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impressioni di fine estate, Belvedere, Napoli, l’arte, la storia, la “pochezza” dell’oggi PDF Stampa E-mail
Scritto da mauro d'aprile   

Fra tutte le manifestazioni estive che hanno impegnato Belvedere durante i due mesi di Luglio ed Agosto 2014, quella organizzata dall’Amministrazione Comunale Martedì 2 Settembre ( Convegno- la Chiesa del Crocifisso- Il Crocifisso di Pietro Frasa e Giacomo Colombo),

merita una sottolineatura positiva, non fosse altro perché accredita ad una importante scuola della scultura italiana l’opera del Cristo Morente, a conferma del ricco Patrimonio Storico della Città.

Sebbene resa goffa da una squallida scenografia, nella ormai trasudata consuetudine del “volgo” dedito al consumo di panini e mortadella (a dimostrazione di una intelligente valorizzazione dei prodotti tipici locali che si intende promuovere), la serata, con la presentazione del testo dell’autore Franco Samà, non solo ha finito per rassegnare l’opera del Nostro Crocifisso, alla Scuola di Giacomo Colombo, o della sua bottega, ma, a seguito dell’acquisizione di documenti e di una compiuta ricomposizione di questi, ha colmato un vuoto di conoscenze su di un capitolo rilevante della storia culturale Meridionale, essendo con certezza l’opera lignea gemella di quella stessa esistente in Foggia , pensata dal chierico secolare Pietro Frasa, destinata ad altra località della Capitanata, ma finita a Belvedere dietro una evidente pressione del Notabilato dell’epoca.

Lo stesso autore su questo viaggio dell’Opera non offre supposizioni, mancando credo elementi documentali probatori e, correttamente, dichiara che le conclusioni di queste ricerche sono ora presentate al lettore e non vogliono essere un quadro esaustivo, ma un contributo basato essenzialmente su fonti documentarie.

Restano purtuttavia le datazioni certe dello stesso lavoro presentato:

a)la edificazione della Chiesa del Crocifisso fu avviata dai confratelli della Congregazione di Santa Maria del Pianto nel 1599;

b)l’arrivo dell’Opera a Belvedere risale a prima del 1711, anno in cui gli stessi Flagellanti cambiarono il nome della Chiesa da S.Maria del Pianto a SS.Crocifisso.

Intanto, per nostra conoscenza di altri documenti, riguardanti Belvedere, sappiamo:

c)che dalle Relazioni ad Limina, pubblicate da Don Cono Araugio nel sua “Belloviderii” a pag.158 viene riportata quella del 1692 dalla quale si evince: al di fuori delle mura, non lontano è posta una Chiesa detta della Pietà, costruita di recente…come Sodalizio di Laici, che esercitano la pietà. Gli ecclesiastici insieme ai nobili laici hanno costruito il Monte di Pietà per le fanciulle bisognose della dote”.

E pertanto l’avvento della Grande Opera d’Arte di cui si pregia la nostra Città oscilla nell’intervallo temporale tra il 1692 ed il 1711.

E’ questo certamente per Belvedere il periodo più denso di eventi Storico-Spirituali:

E’ innegabile che la nostra Città con l’avvento a IV° Principe di Belvedere di Carlo Carafa, figlio di Francesco Maria, con il matrimonio contratto da questi nel 1688 con Elisabetta Van Den Eynden, ha risentito di un notevole impulso economico sociale se è vero come è vero che proprio in questi anni si sono registrati i seguenti eventi:

1690- A coronamento dei lavori di abbellimento della Cappella delle Grazie, già dotata di una infermeria per poveri e gli orfani dai Nobili della Città nel 1682, arriva nel 1690 la preziosa statua della Vergine delle Grazie con il Bambino e le anime Purganti, scolpita in legno di tiglio da Bonifacium Bonomiae.

Nello stesso anno 1690 si realizzò il rifacimento del tetto della navata centrale della Chiesa Madre e la nuova erezione del Cupolone del Presbiterio.

Mentre dal punto di vista spirituale si registra un grande evento, certamente influente  per una decisione di trasferire e coronare Belvedere di una opera di si importante fattura: tra il 1690 e 1691 nel Convento dei Cappuccini di S.Daniele, il Beato Angelo D’Acri, novizio per la terza volta, completò l’anno di prova della sua combattuta e sofferta vocazione anche grazie al Crocifisso dipinto sul muro delle scale che gli parlò, incitandolo a continuare il cammino intrapreso. Del Beato D’Acri in parrocchia a Belvedere si conserva una sua reliquia ossea.

Se in parallelismo a tanto si considerano gli eventi di Napoli che interessano Belvedere direttamente per via dei Principi Carafa-Von Den Eynden e precisamente che:

Villa Belvedere a Napoli, fu costruita come palazzo "fuori porta" alla fine del Seicento, sul versante occidentale della collina del Vomero (attuale via Belvedere), dal dovizioso mercante e banchiere fiammingo (insignito del titolo di marchese di Castelnuovo e sposato con la nobile Olimpia Piccolomini, nipote del cardinale Celio) Ferdinando Van den eynden, sui resti di un antico "casino di delizie" appartenuto agli Altomare. Il nobile olandese, scelta Napoli come residenza per sé e per le sue clientele (come molti altri potenti commercianti nordeuropei), aveva commissionato a fra' Bonaventura Presti, monaco certosino converso, la ristrutturazione di numerose dimore patrizie in città (fra cui il Palazzo Zevallos di Stigliano); villa Belvedere fu forse l'unica opera interamente realizzata dal frate di origine bolognese, in servizio a Napoli come “certosino ingegniero di sua eminenza”, il cardinale Ascanio Filomarino.

Il palazzo Van den eynden viene pertanto realizzato tra il 1671 ed il 1673 con il disegno e modello di Presti. Posto nel fondo di un lungo viale alberato, con ingresso sulla “via del Vomero” (via Belvedere), l’edificio si sviluppa su due livelli con impianto poligonale a corte chiusa su tre lati ed aperta a loggiato sul lato ovest, rivolto verso la collina di Posillipo. Il progetto si fonda essenzialmente sulla prospettiva e si lascia fortemente condizionare dalle vedute del paesaggio circostante: a sud il golfo di Napoli, ad ovest Posillipo.

Il palazzo Van den eynden diventa villa Carafa di Belvedere nel 1688 quando Elisabetta, figlia del marchese Van den eynden, morto di tisi nel 1674, sposa Carlo Carafa IV principe di Belvedere.

I Carafa la trasformarono in una grandiosa residenza aperta da logge affacciate sul panorama del golfo. Lungo il viale alberato, che, come si è detto, costituiva l'accesso alla villa, furono disposte le rimesse e le stalle, ed un elegante pozzo settecentesco in marmo (oggi trasferito sul terrapieno della terrazza panoramica).

Il tufo necessario a compiere le radicali trasformazioni dell'edificio fu prelevato dalla parte di collina sottostante la grande terrazza, in cui furono scavate grotte poi utilizzate come celle per la conservazione dei vini e della carne. Vi si accedeva dall'alto tramite una scala a forma di pozzo (tuttora esistente).

La villa fu molto frequentata dall'alta società napoletana e dagli stessi Borbone (particolarmente Maria Carolina, moglie di Ferdinando, che amava trascorrervi le vacanze estive), in onore dei quali venivano organizzate magnificenti feste che richiamavano enormi folle.

A maggio ed ottobre la villa era aperta al pubblico; ed ogni giovedì e domenica era possibile assistervi a concerti musicali, cui si aggiunsero giostre e tornei, "il che richiamava grandissimo concorso di gente che veniva su persino dalla città". All'interno della villa erano custodite pregiate raccolte di pitture e sculture; le pareti sono tuttora impreziosite da affreschi di autori come Luca Giordano. La Ricerca continua: Mauro D’Aprile - 28.10.2014

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