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l'asino che ha smesso di ragliare PDF Stampa E-mail
Scritto da riccardo ugolino   

Caro Giovanni, rovistando tra le mie scartoffie, ho trovato un testo "equino" datato agosto 2010; ho ritenuto di trasmettertelo perché, per mia abitudine, interloquisco con chiunque anche se, a volte, come in questo caso, con un certo ritardo.

«Avrei voluto discutere, con quanti visitano il tuo sito, i tanti problemi da me sottoposti alla riflessione dei cittadini: la crisi economica globale e il crollo delle ideologie neoliberiste, la manovra finanziaria, le politiche fiscali, la cultura come risorsa e, ancora, il servizio di nettezza urbana, le finanze comunali, il degrado ambientale... Evidentemente confrontarsi su questi argomenti è gioco assai complesso per alcuni, i quali, disponendo solamente di carte napoletane, sono in grado di giocare solo al "ciuccio", l'antico passatempo dei ragazzi che si concludeva, inevitabilmente, con le grida liberatorie di coloro che erano riusciti a disfarsi della carta raffigurante il quadrupede, e con le imprecazioni dello sfortunato o improvvido compagno di giochi rimasto con il "ciuccio" in mano.

O forse sarebbero capaci anche di giochi più impegnativi, se solo volessero esercitare il diritto di critica senza pregiudizi politici e culturali... e, invece, hanno smesso di "ragliare" al ritorno del Re Magio.

A me, io ancora mi diletto a giocare al "ciuccio", piace ricordare quanto sia difficile ogni univoca simbolizzazione degli animali, e quindi anche dell'asino, al di fuori del suo contesto storico di riferimento. E' vero che la fama dell'asino, alla fine del mondo antico, non fu solo ed esclusivamente negativa: l'episodio biblico dell'asina di Balaam fece scuola e la giumenta che vide, più del suo padrone, l'angelo del Signore, venne ricordata e raffigurata per tutto il Medioevo.

Inizialmente l'animale cominciò ad essere considerato positivamente in campo medico: le sue caratteristiche erotiche gli varranno la fama di allontanare la sterilità quando "in nocte lucente luna" ci si ponga a cavalcioni; successivamente la sua umiltà "zoologica" venne sublimata, in ambito religioso e monastico in una forma di adesione al credo cristiano: l'ideale dei monaci, fin dal V secolo, sarà spesso quello degli animali erbivori, la cui ruminazione diventa simbolo di vita contemplativa. San Girolamo assume l'immagine dell'asino per indicare la materialità da cui liberarsi nello sforzo ascetico, Ildeberto di le Mans chiama i monaci "asini di San Benedetto", Pietro il venerabile definisce se stesso "piccolo asino".

Si elaborarono anche fantasiose etimologie: Isidoro di Siviglia faceva derivare la parola asino dal verbo sedere, perché Gesù era entrato in Gerusalemme sopra un asino, Adamo Scoto identificava il monaco eremita (anacoreta) con l'onagro (il parente selvatico dell'asino).

Umile, ubbidiente, frugale, l'asino, nel contesto medioevale europeo, vince il suo duello con il cavallo: preferire l'asino, compagno della semplicità e della povertà, al cavallo, simbolo di potere e ricchezza, significa rinunciare allo status di nobile per abbracciare quello clericale e monastico.

E' altrettanto vero però, che è stato sempre considerato normale, oggi come nel Medioevo, parlare male di qualcuno dandogli dell'asino: Dante, nel Convivio (II, cap. VII), scrive: "Chi da la ragione si parte e usa pur la parte sensitiva, non vive uomo ma vive bestia"; la sua stupidità è entrata anche nella storia della filosofia con l'asino di Buridano che, posto tra due balle di fieno di eguale quantità e qualità, e alla stessa distanza, non riesce a scegliere quale mangiare e muore di fame».

Non è quindi errato, stante ai bestiari medioevali, dare dell'asino a qualcuno, soprattutto se presuntuoso; ammetto però che non è educato e dell'espressione molto colorita, da me usata in Consiglio comunale, chiedo scusa a chi, poi, peraltro, ho imparato ad apprezzare. Riccardo Ugolino - 17.08.2011

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