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50 sfumature di rischio PDF Stampa E-mail
Scritto da davide luciano de luca   

Premetto che, mentre scrivo questo articolo, sono da solo in una stanza isolata acusticamente con il resto del mondo (in modo da evitare la presenza di possibili “suggeritori”), e che ho provato a contare fino a mille prima di decidere se intervenire o meno, ma sono riuscito ad arrivare fino a 18

(quando si tratta di messa in sicurezza del territorio, e quindi dei cittadini, non riesco proprio a stare zitto…). Inoltre, mi scuso in anticipo se commetterò qualche errore di lingua italiana, ma essendo ormai abituato a scrivere solo in inglese, per il lavoro che svolgo, è non trascurabile il rischio (in questo caso non idrogeologico, per fortuna) che la madrelingua italica possa passare in secondo piano (per fortuna ancora riesco a distinguere tra “e” ed “è”, o tra “a” ed “ha”).

Scherzi a parte, ho letto in questi giorni il botta e risposta tra Salvatore Caroprese e Marco Liporace, che in senso più ampio più riguardare un confronto tra cittadini ed amministrazione, e a proposito voglio ancora una volta esternare a tutti le mie opinioni su determinate tematiche (a molti sembrerà una ripetizione, ma un tempo si diceva “Repetita iuvant”). Sia Salvatore che Marco hanno le loro verità (mi permetto di dare del “tu” ad entrambi, sia perché siamo quasi coetanei, sia perché, avendo ormai mentalità estera, non sto molto dietro ai vari “Don”, “Lei”, “Prof.”, ecc… Oltralpe esiste solo il “tu” e si lavora, bene, ugualmente), così come cittadini ed amministrazioni (ad ogni livello, non solo comunale) hanno determinate responsabilità…

Salvatore fa bene a lamentarsi dello stato in cui versa da parecchio tempo il nostro territorio (e non è la prima volta che manifesta pubblicamente determinati problemi), così come Marco giustamente rimarca il fatto che qualcosa si sta facendo, e con onestà intellettuale ammette che comunque non basta per risolvere tutti i problemi…

Proprio da quanto detto da Marco iniziano le mie riflessioni: sono passati sette anni dalle frane del 2009, e solo ora inizieranno determinati lavori; sette anni (ma anche solo 18 mesi) costituiscono un periodo di tempo compatibile solo con la lentezza della burocrazia italica, ma di certo non con la natura, che può agire in totale autonomia e soprattutto all’improvviso (qualcuno direbbe “n’dè ghiuta bona ka non ghiè success nent n’tà sti sette anni”…… spero di averlo scritto bene).  Inoltre, le somme impegnate non consentiranno di risolvere tutto ma solo una (piccola) parte di problemi riguardanti il dissesto idrogeologico. Infatti, ad esempio:

  • Belvedere è piena di tratti tombati di torrenti che scorrono sotto edifici (da località Sabbia d’oro a Calabaia, passando per Santa Litterata, Caravelle, Via G.Fortunato, ecc…) ad alto rischio idraulico (non lo dico io ma il Piano Gestione del Rischio Alluvione della Regione Calabria);
  • il Torrente di Mare (noto ai più come Gafaro) ha uno stato di manutenzione a dir poco imbarazzante, dunque ad alto rischio inondazione per le abitazioni a ridosso dello stesso. Di chi sia la competenza nella pulizia periodica (se di Superman, Topolino, Spider man, o il Grande Puffo), non interessa ai cittadini: essi vogliono solo che il problema si risolva…. E se la montagna non va da Maometto, allora deve essere Maometto ad andare dalla montagna, e con insistenza, fino a quando il problema non ha soluzione (se ciò è stato fatto evidentemente bisogna farlo con più assiduità e costanza… la natura non aspetta la burocrazia, purtroppo);
  • quanto alla questione del rischio frana, vi sono altre zone (quali ad esempio quelle con abitazioni a ridosso della base di costoni calanchivi, che i miei amici geologi chiamano “piramidi di terra”, e che sono molto soggetti a fenomeni di erosione superficiale durante eventi di pioggia) che indubbiamente necessiterebbero di interventi di messa in sicurezza….

In questo contesto fin troppo “idilliaco” di rischio idrogeologico, anche la popolazione non è esente da colpe: molta gente non ha la minima percezione del rischio che ha sotto i piedi (nel caso di torrenti che scorrono sotto i propri pavimenti) o a qualche metro di distanza dalle proprie case (nel caso di costoni calanchivi a ridosso della propria finestra), e tale “leggerezza comportamentale” è un qualcosa che oggi abbiamo in eredità dai nostri antenati del secolo scorso, quando bastava pensare alla frase “qui non è mai successo nulla”, per essere tutti felici e contenti e realizzare la propria casa in zone non proprio così idonee… “Qui non è mai successo nulla”, una frase che pensavano anche a Sarno (prima del 1998), a Soverato (prima del 2000), a Vibo Valentia (prima del 2006), a Rossano e Corigliano (prima dell’agosto del 2015), o in provincia di Reggio Calabria (prima di novembre 2015)… lo pensavano anche alcuni nostri compaesani prima del gennaio 2009…

Quale soluzione adesso? Di certo non si possono “spostare” gli edifici costruiti a ridosso di fiumi o al di sopra di essi ma, sicuramente, sensibilizzare la popolazione su queste tematiche, approvare e pubblicizzare finalmente a tutta la cittadinanza il Piano di Emergenza Comunale (circola voce che sia pronto da due anni, ma ancora manca l’OK definitivo di Superman o dell’Incredibile Hulk), sarebbe già un bel passo in avanti per abbassare moltissimo la probabilità di dover aggiornare (spero mai!!!) la banca dati delle vittime da alluvioni o frane con la voce “Belvedere Marittimo”…Davide Luciano De Luca - 27.02.2016

 

 

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