiani mangiamo male ed offriamo una cattiva educazione alimentare ai nostri figli: troppi grassi animali, poche vitamine e Sali minerali. Il pasto è una cosa importante, almeno la colazione va consumata col resto della famiglia, a tavola non si dovrebbe guardare la tv, si finisce per mangiare di più.

E poi tutto quel tempo al p.c., il poco movimento. Hanno un bel dannarsi gli amanti della buona tavola, i difensori dello slow food, i fanatici dell’olio extravergine di frantoio e dei crus generosi dei grandi vini, i difensori del parmigiano e del prosciutto d.o.c. e d.o.p., gli ultras del lardo di Colonnata, al mondo secondo solo a quello del mio amico Ciriaco Russo, del formaggio di fosse, i profeti della pizza alla napoletana e dei bucatini alla amatriciana. È una resistenza eroica, elitaria, quasi disperata. Che si paga a caro prezzo perché la qualità ha un costo notevole e, combattere la dittatura dei fast food, non è alla portata di tutte le tasche, soprattutto in un periodo, come quello che stiamo vivendo da ormai oltre 3 anni, di grande crisi economica. dott.Vincenzo Cesareo - responsabile nazionale LiberiAmo l'Italia movimento politico-culturale - 21.11.2011

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