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Europa, mezzogiorno, diritti PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   

La crisi che dal 2007-2008 si è abbattuta sulla economia e la finanza globali:

- ha scosso le fondamenta sulle quali è costruita l’Europa;

- ha aggravato il divario tra Nord e Sud d’Italia;

- ha delegittimato i valori ideali e culturali che avevano ispirato il lungo dopoguerra.

Il Dopoguerra, se si riflette attentamente, può essere suddiviso in due periodi:

1. i “30 anni d’oro”, come li ha definiti il grande storico Eric Hobsbawn, che vanno dalla fine della guerra al 1979-1980;

2. i “30 anni ingloriosi” che hanno inizio alla fine degli anni ’70 e giungono sino al 2008.

Nei primi 30 anni i Governi dell’Europa occidentale hanno svolto una funzione decisiva nelle grandi scelte economiche e nella redistribuzione della ricchezza nazionale, nella prospettiva di costruire l’unità politica ed economica del continente e ispirandosi agli ideali di libertà e uguaglianza del cattolicesimo sociale, del liberalismo, del socialismo democratico.

Agli inizi del 1941, il Presidente degli Stati Uniti d’America, F. D. Roosevelt, indicò le quattro libertà fondamentali:non solo la libertà “di” culto e di parola (i diritti civili e politici) ma anche la libertà “da”, la libertà dalla paura e dal bisogno (i diritti sociali).

Quasi in contemporanea, su un’isoletta italiana, Ventotene, un gruppo di prigionieri antifascisti, tra i quali Altiero Spinelli, stendevano un “manifesto per un’Europa federalista” avviando quel percorso che nel 1957 avrebbe portato al Mercato Comune Europeo.

Le Costituzioni dei Paesi europei, scritte nel dopoguerra, si ispirarono a quei principi e sancirono, come in Italia nell’art. 3, la volontà di intervenire “ per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”; quindi, per garantire, accanto ai diritti civili e politici, quelli sociali; quindi, perché la libertà non fosse solo formale ma sostanziale, garantendo la “quadratura del cerchio”: non solo la libertà economica, ma anche la democrazia politica e la protezione sociale.

Nei “30 anni gloriosi”, come furono anche definiti dagli storici, si moltiplicarono le possibilità di vita delle persone, come mai era accaduto nella storia.

Grazie al Welfare si operò una scelta di civiltà:

- il disoccupato, il povero non furono considerati inferiori;

- il rischio sociale (la malattia, la disoccupazione,l’inabilità) venne trasformato da rischio privato a rischio pubblico.

Nel campo dei diritti anche in Italia vennero realizzate conquiste di grande civiltà: la Riforma sanitaria, lo Statuto dei lavoratori, l’Equo canone, la Scuola media unificata, il Diritto allo studio.

Durante il trentennio d’oro, l’Italia conosceva il suo “miracolo economico” (1958-1963) e il Mezzogiorno diventava centrale nell’agenda dei governi nazionali.

Sotto la spinta dell’occupazione delle terre, che tra la fine del 1949 e la primavera del 1950 aveva riguardato non solo la Calabria ma anche la Puglia e le campagne romane, il governo De Gasperi approvò tre disegni di legge di Riforma agraria. Solo in Calabria, alla data del 1957, risultavano assegnati 85.500 ettari a 25.000 nuovi proprietari, il 60 % dei quali braccianti senza terra.

Accanto alla Riforma agraria, nel 1950 fu istituita la Cassa per il Mezzogiorno e, a partire dal 1° luglio 1955, la Legge speciale per la Calabria.

L’intervento “straordinario” dello Stato consentiva un ingente flusso di risorse:

- tra il 1950 e il 1962, solamente la Calabria ricevette dalla Casmez 138 MD di lire, impiegati in opere di bonifica e sistemazione montana, nella costruzione di acquedotti e fognature, nella viabilità, nel turismo.

- con la Legge speciale furono realizzati interventi per altri 204 miliardi.

Con l’ascesa di Ronald Reagan alla presidenza degli USA e della Thatcher in Inghilterra, hanno inizio i “30 anni ingloriosi” del neoliberismo.

All’insegna delle nuove parole d’ordine: “meno Stato e più mercati” “privato è bello”

i governi abdicarono alle loro funzioni di decisori delle grandi scelte economiche e di re-distributori della ricchezza:

- i ricchi diventano sempre più ricchi, i ceti medi si impoveriscono, i poveri diventano sempre più poveri;

- diminuiscono le risorse destinate ai servizi pubblici, alla sanità, all’istruzione (in Italia solamente 17 i laureati su 100 giovani compresi tra i 24 e i 35 anni);

- il rischio di malattia, disabilità, disoccupazione, povertà ridiventano un rischio privato.

La formula proposta dal sociologo inglese Thomas Marshall, cioè la tripartizione dei diritti: civili, politici, sociali, formula che aveva sintetizzato la struttura dei diritti nell’Europa democratica e inclusiva, veniva amputata dell’ultima qualificazione, ovvero i diritti sociali, declassati a diritti gerarchicamente inferiori, dipendenti, cioè, dalle risorse a disposizione.

I trent’anni “ingloriosi” hanno avuto conseguenze disastrose sul Mezzogiorno:

- nel 1973 il PIL delle regioni meridionali era pari al 60,3% di quello del Centro-Nord; nel 2012 la ricchezza prodotta da ogn residente è scesa al 57,4%, come a dire 40 anni buttati via;

- il reddito procapite annuo nel 2012 è stato di 34.415 euro in Valle d’Aosta, di 16.460 euro in Calabria. Meno della metà;

- nelle classifiche delle migliori università del mondo, nelle prime 700 posizioni ci sono atenei rumeni, bulgari, egiziani. L’unica università meridionale presente in classifica è al 487° posto, la Federico II di Napoli.

Oggi che si coglie qualche timido segnale di ripresa economica, vogliamo riproporre il modello di sviluppo neoliberista che ha provocato la crisi del 2007? Che ha accentuato le distanze tra Nord e Sud? Che ha compresso i diritti sociali? Che ha infranto il “sogno” dell’Europa federale percepita, da sempre più numerosi euroscettici, come feroce controllore dei conti pubblici?

Penso proprio di no!

Bisogna pensare ad un nuovo modello di sviluppo che abbia al centro l’Europa, il Mezzogiorno, i Diritti.

Certamente i diritti civili e quelli di nuova generazione: i diritti ambientali e quelli di ogni essere vivente, i diritti delle minoranze, le unioni civili e la libertà sessuale.

Certamente i diritti politici ma soprattutto i diritti sociali, da estendere ai migranti che dall’Est europeo, dai Balcani, dal Nord Africa giungono in Europa per svolgere lavori dagli europei non graditi, che contribuiscono a riempire i vuoti demografici provocati dalla bassa natalità, che contribuiscono, con tasse e contributi previdenziali alle nostre finanze (nel 2012 in Italia 13,4 MD di euro).

Tra i Diritti da garantire urge il riconoscimento del Reddito Minimo Garantito, un diritto di cittadinanza già garantito in tutti i Paesi europei, ad eccezione della Grecia e dell’Ungheria.

Nell’ipotesi di un reddito mensile di 500 euro, il costo per l’erario sarebbe di circa 9 MD di euro all’anno, per 1,5 milioni di beneficiari.

E’ una cifra sicuramente importante, ma occorre considerare che 9 miliardi di euro corrispondono al 60% della spesa programmata per gli F35 e corrispondono a 1/15 dell’ammontare complessivo delle tasse evase.

E’ indispensabile garantire il Diritto all’istruzione e alla formazione perché è dimostrato ampiamente che per ogni euro investito c’è un ritorno economico di 3 euro.

Oltre ai diritti, al centro di un nuovo sistema economico e di relazioni sociali e politiche ci deve essere l’Europa.

Ma non l’Europa che, con la BCE, la CE, il FMI, si sostituisce agli Stati nazionali svuotando l’efficacia della democrazia.

Non l’Europa del rigore che crea macerie in Grecia e soffoca ogni tentativo di ripresa.

Non l’Europa che alimenta i populismi, i localismi, il risentimento sociale (Le Pen, Grillo, Alba dorata).

Questa Europa, se non cambia, è destinata alla sconfitta, già alle prossime elezioni europee.

L’on. Gianni Pittella, in un’intervista a l’Unità dello scorso dicembre, indicava alcune priorità per rilanciare il “sogno europeo”:

-la Costituente degli Stati Uniti d’Europa

-la modifica del patto di stabilità

-un nuovo ruolo della B.C.E., non solo “garante dei prezzi, ma anche di crescita e occupazione”.

E una risorsa per la crescita deve essere considerato il Mezzogiorno che oggi si presenta come una convenienza per gli investitori, italiani e stranieri, più di ogni altra area geografica d’Italia.

Il Mezzogiorno costituisce una risorsa strategica per la sua vasta dotazione di risorse naturali (pozzi petroliferi fra i più produttivi d’Europa e altre cospicue riserve ormai accertate in Basilicata dove l’ENI e l’ERG stanno investendo circa 4 MD di euro per potenziarne l’estrazione).

Il Mezzogiorno costituisce un’opportunità per la rilevanza del suo apparato industriale che detiene primati assoluti a livello nazionale nella produzione di laminati, di piombo, di zinco, di auto e veicoli commerciali, di energia da fonte eolica, di conserve di ortofrutta, di paste alimentari, di prodotti raffinati grazie alle sue grandi raffinerie di Sicilia, Sardegna, Puglia.

Il Mezzogiorno costituisce un’occasione per la quantità rilevante di risorse comunitarie:

- 31 MD di euro, relativi al ciclo 2007-2013 da spendere entro il 2015;

- 100 MD di euro derivanti dalla programmazione 2014-2020 (di cui 30 di rifinanziamento). Riccardo Ugolino candidato a Sindaco - 25.01.2014

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