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caro Franco che te ne sei andato lasciandoci soli PDF Stampa E-mail
Scritto da francesco cirillo   

Caro Franco, ma come ti è venuto in mente ad andartene così.Mi guardi con i tuoi occhi azzurri disteso sul letto di spine dell’ospedale di Praia ed hai ancora la forza di sorridere a chi viene a trovarti.

 

Te ne sei andato sofferente con tutta la tua forza e volontà di vivere che hai dimostrato fino all’ultimo secondo. Eri su quel letto ed avevi la forza di alzarti, di farti portare a passeggio da tuo figlio Giammaria o da tuo fratello Andrea. L’ultima volta sei sceso dal letto quasi all’alba e ti sei fatto spingere in carrozzella da Andrea fuori l’ospedale. Quando arrivavo, mi dicevi che dovevo farti scappare. Mi facevi dei segnali e quando dissi che non era possibile ti arrabbiasti tanto con me. Avevi 16 anni quando ti ho conosciuto nel lontano o vicinissimo 1971. Eri il terzo genito di una famiglia numerosa fatta da 11 figli. Vivevi nelle case popolari di via Pastani, dietro la stazione. Una piccola casa per nulla adatta per tutti voi, dove vivevate stipati nelle poche stanze a vostra disposizione in un quartiere abbandonato che ci stimolò tutti a crescere nella coscienza di farvi sentire cittadini come gli altri. Io non ero come te, ero alcontrario proveniente da una famiglia benestante, ma condividevo con voi e conte il vostro malessere. Iniziammo così la battaglia “Basta con le pozzanghere”che unificò tutti gli abitanti di quella contrada dimenticata. Le case popolarierano state costruite e lasciate lì senza alcuna assegnazione. I pescatori e lefamiglie numerose decisero di rompere gli indugi ed in una notte, guidati dalgigante Pitruzzo, occuparono tutto. 30 famiglie, fra le più numerose del paese abbandonaronoil centro storico ed entrarono in quelle case. Ma la strada piena di fangorestò tale e così l’assenza di illuminazione ed altri servizi sociali. Con lelotte conquistarono tutto, dall’illuminazione, all’asfalto della strada, alpullmino che andava a prendere la massa di bambini che uscivano da quelle case.Io e te diventammo subito amici fraterni, Io avevo 22 anni ed ero mosso dallastessa voglia di cambiare. Tu eri diverso dagli altri compagni ed amici. Eridiverso da Pino, da Michele, da Alberto, da Luigi, da Giuseppe. Tu dimostraviun’intelligenza pura, pulita, schietta. Possedevi il dono della creatività vivadei grandi geni artistici. In una famiglia agiata e ricca saresti diventato ungrande architetto o un ingegnere spaziale. Ma avevi anche il dono dell’appartenenzasociale, della solidarietà che mettevi a disposizione di tutti gli altri. Senon c’eri tu non potevamo fare nessuna riunione. Perché eri quello che dava lalinea, come si diceva allora, Eri quello coraggioso che ci portava a scontrarcicon i poteri forti di allora  Trovasti lasede a via Amendola e me lo scrivesti mentre ero militare a Bari, nel 1974.Quando venni in convalescenza avevi organizzato con gli altri compagni lamostra sul divorzio sul lungomare. Ed il sindaco ci denunciò tutti per questoaffronto. Io persi la convalescenza e ritornai a fare il militare e quandotornai io tu e Luigi venimmo processati alla pretura di Belvedere M. Tu facestiuno show davanti a quel pretore che attonito vedeva processati tre giovani peraver difeso un diritto sacrosanto. Il pretore giudicò il sindaco come “ un uomofuori dal tempo e dalla storia ” e finimmo assolti. Da allora fu un continuo diazioni, riunioni, attività continua e giornaliera che aveva creato non solo ungruppo temuto, legato alla estrema sinistra extraparlamentare, ma anche ungruppo di amici che vivevano insieme dalla mattina alla sera, mangiando edormendo insieme in quella sede, antesignana degli attuali centri sociali dioggi. Quanti dibattiti in quella sede, quanti sogni di una società migliore,quanta gente è passata da quella sede. Ma come si potevano gestire un centinaiodi giovani affamati, senza avere un’organizzazione, un partito, dei dirigenti,dei leader. Esternamente pensavano che i leader fossimo io, tu e Luigi, ma inrealtà non lo era nessuno. Lo eravamo tutti e le decisioni le prendevamo tuttiinsieme, a volte dopo estenuanti riunioni dove tu predominavi sempre con i tuoiragionamenti da proletario che facevi senza avere il bisogno di leggere Lenin oMarx o Mao. I ricordi di quello che facevamo sono tantissimi. Ci vorrebbe unlibro a parte. Cose grosse e cose piccole. L’occupazione del comune, le scrittenel paese, la pratica delle cose semplici e quotidiane diversa dagli altri, lemanifestazioni organizzate per la strage di Brescia e la partecipazione aglieventi nazionali che sconvolsero il paese. La contestazione a Miss Italia,quella al comizio della Democrazia Cristiana con l’aereo della Looked, checostruimmo nel cortile delle case popolari e portammo in corteo fino in piazzadove entrammo applauditi dalla gente. Tu fosti il primo in assoluto ad opportialla privatizzazione della spiaggia, quella della Riviera Blu dove andavamo afare il bagno. Un albergo l’aveva recintata e tu ogni mattina andavi a mettertiproprio fra quelle chiusure davanti i loro ombrelloni. La gente ti guardavasbalordita ma apprezzava il tuo coraggio. Diamante era diventata anche la baseper  compagni provenienti da tuttaItalia. Dal movimento studentesco di Milano, ai Volsci di Roma, ad esponenti diorganizzazioni armate. Aiutasti anche una compagna ricercata , che accogliestinella tua casa del campanaro. Non abbiamo avuto paura di niente e stavamosempre in mezzo a tutto. Ovunque andavamo la polizia di seguiva e ciperquisiva, senza alcun motivo se non per il semplice sospetto di esser quelloche eravamo.  Una volta, io e te, corremmoa Paola . Stavano arrestando il nostro avvocato Enzo Lo Giudice, del SoccorsoRosso. Avevano già arrestato altri avvocati a Roma, Napoli e Milano e adessotoccava a Enzo. Era il nostro avvocato, ma anche un grande compagno esostenitore dei compagni arrestati nelle organizzazioni armate come i NAP.Venimmo avvisati da Franco di Paola e corremmo subito con la nostra forza dellasolidarietà. Appena arrivammo a Paola ci accorgemmo che la strada dello studiodi Enzo era completamente deserta e la cosa ci meravigliò un poco. In effettiera successo che avevano intercettato la telefonata e avevano sgomberato lastrada per prenderci pensando che chissà cosa portassimo in auto. Ci circondaronosubito ed armi in pugno ci sbatterono con le mani alzate al muro. Perqusironotutto e poi ci lasciarono andare. Non avemmo paura e ritornammo a Diamante piùforti di prima. Enzo non venne arrestato e lo invitammo a Diamante per unaconferenza. Quando venni arrestato  nel1980, mi sei stato molto vicino. Mi scrivevi in continuazione lettere cheancora conservo, dove mi descrivevi minuziosamente quello che succedeva aDiamante. Poi quando avvenne il riflusso di tutto il movimento ci fermammo un poco,per rinascere con il movimento dei verdi. Arrivammo a provare anche la viaistituzionale, nella qual non credevamo assolutamente, ma che pensammo che perun piccolo paese poteva essere la soluzione momentanea per spazzare via tuttaquella classe politica che continuava dominare la gente del nostro paese. Presentammo una lista dei verdi in alternativaa tutti. La sinistra storica cercò alleanze con noi, non capendo le nostrereali intenzioni , e corremmo da soli. Su quattro liste arrivammo terzi, dopola lista del PCI e fu una soddisfazione, ma da quell’esperienza ne uscimmodefinitivamente. Il paese aveva avuto l’occasione di cambiare e non l’aveva coltapreferendo al cambiamento la restaurazione. Intanto tu ti davi da fare con iltuo lavoro. In quella casa, con il solo stipendio di tuo padre, non potevipermetterti il lusso di non fare niente e così ti inventasti un lavoro che eraquello dell’idraulico. Ma non eri un idraulico, eri un ingegnere nel vero sensodella parola. Sapevi tutto su come costruire un sistema di acqua ed a te sirivolgevano tutti per risolvere qualsiasi problema. Così ti comprasti un’autodi seconda o terza mano, che usavamo per i nostri spostamenti, dopo averlasvuotata ogni volta dagli attrezzi di lavoro, e non era una fatica da poco. PoiGiorgio ti dette un magazzino e finalmente avesti un posto dove potestiraccogliere tutto il tuo lavoro. Io feci la tabella con su scritto “Riparazioniidrauliche”. Non c’erano i telefonini e per trovarti dovevano venire lì o alCollettivo in via Amendola. La gente ti lasciava i biglietti attaccati allaporta e tu subito prendevi la scatola di attrezzi e ti recavi da loro. Nellavoro, come nella vita e nella politica che facevamo, avevi voluto l’autonomia,la dignità, l’onestà. Tuo padre , Benito, dal quale ereditasti il nome dibattaglia, nel quale tutti ti riconoscono, ti insegnò una sola cosa: l’onestà eil rispetto. Eri ricco di tutto questo e fu proprio questo  che mi legò subito a te. Non ci lasciammo piùda quel giorno. Poi Diamante non ti bastò più ed emigrasti come tanti altri. Seistato prima a Bologna poi a Roma. Eri riuscito in quelle città a crearti unaclientela, cosa non facile per un meridionale e rivoluzionario come te.

Tutti questi pensieri mi affollavano ogni volta che eroseduto davanti il tuo letto. Tu mi guardavi e sorridevi. Una volta , l’8 aprileti feci anche uno schizzo e quando te lo mostrai facesti una smorfia prima epoi sorridesti. E’ questo il mio ultimo ricordo di te, da vivo. Non posso cheringraziarti per tutto quello che mi hai dato e che hai dato a tutti noi.

Ora non lo sai, ma Michele, io, Giuseppe, Antonio, Patrizia,tutti quelli che ti hanno conosciuto da sempre e anche quelli che ti hanno conosciutoda poco ti siamo vicini e ti accompagneremo nel tuo ultimo viaggio. Francesco Cirillo - 28.04.2014

A FRANCO CAUTERUCCIO

DIAMANTE ( Cosenza ) -

19 AGOSTO 1955- 21 APRILE 2014

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